La Corte di Giustizia, decidendo un procedimento in cui ben 8 governi avevano presentato le loro osservazioni, ha affrontato il problema della compatibilità con il diritto comunitario della normativa spagnola che, in particolare:

  1) subordina l’apertura di nuove farmacie al rilascio di un’autorizzazione amministrativa, che può essere accordata solo ai vincitori di un concorso;

  2) limita, in ciascuna zona, il numero delle farmacie in relazione al numero di abitanti;

  3) impone ai farmacisti di rispettare, come regola generale, una distanza minima di 250 metri dalle farmacie già esistenti.
La Corte ha riconosciuto che tale normativa effettivamente ostacola l’esercizio in forma stabile, da parte dei farmacisti degli altri Stati membri, delle loro attività nel territorio spagnolo, e tuttavia ha ritenuto che tale restrizione alla libertà di stabilimento, in linea di principio, sia giustificata dall’interesse generale alla tutela della sanità pubblica, ed in particolare dall’obiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicuri e di qualità.


 

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) 1o giugno 2010

(*tratta dal sito internet della Corte di Giustizia)

«Art. 49 TFUE – Direttiva 2005/36/CE – Libertà di stabilimento – Sanità pubblica – Farmacie – Vicinanza – Approvvigionamento della popolazione in medicinali – Licenze – Ripartizione territoriale delle farmacie – Introduzione di limiti fondati sul criterio della densità demografica – Distanza minima tra le farmacie – Candidati che hanno svolto attività professionale su una parte del territorio nazionale – Priorità – Discriminazione»

Nei procedimenti riuniti C‑570/07 e C‑571/07,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Spagna) con decisioni 26 ottobre e 22 ottobre 2007, pervenute in cancelleria in data 24 dicembre e 27 dicembre 2007, nei procedimenti

José Manuel Blanco Pérez,

María del Pilar Chao Gómez

contro

Consejería de Salud y Servicios Sanitarios (C‑570/07),

Principado de Asturias (C‑571/07),

con l’intervento di:

Federación Empresarial de Farmacéuticos Españoles (C‑570/07),

Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias (C‑570/07),

Celso Fernández Gómez (C‑571/07),

Consejo General de Colegios Oficiales de Farmacéuticos de España,

Plataforma para la Defensa del Modelo Mediterráneo de Farmacias,

Muy Ilustre Colegio Oficial de Farmacéuticos de Valencia,

Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (ANGED),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. K. Lenaerts e E. Levits, presidenti di sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans, A. Rosas, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský (relatore), U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 maggio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Blanco Pérez, la sig.ra Chao Gómez e la Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias, dall’avv. D. Cueva Díaz, abogado;

–        per la Consejería de Salud y Servicios Sanitarios e il Principado de Asturias, dall’avv. R. Paredes Ojanguren, abogado;

–        per la Federación Empresarial de Farmacéuticos Españoles, dall’avv. R. Ariño Sánchez, abogado;

–        per il Consejo General de Colegios Oficiales de Farmacéuticos de España, dagli avv.ti A. García Castillo, C. Ruixo Claramunt, M. Troncoso Ferrer e I. Igartua Arregui, abogados;

–        per la Plataforma para la Defensa del Modelo Mediterráneo de Farmacias e il Muy Ilustre Colegio Oficial de Farmacéuticos de Valencia, dagli avv.ti E. Navarro Varona e E. García Aguado, abogados;

–        per l’Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (ANGED), dall’avv. J. Pérez-Bustamante Köster, abogado;

–        per il governo spagnolo, dal sig. J.M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;

–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;

–        per il governo ellenico, dal sig. K. Georgiadis nonché dalle sig.re S. Alexandridou e V. Karra, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e B. Messmer, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato;

–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer e dal sig. T. Kröll, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e A.P. Antunes, in qualità di agenti;

–        per il governo slovacco, dal sig. J. Čorba, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dai sigg. E. Traversa, R. Vidal Puig e G. Luengo, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 settembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 49 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due distinti procedimenti tra il sig. Blanco Pérez e la sig.ra Chao Gómez, da un lato, e – rispettivamente – la Consejería de Salud y Servicios Sanitarios (Ministero della Salute e dei Servizi sanitari) (causa C‑570/07) e il Principado de Asturias (causa C‑571/07), dall’altro, in merito ad un bando di concorso per l’assegnazione di licenze per l’apertura di nuove farmacie nella Comunità autonoma delle Asturie.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        A termini del ‘considerando’ 26 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22), che sostanzialmente riprende il secondo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore farmaceutico (GU L 253, pag. 34):

«La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attività nel campo della farmacia e all’esercizio di tale attività. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbero continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle società l’esercizio di talune attività di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni».

4        L’art. 1 di detta direttiva enuncia quanto segue:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (…), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (…) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».

5        L’art. 45 della medesima direttiva, rubricato «Esercizio delle attività professionali di farmacista», dispone che:

«1.      Ai fini della presente direttiva le attività di farmacista sono quelle il cui accesso ed esercizio è subordinato, in uno o più Stati membri, a condizioni di qualificazione professionale e che sono aperte ai titolari di uno dei titoli di formazione di cui all’allegato V, punto 5.6.2.

  1. Gli Stati membri fanno sì che i possessori di un titolo di formazione in farmacia, a livello universitario o a livello considerato equivalente, che soddisfi le condizioni dell’articolo 44, siano autorizzati ad accedere e a esercitare almeno le seguenti attività, con l’eventuale riserva di un’esperienza professionale complementare:
  2. a)      preparazione della forma farmaceutica dei medicinali;
  3. b)      fabbricazione e controllo dei medicinali;
  4. c)      controllo dei medicinali in un laboratorio di controllo dei medicinali;
  5. d)      immagazzinamento, conservazione e distribuzione dei medicinali nella fase di commercio all’ingrosso;
  6. e)      preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico;
  7. f)      preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali negli ospedali;
  8. g)      diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali.

(…)

  1. Se, alla data del 16 settembre 1985, in uno Stato membro esisteva un concorso per esami per scegliere, fra i titolari di cui al paragrafo 2, coloro che diverranno i titolari delle nuove farmacie di cui è stata decisa l’apertura nel quadro di un regime nazionale di ripartizione geografica, tale Stato membro può, in deroga al paragrafo 1, mantenere il concorso e sottoporre ad esso i cittadini degli Stati membri in possesso di uno dei titoli di formazione di farmacista di cui all’allegato V, punto 5.6.2 o che beneficiano del disposto dell’articolo 23 [relativo ai diritti acquisiti]».

6        I nn. 2 e 5 dell’art. 45 della direttiva 2005/36 riprendono, in sostanza, i nn. 1-3 dell’art. 1 della direttiva 85/432.

 La normativa nazionale

7        Dall’art. 103, n. 3, del testo unico delle leggi sanitarie 14/1986 (Ley General de Sanidad del 25 aprile 1986, n. 14; BOE n. 102 del 29 aprile 1986, pag. 15207) risulta che le farmacie sono soggette alla pianificazione sanitaria alle condizioni stabilite dalla normativa speciale sui medicinali e sulle farmacie.

8        L’art. 2 della legge del 25 aprile 1997, n. 16, sul riordino dei servizi farmaceutici (Ley de Regulación de los Servicios de las Oficinas de Farmacia; BOE n. 100 del 26 aprile 1997, pag. 13450), prevede quanto segue:

«1.       (…) [A]l fine di organizzare i servizi farmaceutici per la popolazione, le comunità autonome, cui compete assicurare tali servizi, pianificano l’autorizzazione all’apertura di farmacie secondo criteri specifici.

(…)

  1.       La pianificazione delle farmacie tiene conto della densità demografica, delle caratteristiche geografiche e della dispersione della popolazione in modo da assicurare l’accessibilità e la qualità del servizio, nonché una fornitura sufficiente di medicinali, secondo le necessità sanitarie di ciascun territorio.

La ripartizione territoriale degli stabilimenti tiene conto del numero di abitanti per farmacia e della distanza tra le farmacie, che le comunità autonome avranno stabilito conformemente ai criteri generali di cui sopra. Le regole di ripartizione territoriale devono garantire, in ogni caso, un servizio farmaceutico adeguato a tutta la popolazione.

  1.       La popolazione minima ai fini dell’apertura di una farmacia è, di regola, di 2 800 abitanti per stabilimento. In funzione della concentrazione della popolazione le comunità autonome possono fissare moduli di popolazione superiori, con il limite di 4 000 abitanti per farmacia. Solo quando tale soglia è superata, può essere aperta una nuova farmacia e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti.

Fatte salve le disposizioni del paragrafo precedente, le comunità autonome possono fissare moduli di popolazione inferiori per le zone rurali, turistiche, di montagna o per le zone dove, a causa delle loro caratteristiche geografiche, demografiche o sanitarie, non è possibile assicurare il servizio farmaceutico applicando i criteri generali.

  1.       La distanza minima tra le farmacie, tenuto conto dei criteri geografici e di dispersione della popolazione, è, di regola, di 250 metri. In funzione della concentrazione della popolazione le comunità autonome possono autorizzare distanze inferiori; allo stesso modo, le comunità autonome possono limitare l’apertura di farmacie in prossimità di un presidio sanitario».

9        In applicazione delle suddette norme, la Comunità autonoma delle Asturie ha adottato, il 19 luglio 2001, il decreto 72/2001, sull’apertura e sull’esercizio di farmacie e dispensari nel Principato delle Asturie (Decreto 72/2001 regulador de las oficinas de farmacia y botiquines en el Principado de Asturias; BOPA n. 175 del 28 luglio 2001, pag. 10135).

10      A termini dell’art. 1, n. 1, primo comma, di tale decreto:

«Il territorio della Comunità autonoma è suddiviso in zone farmaceutiche che coincidono, di massima, con le zone sanitarie di base quali stabilite nell’ambito della pianificazione sanitaria del Principato delle Asturie».

11      Secondo le indicazioni fornite dalla Consejería de Salud y Servicios Sanitarios e dal Principado de Asturias, la Comunità autonoma delle Asturie è suddivisa in 68 zone sanitarie di base che coincidono, di massima, con le zone farmaceutiche.

12      L’art. 2 di questo stesso decreto dispone quanto segue:

«1.      Per ogni zona farmaceutica il numero delle farmacie è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 2 800 abitanti. Quando tale rapporto è superato, una nuova farmacia può essere aperta in ragione di moduli superiori a 2000 abitanti.

  1.       In tutte le zone base del sistema sanitario e in tutti i distretti può essere istituita almeno una farmacia».

13      L’art. 3 del decreto 72/2001 così recita:

«Ai fini del presente decreto la popolazione è computata sulla base dei dati risultanti dall’ultimo censimento comunale».

14      L’art. 4 di detto decreto dispone:

«1.      La distanza tra le farmacie non può, di norma, essere inferiore a 250 metri, in qualunque zona farmaceutica esse siano ubicate.

  1.       La distanza di 250 metri andrà osservata anche rispetto ai presidi sanitari delle zone farmaceutiche, sia pubblici sia privati convenzionati per l’assistenza extraospedaliera o ospedaliera, dotati di ambulatori o di Pronto soccorso, già in funzione o in costruzione.

Non valgono distanze minime tra i presidi sanitari nelle zone farmaceutiche con un’unica farmacia né nelle località dove esiste attualmente un’unica farmacia e nelle quali, considerate le caratteristiche del luogo, non è da prevedere l’apertura di nuovi stabilimenti.

(…)».

15      La procedura per il rilascio delle licenze di apertura è disciplinata dagli artt. 6-17 del decreto 72/2001.

16      Ai sensi di tali disposizioni, la Comunità autonoma delle Asturie è tenuta ad avviare d’ufficio, almeno una volta all’anno, una procedura di assegnazione di licenze per l’apertura di nuove farmacie, per tener conto dell’evoluzione della densità demografica.

17      Il bando di concorso indica la zona farmaceutica ed eventualmente il comune e la località di stabilimento. Una volta pubblicato il bando, i farmacisti interessati presentano le loro domande e i documenti comprovanti i rispettivi titoli. Successivamente, una commissione composta da personale amministrativo, professionisti e associazioni di categoria si riunisce per valutare i candidati.

18      Ottenuta la licenza, il farmacista aggiudicatario è tenuto ad indicare i locali in cui eserciterà la propria attività. Le autorità competenti verificano se i criteri di pianificazione territoriale imposti dalla normativa siano rispettati.

19      Il decreto 72/2001 reca, poi, in allegato, una tabella dei criteri di selezione, nella procedura summenzionata, di quanti si candidano alla titolarità di una nuova farmacia.

20      Detta tabella tiene conto, in particolare, della formazione dei candidati nonché della loro esperienza professionale e didattica.

21      Il decreto 72/2001 enuncia, inoltre, ai punti 4-7 dell’allegato, quanto segue:

«4.      Non vengono presi in considerazione l’esperienza di farmacista titolare o contitolare di farmacia né altri titoli di merito allorché sono già valsi ad ottenere un’autorizzazione all’installazione.

(…)

  1. Il punteggio per meriti professionali attribuito per l’attività svolta nel territorio del Principato delle Asturie è maggiorato del 20%.
  2. Nel caso in cui, in applicazione della presente tabella, si ottenga parità di punteggio, le autorizzazioni sono rilasciate secondo il seguente ordine di priorità:
  3. a)      i farmacisti che non sono mai stati titolari di farmacia;
  4. b)      i farmacisti che sono stati titolari di farmacie in zone farmaceutiche o in distretti con meno di 2 800 abitanti;
  5. c)       i farmacisti che abbiano svolto attività professionale nel Principato delle Asturie;

(…)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

22      Nel 2002 la Comunità autonoma delle Asturie decideva di avviare, conformemente agli artt. 6-17 del decreto 72/2001, una procedura di assegnazione di licenze per l’apertura di nuove farmacie.

23      Con decisione 14 giugno 2002 la Consejería de Salud y Servicios Sanitarios bandiva una gara per il rilascio di licenze per l’apertura di farmacie nella Comunità autonoma delle Asturie (BOPA n. 145 del 24 giugno 2002, pag. 8145; in prosieguo: la «decisione del 14 giugno 2002»).

24      Il bando di gara prevedeva l’apertura di 24 nuove farmacie in funzione, segnatamente, della densità demografica, della dispersione della popolazione, della distanza tra le farmacie e dei moduli minimi di popolazione.

25      I ricorrenti nei procedimenti principali, farmacisti laureati, intendevano aprire una nuova farmacia nella Comunità autonoma delle Asturie senza, tuttavia, vedersi applicare il sistema di pianificazione territoriale istituito dal decreto 72/2001.

26      Per questo motivo, nell’ambito del primo procedimento principale, essi hanno impugnato la decisione del 14 giugno 2002 e quella del Consejo de Gobierno del Principado de Asturias, datata 10 ottobre 2002, che la confermava.

27      Nel secondo procedimento principale i medesimi ricorrenti hanno adito il Tribunal Superior de Justicia de Asturias impugnando la decisione implicita di rigetto del reclamo proposto contro il decreto 72/2001, segnatamente contro i suoi artt. 2, 4, 6 e 10 e contro la tabella dei criteri di selezione ad esso acclusa.

28      In queste due controversie i ricorrenti hanno contestato la legittimità delle decisioni summenzionate e del decreto 72/2001 perché avrebbero avuto l’effetto di ostacolare l’accesso dei farmacisti alle nuove farmacie nella Comunità autonoma delle Asturie. Detto decreto avrebbe previsto, inoltre, criteri inaccettabili di selezione dei titolari delle nuove farmacie.

29      In tale contesto il giudice del rinvio si domanda se il sistema istituito dal decreto 72/2001 costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento incompatibile con l’art. 49 TFUE.

30      Per questo il Tribunal Superior de Justicia de Asturias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale nella causa C‑570/07:

«Se l’art. [49 TFUE] osti a quanto stabilito agli artt. 2-4 del [decreto 72/2001] nonché ai punti 4, 6 e 7 dell’allegato a tale decreto».

31      Nella causa C‑571/07 il Tribunal Superior de Justicia de Asturias ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. [49 TFUE] osti alle disposizioni normative della Comunità autonoma (…) delle Asturie in materia di autorizzazione all’apertura di farmacie».

32      Con ordinanza del presidente della Corte del 28 febbraio 2008, i procedimenti C‑570/07 e C‑571/07 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

 Sulla ricevibilità

33      Il Consejo General de Colegios Oficiales de Farmacéuticos de España nonché i governi ellenico, francese, italiano e spagnolo contestano la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale.

34      Il giudice del rinvio anzitutto non preciserebbe la situazione di fatto dei ricorrenti nei procedimenti principali. Non indicherebbe, poi, con chiarezza le disposizioni nazionali pertinenti né esporrebbe in maniera adeguata i motivi che lo hanno indotto a interrogarsi sulla compatibilità di tali disposizioni con l’art. 49 TFUE. Infine, le questioni sollevate sarebbero ipotetiche, giacché le controversie di cui trattasi vedrebbero coinvolti solo cittadini spagnoli. In assenza di elementi transfrontalieri, le questioni non presenterebbero, così, alcun nesso con il diritto dell’Unione.

35      Ebbene, si deve rammentare che spetta soltanto al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a pronunciarsi (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 38, e 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer, Racc. pag. I‑1721, punto 24).

36      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile, così, soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenze 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I‑11421, punto 25, e 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a., Racc. pag. I‑4233, punto 22).

37      Tenuto conto di questa giurisprudenza, si deve osservare, in primo luogo, che nelle ordinanze di rinvio il giudice nazionale ha motivato la sua decisione di formulare questioni pregiudiziali rilevando che la legittimità della normativa in questione nei due procedimenti principali dipende dall’interpretazione che la Corte offrirà per l’art. 49 TFUE.

38      In secondo luogo, non appare in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non abbia alcun rapporto con l’effettività o con l’oggetto dei procedimenti principali o che la questione sia di tipo ipotetico.

39      Certamente, è pacifico che i ricorrenti principali sono cittadini spagnoli e che tutti gli elementi dei procedimenti a quibus sono limitati al territorio di un unico Stato membro. Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza, anche in tale circostanza la risposta della Corte può risultare utile al giudice del rinvio, in particolare nell’ipotesi in cui il diritto nazionale gli imponga di far beneficiare un cittadino spagnolo degli stessi diritti di cui godrebbe, in base al diritto dell’Unione, un cittadino di uno Stato membro diverso dal Regno di Spagna nella medesima situazione (v., in particolare, sentenze 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 29, e Cipolla e a., cit., punto 30).

40      Inoltre, se una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, che si applica indistintamente ai cittadini spagnoli e ai cittadini degli altri Stati membri, deve, di regola, risultare conforme alle disposizioni relative alle libertà fondamentali garantite dal Trattato solo in quanto si applica a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi fra gli Stati membri, non si può tuttavia escludere che cittadini di Stati membri diversi dal Regno di Spagna siano stati o siano interessati ad aprire una farmacia nella Comunità autonoma delle Asturie (v., in tal senso, sentenza 11 marzo 2010, causa C‑384/08, Attanasio Group, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 23 e 24 nonché la giurisprudenza ivi citata).

41      In terzo luogo, occorre constatare che le decisioni di rinvio descrivono a sufficienza il contesto normativo e di fatto dei procedimenti principali e che le indicazioni fornite dal giudice nazionale permettono di determinare la portata delle questioni sottoposte. Tali decisioni hanno, dunque, offerto agli interessati una possibilità effettiva di presentare osservazioni conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, come testimonia del resto il contenuto delle osservazioni formulate nei presenti procedimenti.

42      Ciò osservato, le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere considerate ricevibili.

 Nel merito

 Osservazioni preliminari

43      In primo luogo, occorre ricordare che, conformemente all’art. 168, n. 7, TFUE, come precisato tanto dalla giurisprudenza della Corte quanto dal ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/36, il diritto dell’Unione non restringe la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme destinate all’organizzazione di servizi sanitari come le farmacie. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali, le quali comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o di mantenere ingiustificate restrizioni all’esercizio di tali libertà nell’ambito delle cure sanitarie (v., in tal senso, sentenze Hartlauer, cit., punto 29; 19 maggio 2009, causa C‑531/06, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35, nonché cause riunite C‑171/07 e C‑172/07, Apothekerkammer des Saarlandes e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 18).

44      Nel valutare il rispetto di tale obbligo è necessario tener conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato e che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2008, causa C‑141/07, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6935, punto 51, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 19).

45      In secondo luogo, occorre rilevare che né la direttiva 2005/36 né alcun altro atto che dia attuazione alle libertà fondamentali enunciano regole di accesso alle attività del settore farmaceutico che intendano porre condizioni per l’apertura di nuove farmacie nel territorio degli Stati membri.

46      È vero che, l’art. 45, n. 5, della direttiva 2005/36 stabilisce che, se, in uno Stato membro, alla data del 16 settembre 1985, era bandito un concorso per esami per selezionare i farmacisti che sarebbero diventati titolari delle nuove farmacie la cui creazione era stata decisa nel contesto di un sistema nazionale di ripartizione geografica, tale Stato membro può mantenere questo concorso e sottoporvi anche i cittadini degli altri Stati membri.

47      Ebbene, è pacifico che a quella data in Spagna esisteva un tale concorso e che è proprio di esso che si tratta nei procedimenti principali. Di conseguenza, detto Stato membro può mantenere tale procedura di concorso e sottoporvi tutti i farmacisti, sempre che le norme che la disciplinano siano conformi al diritto dell’Unione.

48      Ciò non vuol dire, però, che le norme che disciplinano la procedura di cui trattasi siano sottratte alle disposizioni del Trattato per quanto riguarda i requisiti relativi alla ripartizione territoriale delle farmacie, giacché questo elemento rimane estraneo all’ambito di applicazione della direttiva 2005/36.

49      La direttiva in questione, infatti, ha come oggetto, conformemente al suo art. 1, di fissare le regole in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali per permettere ai titolari delle stesse di esercitare una professione regolamentata, come lavoratori autonomi o subordinati. Per contro, essa non contiene regole che disciplinino lo stabilimento delle farmacie o le condizioni di gestione delle stesse né, più specificamente, la loro ripartizione territoriale.

50      Tale constatazione è peraltro corroborata dal ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/36, a termini del quale quest’ultima non coordina tutte le condizioni per accedere alle attività nel campo della farmacia e lascia, in particolare, la ripartizione territoriale delle farmacie alla competenza degli Stati membri.

51      Ciò considerato, le disposizioni del diritto nazionale qui in causa, relative alla ripartizione territoriale, devono essere esaminate alla luce delle disposizioni del Trattato, in particolare alla luce del suo art. 49.

 Sulla prima parte delle questioni pregiudiziali, attinente alle condizioni base relative alla densità demografica e alla distanza minima fra le farmacie

52      Con la prima parte delle questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 TFUE osti a una normativa nazionale, come quella in causa, che pone limiti al rilascio delle licenze per l’apertura di nuove farmacie prevedendo che:

–        in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti;

–        un’ulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia è superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e

–        ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie già esistenti che, per regola generale, è di 250 metri.

Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

53      Secondo una giurisprudenza costante, ogni provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato costituisce una restrizione ai sensi dell’art. 49 TFUE, pure se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenze 14 ottobre 2004, causa C‑299/02, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9761, punto 15, e 21 aprile 2005, causa C‑140/03, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑3177, punto 27).

54      Costituisce una tale restrizione, in particolare, una normativa nazionale che subordini lo stabilimento di un’impresa di un altro Stato membro al rilascio di un’autorizzazione preventiva, poiché essa può ostacolare l’esercizio, da parte di questa impresa, della libertà di stabilimento, impedendole di esercitare liberamente le proprie attività tramite una stabile organizzazione. Infatti, da un lato, detta impresa rischia di sopportare gli oneri amministrativi ed economici aggiuntivi che qualunque rilascio di un’autorizzazione simile comporta. Dall’altro, il sistema di autorizzazione preventiva esclude dall’esercizio di un’attività autonoma gli operatori economici che non rispondano a requisiti predeterminati al cui rispetto è subordinato il rilascio di detta autorizzazione (v., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit., punti 34 e 35).

55      Una normativa nazionale costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento altresì quando subordini l’esercizio di un’attività ad una condizione connessa ai bisogni economici o sociali che tale attività deve soddisfare, in quanto mira a limitare il numero dei prestatori di servizi (v., in tal senso, sentenza Hartlauer, cit., punto 36).

56      Nei procedimenti principali si deve osservare, in primo luogo, che la normativa nazionale subordina l’apertura di una nuova farmacia al rilascio di una previa autorizzazione amministrativa, la quale può peraltro essere accordata solo ai vincitori di concorso.

57      In secondo luogo, tale normativa permette, in ciascuna zona farmaceutica, l’apertura di un’unica farmacia per moduli di popolazione di 2 800 abitanti; un’ulteriore farmacia può essere aperta solo quando tale soglia è superata e comunque per moduli di almeno 2 000 abitanti.

58      In terzo luogo, la detta normativa osta a che i farmacisti possano esercitare un’attività economica indipendente nei locali di loro libera scelta, poiché impone loro di rispettare, come regola generale, una distanza minima di 250 metri dalle farmacie già esistenti.

59      Regole come queste hanno pertanto l’effetto di ostacolare e di scoraggiare l’esercizio in forma stabile, da parte dei farmacisti degli altri Stati membri, delle loro attività nel territorio spagnolo.

60      Di conseguenza, una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 49 TFUE.

Sulla giustificazione della restrizione alla libertà di stabilimento

61      Secondo una giurisprudenza costante, le restrizioni alla libertà di stabilimento, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (v. citate sentenze Hartlauer, punto 44, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 25).

62      Nei procedimenti principali si deve constatare, in primo luogo, che la normativa nazionale controversa è applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza.

63      In secondo luogo, risulta dall’art. 52, n. 1, TFUE che la tutela della sanità pubblica può giustificare restrizioni alle libertà fondamentali garantite dal Trattato come la libertà di stabilimento (v., in particolare, citate sentenze Hartlauer, punto 46, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 27).

64      Più precisamente, restrizioni alla libertà di stabilimento possono essere giustificate dall’obiettivo di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualità (v. citate sentenze Commissione/Italia, punto 52, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 28).

65      L’importanza di tale obiettivo è confermata dagli artt. 168, n. 1, TFUE e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a termini dei quali, in particolare, nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione europea è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

66      Ne consegue che l’obiettivo di assicurare alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualità può giustificare una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali.

67      In terzo luogo, occorre esaminare se tale normativa sia idonea a garantire questo obiettivo.

68      Al riguardo si deve rilevare, per prima cosa, che, tenuto conto del potere discrezionale ricordato al punto 44 della presente sentenza, il fatto che uno Stato membro imponga norme più rigide in materia di tutela della sanità pubblica di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa necessariamente che tali norme siano incompatibili con le disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali (v., in tal senso, sentenza 10 febbraio 2009, causa C‑110/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑519, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

69      Di conseguenza, per la soluzione della presente controversia non è determinante la circostanza che gli Stati membri prevedano normative differenti in tale settore e, più specificamente, che taluni di essi lascino aperto il numero di farmacie che possono essere create nel territorio nazionale, mentre altri contingentino tale numero assoggettandole a norme di pianificazione geografica.

70      Si deve ricordare, per seconda cosa, che, secondo la giurisprudenza della Corte, stabilimenti ed infrastrutture sanitarie possono essere oggetto di una pianificazione. Tale pianificazione può comprendere una previa autorizzazione per l’installazione di nuovi prestatori di cure se questa si riveli indispensabile per colmare eventuali lacune nell’accesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nell’apertura delle strutture, in modo che sia garantita un’assistenza medica adeguata alle necessità della popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate (v., per analogia, sentenze 12 luglio 2001, causa C‑157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I‑5473, punti 76-80; 16 maggio 2006, causa C‑372/04, Watts, Racc. pag. I‑4325, punti 108-110, nonché Hartlauer, cit., punti 51 e 52).

71      Orbene, tale conclusione può essere pienamente trasposta ai prestatori di servizi sanitari di farmacia.

72      Per terza cosa, occorre rilevare che esistono agglomerati che possono apparire a numerosi farmacisti particolarmente redditizi, e per questo più attraenti, come quelli situati nelle zone urbane, ed altre parti del territorio nazionale che invece potrebbero essere considerate meno attraenti, come le zone rurali, geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate.

73      Ciò considerato, non si può escludere che, se non ci fosse alcuna regolamentazione, le farmacie sarebbero concentrate in località reputate attraenti, mentre in alcune località meno attraenti si ritroverebbe un numero di farmacie insufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualità.

74      Per quarta cosa, si deve ricordare che, qualora sussistano incertezze sull’esistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro può adottare misure di protezione senza dover attendere che la realtà di tali rischi sia pienamente dimostrata (v. sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a., cit., punto 30).

75      In un contesto siffatto uno Stato membro può ritenere che sussista un rischio di penuria di farmacie in talune parti del suo territorio e, conseguentemente, un rischio di inadeguato approvvigionamento di medicinali quanto a sicurezza e a qualità.

76      Tenuto conto di questo rischio, uno Stato membro può allora adottare una normativa che preveda l’apertura di non più di una farmacia per un certo numero di abitanti (v. punto 57 della presente sentenza).

77      Ed invero una tale condizione può sortire l’effetto di canalizzare l’insediamento di farmacie verso parti del territorio nazionale dove l’accesso al servizio farmaceutico è lacunoso, poiché, impedendo ai farmacisti di impiantarsi in zone già dotate di un numero sufficiente di farmacie, li invita a stabilirsi in zone nelle quali le farmacie scarseggiano.

78      Detta condizione è quindi idonea a ripartire in maniera equilibrata le farmacie nel territorio nazionale, ad assicurare così a tutta la popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, conseguentemente, ad aumentare la sicurezza e la qualità dell’approvvigionamento della popolazione in medicinali.

79      Occorre inoltre rilevare che da sola la condizione relativa ai moduli di popolazione può non consentire di evitare una concentrazione di farmacie, all’interno di un’area geografica determinata secondo tale condizione, in alcune località attraenti di tale zona. Orbene, una tale concentrazione di farmacie potrebbe comportare una duplicazione delle strutture, mentre altre parti della medesima area potrebbero mancare di farmacie.

80      Ciò considerato, è lecito che uno Stato membro preveda condizioni supplementari che mirino ad impedire tale concentrazione, adottando, per esempio, una condizione come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone distanze minime tra le farmacie.

81      Tale condizione permette, infatti, per sua stessa natura di evitare una simile concentrazione e risulta, così, idonea a ripartire le farmacie in maniera più equilibrata all’interno di una determinata area geografica.

82      La condizione relativa alla distanza minima accresce anche, di conseguenza, la certezza per i pazienti che disporranno di una farmacia nei paraggi e, per ciò stesso, che disporranno di un accesso facile e rapido ad un servizio farmaceutico adeguato.

83      Un tale accesso potrebbe essere ritenuto necessario ove si consideri, da un lato, che la somministrazione di medicinali può rivelarsi urgente e, dall’altro, che tra i clienti delle farmacie vi sono persone a mobilità ridotta, come gli anziani e i malati gravi.

84      Così, la condizione relativa alla distanza minima risulta complementare a quella collegata ai moduli di popolazione e può, pertanto, contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di ripartire in maniera equilibrata le farmacie nel territorio nazionale, di assicurare in tal modo a tutta la popolazione un accesso adeguato al servizio farmaceutico e, di conseguenza, di aumentare la sicurezza e la qualità dell’approvvigionamento della popolazione in medicinali.

85      Occorre rilevare, infine, che il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalle due condizioni summenzionate è rafforzato da taluni criteri che intervengono, a termini del decreto 72/2001, al momento della selezione dei titolari delle nuove farmacie.

86      Infatti, conformemente al punto 7, lett. b), dell’allegato a tale decreto, a parità di punteggio tra i candidati all’assegnazione delle nuove farmacie, le autorizzazioni sono accordate di preferenza, dopo i farmacisti di cui al punto 7, lett. a), a quelli che sono stati titolari di farmacie in zone o in distretti con meno di 2 800 abitanti.

87      Siccome le aree geografiche con meno di 2 800 abitanti sono generalmente considerate dai farmacisti come meno attraenti (v. punto 72 della presente sentenza), detto criterio di assegnazione della licenza tende ad incoraggiare i farmacisti ad installarsi in tali zone con la prospettiva di essere ricompensati in futuro al momento della concessione di nuove licenze per l’apertura di farmacie.

88      Tuttavia, i ricorrenti nei procedimenti principali e la Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias fanno valere che il sistema in discussione non potrebbe essere considerato idoneo a raggiungere l’obiettivo addotto, perché comporterebbe che taluni farmacisti siano privati di qualunque accesso all’attività professionale indipendente, mentre quelli già presenti sul mercato beneficerebbero di profitti sproporzionati.

89      Tale argomento non può essere accolto.

90      Occorre rilevare infatti, innanzitutto, che la libertà di stabilimento degli operatori economici deve essere bilanciata con le esigenze di tutela della sanità pubblica e che la gravità degli obiettivi perseguiti in tale settore può giustificare restrizioni che abbiano conseguenze negative, anche gravi, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenza 17 luglio 1997, causa C‑183/95, Affish, Racc. pag. I‑4315, punti 42 e 43).

91      Risulta, poi, dal fascicolo che le autorità competenti organizzano almeno una volta all’anno una procedura di concorso per il rilascio delle autorizzazioni all’apertura di nuove farmacie in funzione dell’evoluzione demografica. Infatti, con la decisione del 14 giugno 2002, la Comunità autonoma delle Asturie ha bandito un concorso per l’assegnazione di autorizzazioni all’installazione di 24 nuove farmacie nel proprio territorio a partire dall’anno 2002.

92      Infine, secondo il punto 4 dell’allegato al decreto 72/2001, non vengono in considerazione né l’esperienza professionale di farmacista titolare o contitolare di una farmacia né altro titolo di merito quando siano già serviti per ottenere una licenza. Nello stesso senso, il punto 7, lett. a), del medesimo allegato enuncia che, a parità di punteggio secondo i criteri della tabella, le autorizzazioni sono accordate prioritariamente ai farmacisti che non siano già stati titolari di una farmacia.

93      Una normativa nazionale basata su criteri del genere privilegia, nei suoi effetti, i farmacisti che ancora non hanno ottenuto un’autorizzazione all’installazione e mira, pertanto, a garantire a più farmacisti l’accesso all’attività professionale indipendente.

94      Se emerge da quanto precede che una normativa nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali è in linea di principio atta a realizzare l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità, occorre pure che il modo in cui essa persegue il detto obiettivo non sia incoerente. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, le singole disposizioni, come anche la normativa nazionale nel suo insieme, sono atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo fatto valere solo qualora rispondano effettivamente all’intento di realizzarlo in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, citate sentenze Hartlauer, punto 55, e Apothekerkammer des Saarlandes e a., punto 42).

95      Pertanto si deve esaminare se il decreto 72/2001 persegua in maniera coerente e sistematica l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità allorché fissa il numero minimo di abitanti per farmacia, in principio, in 2 800 ovvero 2 000 e la distanza minima tra le farmacie, come regola generale, in 250 metri. Al riguardo occorre tener conto altresì della legge 16/1997, visto che il decreto 72/2001 le dà esecuzione.

96      Sul punto occorre constatare che si presume che le due condizioni previste da detto decreto, applicabili all’intero territorio in questione, garantiscano alla popolazione un approvvigionamento in medicinali sicuro e di qualità sulla base di indicazioni forfetarie che tengono necessariamente conto degli elementi demografici ordinari, considerati come medi. Ne consegue che l’applicazione uniforme delle condizioni così concepite rischia di non assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in zone che presentano talune particolarità demografiche.

97      Può essere il caso, innanzitutto, di talune zone rurali dove la popolazione è generalmente sparpagliata e poco numerosa. Tale particolarità può avere l’effetto che, se la condizione del numero minimo di 2 800 abitanti fosse applicata sempre e comunque, parte della popolazione interessata si troverebbe fuori della ragionevole portata locale di una farmacia e mancherebbe, così, di un accesso adeguato al servizio farmaceutico.

98      Al riguardo si deve rilevare che la normativa nazionale prevede taluni meccanismi di adeguamento che permettono di attenuare le conseguenze dell’applicazione della regola di base dei 2 800 abitanti. Ai sensi, infatti, dell’art. 2, n. 3, secondo comma, della legge 16/1997, le comunità autonome possono stabilire moduli di popolazione inferiori a 2 800 abitanti per farmacia per le zone rurali, turistiche, di montagna o per le zone in cui, a causa delle loro caratteristiche geografiche, demografiche o sanitarie, l’applicazione dei criteri generali non consente di assicurare il servizio farmaceutico, e rendere così una farmacia situata in una tale zona particolare più accessibile al segmento della popolazione che vive nei dintorni.

99      D’altro lato, una stretta applicazione dell’altra condizione posta dal decreto 72/2001, relativa alla distanza minima tra le farmacie, può non essere sufficiente ad assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in talune zone geografiche densamente popolate. In tali zone, infatti, la densità di popolazione attorno ad una farmacia può superare nettamente il numero di abitanti fissato in via forfetaria. In queste specifiche circostanze l’applicazione della condizione della distanza minima di 250 metri tra le farmacie rischierebbe di condurre ad una situazione in cui il perimetro previsto per una sola farmacia includerebbe più di 2 800 abitanti o addirittura più di 4 000 nell’ipotesi di cui all’art. 2, n. 3, della legge 16/1997. Non si può escludere, pertanto, che gli abitanti delle zone con queste caratteristiche possano trovare difficoltà, in conseguenza della rigida applicazione della regola sulla distanza minima, ad accedere ad una farmacia in condizioni che permettano di assicurare un servizio farmaceutico adeguato.

100    Ciò detto, anche in tale ipotesi queste conseguenze possono essere attenuate dalla misura di flessibilità prevista all’art. 2, n. 4, della legge 16/1997, in base al quale la distanza minima tra le farmacie è fissata come «regola generale» in 250 metri, ma le comunità autonome possono autorizzare, in funzione della concentrazione della popolazione, una distanza inferiore e aumentare, così, il numero di farmacie disponibili nelle zone ad altissima densità demografica.

101    Al riguardo si deve rilevare che, al fine di raggiungere in modo coerente e sistematico, in un caso come quello descritto al punto 99 della presente sentenza, l’obiettivo di assicurare un servizio farmaceutico adeguato, le autorità competenti potrebbero perfino essere indotte ad interpretare la regola generale nel senso che è possibile autorizzare l’apertura di una farmacia a distanza inferiore ai 250 metri non solo in casi del tutto eccezionali, ma ogni volta che la rigida applicazione della regola generale dei 250 metri rischi di non garantire un accesso adeguato al servizio farmaceutico in talune zone geografiche densamente popolate.

102    In tali circostanze spetta al giudice nazionale verificare se le autorità competenti facciano uso, nel senso descritto ai punti 98, 100 e 101 della presente sentenza, della facoltà concessa da disposizioni siffatte in ogni zona geografica con particolari caratteristiche demografiche nella quale l’applicazione rigida delle regole di base dei 2 800 abitanti e dei 250 metri rischierebbe di impedire l’apertura di un numero di farmacie sufficiente ad assicurare un servizio farmaceutico adeguato.

103    Alla luce di quanto precede si deve constatare che, salvo quanto considerato ai punti 94-100 della presente sentenza, la normativa controversa è idonea a realizzare lo scopo perseguito.

104    Resta da esaminare, in quarto luogo, se la restrizione alla libertà di stabilimento non ecceda quanto necessario per raggiungere lo scopo invocato, vale a dire se non esistano misure meno restrittive per realizzarlo.

105    Sul punto i ricorrenti nella causa principale, la Plataforma para la Libre Apertura de Farmacias e la Commissione europea fanno valere, in particolare, che sarebbe sufficiente prevedere un numero minimo di farmacie in zone geografiche determinate (in prosieguo: il sistema «de minimis»). In un tale sistema non potrebbe essere autorizzata l’apertura di nessuna nuova farmacia – come nel sistema attuale – nelle zone già dotate di un numero sufficiente di farmacie fino a quando ciascuna delle zone geografiche individuate disponga del numero minimo di farmacie richiesto. Viceversa, l’apertura di nuove farmacie sarebbe libera a partire dal momento in cui ciascuna di queste zone raggiunga tale numero minimo di farmacie.

106    A tale riguardo occorre, tuttavia, osservare che, tenuto conto del potere discrezionale di cui beneficiano gli Stati membri in materia di tutela della sanità pubblica, menzionato al punto 44 della presente sentenza, uno Stato membro può ritenere che il sistema «de minimis» non permetta di raggiungere, con la stessa efficacia di quello attuale, l’obiettivo di assicurare un approvvigionamento in medicinali sicuro e di qualità nelle zone poco attraenti.

107    Anzitutto si deve ricordare che, nel sistema attuale, il fattore che spinge i farmacisti ad installarsi nelle zone sprovviste di farmacie risulta essere quello che non possono installarsi in zone già dotate di un numero sufficiente di farmacie, e ciò in virtù di un criterio demografico oggettivo, vale a dire fino al momento in cui la popolazione di queste zone superi la soglia fissata. Questo sistema non lascia così, in linea di principio, alcun’altra scelta ai farmacisti desiderosi di esercitare un’attività professionale indipendente che quella di installarsi in zone prive di farmacie, dove l’approvvigionamento della popolazione in medicinali è insufficiente e dove l’installazione di farmacie è dunque autorizzata.

108    Occorre, poi, constatare che uno Stato membro, come il Regno di Spagna, può legittimamente decidere un sistema di ripartizione territoriale su scala regionale, ovverosia conferire alle diverse regioni il compito di organizzare la ripartizione delle farmacie tra le aree geografiche dei rispettivi territori.

109    Orbene, per quanto riguarda l’installazione dei farmacisti la situazione può cambiare notevolmente da una regione all’altra.

110    Più precisamente, è possibile che, all’interno di talune regioni, esistano una o più zone geografiche in cui il numero minimo di farmacie prescritto non sia stato ancora raggiunto. Sarà, dunque, solo in queste zone deficitarie che potranno essere aperte nuove farmacie.

111    Al contrario, in altre regioni può succedere che tutte le zone geografiche siano già dotate del numero minimo richiesto di farmacie e che pertanto, nel sistema alternativo «de minimis» descritto al punto 105 della presente sentenza, l’intero loro territorio sia aperto alla libera installazione dei farmacisti, comprese le zone più attraenti. Ebbene, questa situazione potrebbe pregiudicare l’obiettivo nazionale, quale sancito dalla legge 16/1997, di canalizzare i farmacisti verso zone prive di farmacie in qualsiasi regione. Infatti, non si può escludere che i farmacisti interessati preferiscano aggiungersi ai farmacisti già stabiliti nelle regioni sature, e dunque aperte alla libera installazione, anziché prevedere di insediarsi nelle zone prive di farmacie delle regioni non sature.

112    Ciò considerato, non si può ritenere che la normativa in causa ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

113    Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima parte delle questioni sottoposte dichiarando che l’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, che pone limiti al rilascio delle licenze per l’apertura di nuove farmacie prevedendo che:

–        in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti;

–        un’ulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia è superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e

–        ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie già esistenti che, per regola generale, è di 250 metri.

114    L’art. 49 TFUE osta, tuttavia, a una normativa nazionale siffatta se le regole di base di 2800 abitanti o di 250 metri impediscono, nelle zone geografiche con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.

 Sulla seconda parte delle questioni pregiudiziali, attinente ai criteri di selezione dei titolari delle nuove farmacie enunciati ai punti 4, 6 e 7, lett. a)-c), dell’allegato al decreto 72/2001

115    Con la seconda parte delle questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 49 TFUE osti ai criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie enunciati ai punti 4, 6 e 7, lett. a)-c), dell’allegato al decreto 72/2001.

116    Per quanto concerne i criteri previsti ai punti 4 e 7, lett. a) e b), di tale allegato, dalle considerazioni esposte ai punti 86, 87, 92 e 93 della presente sentenza risulta che essi contribuiscono, in conformità con l’art. 49 TFUE, a realizzare l’obiettivo di interesse generale invocato.

117    Ciò considerato, resta da esaminare se l’art. 49 TFUE osti ai criteri previsti ai punti 6 e 7, lett. c), dell’allegato summenzionato, atteso che tale articolo impone, in particolare, che i criteri applicabili nell’ambito di un regime di autorizzazioni amministrative non siano discriminatori (v. sentenza Hartlauer, cit., punto 64).

118    A tale proposito occorre ricordare che il principio della parità di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato (v. sentenze 26 giugno 2001, causa C‑212/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4923, punto 24, e 19 marzo 2002, causa C‑224/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2965, punto 15).

119    Così, a meno che non sia obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito, una disposizione di diritto nazionale dev’essere giudicata indirettamente discriminatoria quando, per sua stessa natura, tende ad incidere più sui cittadini di altri Stati membri che su quelli nazionali e, di conseguenza, rischia di essere sfavorevole in modo particolare ai primi (sentenza 18 luglio 2007, causa C‑212/05, Hartmann, Racc. pag. I‑6303, punto 30).

120    Nel caso di specie, il punto 6 dell’allegato al decreto 72/2001 stabilisce che il punteggio attribuito per meriti professionali è maggiorato del 20% se la professione è stata esercitata nel territorio della Comunità autonoma delle Asturie.

121    Risulta, poi, dal punto 7, lett. c), dello stesso allegato che, a parità di punteggio secondo i criteri fissati nella tabella, le autorizzazioni sono accordate di preferenza, dopo i farmacisti delle categorie descritte al detto punto 7, lett. a) e b), ai farmacisti che hanno esercitato la loro attività professionale nella Comunità autonoma delle Asturie.

122    Tali due criteri privilegiano, dunque, nel procedimento di selezione, i farmacisti che hanno esercitato la loro attività su una parte del territorio nazionale. Orbene, è ovviamente più facile che soddisfino un simile criterio i farmacisti nazionali, i quali esercitano la loro attività economica il più delle volte nel territorio nazionale, che i farmacisti cittadini di altri Stati membri, i quali esercitano tale attività più frequentemente in un altro Stato membro (v., per analogia, sentenza Hartmann, cit., punto 31).

123    La Consejería de Salud y Servicios Sanitarios e il Principado de Asturias sostengono nondimeno che la differenza di trattamento può essere giustificata dalla necessità di mantenere un livello di qualità del servizio farmaceutico, visto che tale livello sarebbe più basso se i farmacisti installati non fossero immediatamente capaci di fornire il servizio farmaceutico. Effettivamente, per essere subito operativi i farmacisti dovrebbero, in particolare, conoscere i programmi sanitari decisi dall’amministrazione regionale nonché il funzionamento delle farmacie in tale regione.

124    Tale argomento non può essere accolto, in quanto l’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva 85/432 e l’art. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva 2005/36 richiedono che i possessori di un titolo di formazione universitaria in farmacia siano autorizzati ad accedere alle attività di preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico nonché alle attività di diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali. Alla luce di ciò, i requisiti menzionati al punto precedente non possono valere a giustificare una disparità di trattamento come quella oggetto dei procedimenti principali.

125    Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla seconda parte delle questioni sottoposte dichiarando che l’art. 49 TFUE, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva 85/432 e con l’art. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva 2005/36, deve essere interpretato nel senso che osta a criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie come quelli enunciati ai punti 6 e 7, lett. c), dell’allegato al decreto 72/2001.

 Sulle spese

126    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, che pone limiti al rilascio delle licenze per l’apertura di nuove farmacie prevedendo che:

–        in ciascuna zona farmaceutica possa essere aperta, in linea di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti;

–        un’ulteriore farmacia possa essere aperta solo quando tale soglia è superata e comunque per moduli superiori a 2 000 abitanti, e

–        ogni farmacia debba rispettare una distanza minima dalle farmacie già esistenti che, per regola generale, è di 250 metri.

L’art. 49 TFUE osta, tuttavia, a una normativa nazionale siffatta se le regole di base di 2 800 abitanti o di 250 metri impediscono, nelle zone geografiche con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.

2)      L’art. 49 TFUE, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore farmaceutico, e con l’art. 45, n. 2, lett. e) e g), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, deve essere interpretato nel senso che osta a criteri di selezione dei titolari di nuove farmacie come quelli enunciati ai punti 6 e 7, lett. c), dell’allegato al decreto 19 luglio 2001, 72/2001, sull’apertura e sull’esercizio di farmacie e dispensari nel Principato delle Asturie (Decreto 72/2001 regulador de las oficinas de farmacia y botiquines en el Principado de Asturias).

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