Il Tribunale di Primo Grado della Comunità Europea ha annullato la decisione della Commissione che aveva dichiarato incompatibile con il mercato comune il progetto di fusione tra i due famosi tour operator britannici. Di particolare interesse anche le precisazioni contenute nella sentenza in merito alla definizione di mercato rilevante.


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

6 giugno 2002 *

«Concorrenza – Regolamento (CEE) n. 4064/89 – Decisione che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune – Ricorso di annullamento – Mercato rilevante – Nozione di posizione dominante collettiva – Prova»

Nella causa T-342/99,

Airtours plc, rappresentata dai sigg. J. Swift, QC, R. Anderson, barrister, e Nicholson, e dalle sig.re J. Holland e A. Gomes da Silva, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Lyal, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 22 settembre 1999, C(1999)3022 def., che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l’accordo SEE (procedimento IV/M.1524-Airtours/First Choice) pubblicata con il numero 2000/276/CE (GU 2000, L 93, pag. 1)

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra P. Lindh, presidente, e dai sigg. R. García-Valdecasas, J.D. Cooke, M. Vilaras e N.J. Forwood, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’11 ottobre 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

Il 29 aprile 1999 la società britannica Airtours plc, che esercita principalmente attività di tour operator e di fornitore di pacchetti vacanza, rendeva pubblica l’intenzione di acquisire l’intero capitale di una società sua concorrente, il tour operator britannico First Choice plc.

Il giorno stesso la Airtours notificava alla Commissione tale progetto di concentrazione ai sensi dell’art. 4 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1, con rettifiche pubblicate in GU 1990, L 257, pag. 13), da ultimo modificato con regolamento (CE) del Consiglio 30 giugno 1997, n. 1310 (GU L 180, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 4064/89»).

Con decisione 3 giugno 1999 la Commissione riteneva che l’operazione di concentrazione ponesse gravi dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune e dava pertanto corso al procedimento di esame approfondito ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. c), del regolamento n. 4064/89.

Il 9 luglio 1999 la Commissione inviava alla ricorrente una comunicazione degli addebiti, ai sensi dell’art. 18 del regolamento n. 4064/89, nella quale essa spiegava le ragioni per le quali essa riteneva, a prima vista, che l’operazione prospettata creasse una posizione dominante collettiva nel mercato britannico dei pacchetti vacanza all’estero con destinazioni a corto raggio. La ricorrente rispondeva a tale comunicazione degli addebiti il 25 luglio 1999.

Il 28 e 29 luglio 1999 si teneva un’udienza dinanzi al consigliere auditore, ai sensi degli artt. 14, 15 e 16 del regolamento (CE) della Commissione 1° marzo 1998, n. 447, relativo alle notificazioni, ai termini e alle audizioni di cui al regolamento n. 4064/89 (GU L 61, pag. 1).

Il 7 settembre 1999 la ricorrente presentava una serie di impegni, ai sensi dell’art. 8, n. 2, del regolamento n. 4064/89, per porre rimedio ai problemi di concorrenza individuati.

Il 9 settembre 1999 si riuniva il comitato consultivo in materia di concentrazioni di imprese ed esprimeva il suo parere sull’operazione di concentrazione e sugli impegni proposti dalla ricorrente.

Il 15 settembre 1999 si teneva una riunione in presenza dei rappresentanti della ricorrente e della Commissione, a seguito della quale la ricorrente presentava una proposta con cui formalizzava gli impegni rivisti.

Con decisione 22 settembre 1999 (procedimento IV/M.1524-Airtours/First Choice; decisione C(1999)3022 definitiva, pubblicata con il numero 2000/276/CE (GU 2000, L 93, pag. 1; in prosieguo: la «Decisione»), la Commissione dichiarava l’operazione di concentrazione incompatibile con il mercato comune ed il funzionamento dello Spazio economico europeo, ai sensi dell’art. 8, n. 3, del regolamento n. 4064/89, per la ragione che essa creerebbe una posizione dominante collettiva nel mercato britannico dei pacchetti vacanza all’estero con destinazioni a corto raggio che avrebbe l’effetto di ostacolare la concorrenza in modo significativo nel mercato comune. La Commissione precisava nella Decisione che gli impegni proposti dalla Airtours il 7 settembre 1999 non erano sufficienti a scongiurare la creazione di una posizione dominante collettiva e che gli impegni presentati il 15 settembre 1999 erano stati presi troppo tardi perché se ne potesse tenere conto in tale fase del procedimento.

Procedimento e conclusioni delle parti

Il 2 dicembre 1999 la ricorrente ha presentato il ricorso in esame.

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento ha invitato la ricorrente e la Commissione a produrre svariati documenti e a rispondere per iscritto a una serie di quesiti.

Con lettere della Commissione 27 luglio 2001 e 3 agosto 2001 e con lettera della ricorrente 31 agosto 2001 le parti hanno ottemperato alle misure di organizzazione del procedimento disposte dal Tribunale.

Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza dell’11 ottobre 2001.

La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

– annullare la Decisione;

– condannare la Commissione alle spese.

La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

La ricorrente fa valere quattro motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo è relativo all’esistenza di errori manifesti di valutazione nella definizione del mercato dei prodotti rilevante e a una violazione dell’art. 253 CE. Il secondo motivo è relativo ad una violazione dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89 ed al principio della certezza del diritto in quanto la Commissione avrebbe esaminato il caso in esame applicando una nozione nuova ed errata di posizione dominante collettiva, nonché a una violazione dell’art. 253 CE. Il terzo motivo è relativo ad una violazione dell’art. 2 del regolamento 4064/89 in quanto la Commissione ha constatato che l’operazione di concentrazione notificata creerebbe una posizione dominante collettiva, nonché ad una violazione dell’art. 253 CE. Il quarto motivo è relativo ad una violazione dell’art. 8, n. 2, del regolamento n. 4064/89 e ad una violazione del principio di proporzionalità in quanto la Commissione non ha accettato gli impegni da lei proposti.

Sul primo motivo relativo all’errata definizione del mercato dei prodotti interessati e ad una violazione dell’art. 253 CE

A – Decisione

Per quanto riguarda la definizione del mercato dei prodotti di cui trattasi nell’attività relativa all’organizzazione di pacchetti vacanza all’estero per consumatori britannici, la sola contestata dalla ricorrente, la Decisione distingue due distinti mercati: quello dei pacchetti vacanza con destinazioni a lungo raggio (in prosieguo: le «vacanze a lungo raggio») e quello dei pacchetti vacanza con destinazioni a corto raggio (in prosieguo: le «vacanze a corto raggio»). A taleproposito si precisa nella Decisione che nel settore dei trasporti aerei si considerano destinazioni a lungo raggio quelle raggiungibili con un tempo di volo che supera in misura considerevole le tre ore, con partenza dal Regno Unito, esclusi i voli per le isole del Mediterraneo orientale o per le Canarie, che possono durare fino a circa quattro ore. Perciò tutte le destinazioni di vacanza europee (continentali ed insulari) e nordafricane rientrerebbero nella categoria «corto raggio», a differenza delle destinazioni, ad esempio, nei Caraibi, nelle Americhe o nel Sud-est asiatico, per le quali i tempi di volo sono considerevolmente più lunghi (generalmente il doppio o ancora più; punti 10-13 della Decisione).

La Decisione spiega ai punti 16-28 i motivi che hanno condotto la Commissione a ritenere che le differenze tra le vacanze a lungo raggio e quelle a corto raggio risultino maggiormente significative, in termini di concorrenza, delle loro somiglianze, così da giustificare l’esistenza di mercati distinti ai fini della valutazione della concentrazione notificata. Tali motivi sarebbero i seguenti:

  1. a) da un lato, la sostituibilità limitata tra voli a lungo raggio e voli a corto raggio per le compagnie aeree (e quindi per i tour operator integrati verticalmente), considerati la scarsa possibilità di usare gli stessi aerei per le destinazioni a corto raggio e per quelle a lungo raggio, il costo di gestione degli aerei di grande capacità rispetto a quelli più piccoli, ed alle difficoltà che le compagnie aeree di charter (incluse quelle delle parti) devono sostenere se cercano di «riconfigurare in misura sostanziale la propria flotta e modificare la sua capacità di effettuare voli a lungo e a corto raggio», ossia: la necessità di investire capitali, la necessità di tempo per farlo e la difficoltà di prendere a nolo aerei per periodi brevi nei limiti in cui le compagnie di voli charter (incluse quelle delle parti) sono proprietarie della maggior parte dei loro aerei o li prendono a nolo per periodi relativamente lunghi (un contratto di noleggio di cinque anni sarebbe la norma) così da ridurre i costi, mantenere la qualità e assicurare la continuità della fornitura (punti 16-18 della Decisione);
  2. b) d’altra parte, il fatto che dal punto di vista del consumatore finale, esistono differenze significative tra i pacchetti vacanza all’estero a corto raggio e quelli a lungo raggio:

– in primo luogo in termini di immagine o di idea di vacanza: le vacanze a lungo raggio appaiono più esotiche e sono perciò maggiormente apprezzate dai «single» e dalle coppie senza bambini; le vacanze a corto raggio, come le mete mediterranee, interessano soprattutto le famiglie (punto 20 della Decisione);

– in secondo luogo, per quanto riguarda il periodo dell’anno per andare in ferie: le vacanze a lungo raggio si adattano meno alle esigenze dei consumatori britannici che viaggiano con la famiglia, i quali acquistano la maggior parte dei pacchetti vacanza all’estero durante la stagioneestiva (all’incirca da metà luglio a fine agosto), in coincidenza con le vacanze scolastiche (e, in alcune zone, con la chiusura delle fabbriche; punto 20 della Decisione);

– in terzo luogo, per quanto riguarda la durata del viaggio: anche tempi di volo molto più lunghi possono dissuadere taluni consumatori dal scegliere una vacanza a lungo raggio, anche se sono paragonabili, per altri aspetti, alle vacanze a corto raggio, per esempio sotto l’aspetto climatico, della posizione, del prezzo, dei visti, delle disposizioni sanitarie, ecc. (punto 21 della Decisione);

– in quarto luogo, per quanto riguarda la mancanza di sostituibilità sotto il profilo dei prezzi tra destinazioni a corto raggio e destinazioni a lungo raggio, i prezzi sono notevolmente più alti per le vacanze a lungo raggio e la convergenza tra i prezzi di queste vacanze e quelli di vacanze paragonabili a corto raggio è solo limitata. Se i prezzi dei due tipi di vacanze, in particolare in taluni periodi dell’anno (per esempio quando c’è brutto tempo), possono a volte essere uguali o contigui, tale sovrapposizione molto limitata non basta a vincolare i prezzi in tutto il mercato delle destinazioni a corto raggio, poiché solo una parte molto ristretta di consumatori considera tali vacanze a lungo raggio effettivi sostituti (punti 22-26 della Decisione).

B – Sulla definizione del mercato dei prodotti di cui trattasi

Occorre osservare anzitutto che, per quanto riguarda l’applicazione del regolamento n. 4064/89, prospettata nel caso in esame, l’adeguata definizione del mercato rilevante è una condizione necessaria e previa alla valutazione degli effetti sulla concorrenza della concentrazione di imprese notificata (v., in tal senso, la sentenza della Corte 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione, detta «Kali & Salz» (Racc. pag. I-1375, punto 143).

Il mercato dei prodotti interessati dall’operazione dev’essere definito tenendo conto del complessivo contesto economico, così da poter valutare la reale potenza economica dell’impresa, o delle imprese, in questione, e che era importante a tal fine definire anzitutto i prodotti che, pur non essendo succedanei di altri prodotti, sono sufficientemente intercambiabili con i prodotti che esse propongono, in funzione non soltanto delle loro caratteristiche proprie, ma anche delle condizioni di concorrenza e della struttura della domanda e dell’offerta sul mercato (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. I-5951, punti 10 e 13, e sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 63).

La ricorrente contesta la definizione del mercato dei prodotti di cui trattasi contenuta nella Decisione. Invece di limitare il mercato pertinente a quello dei pacchetti vacanza all’estero a corto raggio, la Commissione avrebbe dovutodefinirlo come quello costituito da tutti i pacchetti vacanza all’estero, ivi compresi i pacchetti vacanza a lungo raggio. La ricorrente censura la Commissione per essersi discostata dalla prassi anteriore riguardante la definizione del mercato dei pacchetti vacanza all’estero e sostiene che essa non ha correttamente valutato la sostituibilità della domanda e la sostituibilità dell’offerta. Tale vizio dell’iter logico comporterebbe che la Decisione sia inficiata da errori manifesti di valutazione da cui deriverebbe un errore di diritto.

Per quanto riguarda la tesi della Commissione secondo la quale non vi è sostituibilità della domanda tra le vacanze a lungo raggio e quelle a corto raggio, la ricorrente sostiene che gli argomenti della Commissione riguardanti, da un lato, le diverse caratteristiche del prodotto e, dall’altro, le differenze dei prezzi medi delle vacanze a lungo raggio e con destinazioni a corto raggio sono errati.

Essa si riferisce, anzitutto, alle caratteristiche del prodotto e contesta le asserzioni della Commissione secondo cui le vacanze a lungo raggio sono più esotiche, sono meno adatte alle famiglie e richiedono tempi di volo più lunghi. Così, le destinazioni a corto raggio quali la Turchia o il Nord Africa sarebbero più «esotiche» delle destinazioni a lungo raggio quali la Florida e la Repubblica dominicana, che sarebbero piuttosto «familiari». Per quanto riguarda la durata del viaggio fino al luogo di soggiorno, essa potrebbe essere altrettanto lunga per le vacanze a corto raggio che per quelle a lungo raggio, in quanto ciò che conta è l’intera durata del viaggio, che comprende il check-in e i trasferimenti, e non i tempi di volo in senso stretto. La ricorrente sostiene infine che la varietà dei tipi di soggiorno proposti dai tour operator al fine di prendere in considerazione i diversi stili di vita (ad esempio, in famiglia o meno) e la diversità delle preferenze (in particolare per quanto riguarda il tipo di sistemazione, di vivande, di attività e di interessi ecc.) esiste sia all’interno del segmento di vacanze a lungo raggio che in quello delle vacanze a corto raggio.

In secondo luogo, per quanto riguarda le differenze nei prezzi delle vacanze, la ricorrente fa valere che non è pertinente rilevare che i prezzi medi delle vacanze a lungo raggio superano quelli delle vacanze a corto raggio allorché, come nel caso in esame, i prodotti sono molto differenziati. La ricorrente fa anche valere l’esistenza di una convergenza dei prezzi tra i due tipi di vacanze in quanto determinati voli a corto raggio si collocano nella stessa forchetta di prezzo di taluni voli a lungo raggio.

Il Tribunale rileva che dal fascicolo risulta che è tenendo conto delle preferenze dei consumatori, della durata media dei voli, dei livelli dei prezzi medi e della limitata interscambiabilità delle flotte aeree usate per ciascun tipo di destinazione che la Commissione ha concluso che le vacanze a corto raggio appartengono ad un mercato distinto da quello al quale appartengono le vacanze a lungo raggio. La Commissione ha così concluso, senza peraltro contestare che i pacchetti vacanza all’estero a lungo raggio sono sempre più apprezzati dai consumatori, e anche senza contestare che gli studi di mercato fatti valere dalla ricorrente nella suarisposta alla comunicazione degli addebiti (v. British National Travel Survey, 1998, volume 4, The 1998 Holiday Market, e Mintel, «Holidays: The booking procedure, 1997») mettono in rilievo una tendenza dei britannici ad ampliare l’orizzonte geografico delle loro vacanze, in particolare verso l’altra sponda atlantica. Essa non ha neanche contestato il fatto che, da un lato, una parte considerevole (36%) di vacanzieri che hanno effettuato vacanze a corto raggio nel corso degli ultimi cinque anni ha anche effettuato vacanze a lungo raggio nel corso di tale periodo, e, dall’altro, che un numero ben più considerevole di vacanzieri (62%) è «molto» o «abbastanza» probabile che lo faccia nel corso dei prossimi cinque anni, come la ricorrente ha accennato nella tabella 2.4 della sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

Si deve perciò esaminare se la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che tali elementi giustificassero una definizione ristretta del mercato del prodotto di cui trattasi, escludendo le vacanze a lungo raggio, che ha ritenuto non essere sufficientemente intercambiabili con le vacanze a corto raggio.

Per quanto riguarda, in primo luogo, la durata media dei voli, la Commissione ha evidenziato, senza essere contestata su tale punto dalla ricorrente, lo scarto sostanziale che esiste tra la durata media dei voli a lungo raggio, che supera le otto ore, e quella dei voli a corto raggio, che è, di solito, inferiore a tre ore (dal Regno Unito i voli per le isole del Mediterraneo orientale o per le Canarie possono durare fino a quattro ore circa). La ricorrente fa valere che quel che in pratica conta, dal punto di vista dei consumatori, non è la durata del volo, ma la durata complessiva del tragitto dalla città di partenza fino all’hotel di arrivo. Tuttavia essa non può usare questo argomento per relativizzare lo scarto incontestabile esistente tra la durata media dei voli, in media tre ore per i voli a corto raggio ed otto ore in media per i voli a lungo raggio, dato che anche la durata del tragitto dall’aeroporto all’hotel può in realtà variare, quale che sia la destinazione.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’importanza da attribuire ai prezzi ai quali sono venduti i due tipi di vacanze e il loro impatto sui consumatori, la Commissione ha ritenuto che le differenze tra il prezzo medio delle vacanze a lungo raggio e quello delle vacanze a corto raggio siano tali da giustificare la definizione di mercati distinti. Si deve rilevare, a tale proposito, che la Commissione ammette che c’è un certo grado di convergenza tra i prezzi dei due tipi di vacanze. Essa sostiene tuttavia che tale convergenza è insufficiente a far si che i due prodotti possano venir considerati come sostituibili o che i prezzi degli uni possano aver un’incidenza sui prezzi degli altri.

La Commissione spiega al punto 23 della Decisione i motivi per i quali essa ha ritenuto che non esista sostituibilità sotto il profilo dei prezzi tra i due tipi di vacanze. Essa ritiene che i prezzi proposti al consumatore siano notevolmente più alti per le vacanze a lungo raggio in base alle informazioni fornite dalla ricorrente all’allegato 1 a) della risposta del 29 giugno 1999 alla richiesta di informazioni della Commissione.

Così, in primo luogo, la Commissione ha accertato che tra il «prezzo di catalogo» medio delle vacanze a lungo raggio per l’estate 1998 e quello delle vacanze a corto raggio una differenza superiore al 100%. Essa ha anche valutato la questione confrontando pacchetti vacanza simili (quattordici notti, tre stelle, pasti esclusi) in Florida ed in Spagna, per accertare che le seconde, in media, costavano circa la metà delle prime. Un confronto analogo tra la Florida e la Grecia o le Canarie avrebbe dato risultati più o meno simili (ossia una differenza dal 30 al 40% circa per la pensione completa). La Decisione fornisce esempi particolareggiati di confronti tra prezzi relativi a talune destinazioni turistiche a corto o lungo raggio proposte nei depliant della Airtours, che mostrano differenze di prezzo notevoli tra i due tipi di destinazioni.

La ricorrente contesta la pertinenza dei prezzi medi quali elementi di confronto della rilevanza del prezzo sulle decisioni dei consumatori relative a prodotti chiaramente differenziati. Essa sostiene che quel che è importante per determinare il mercato del prodotto di cui trattasi è il comportamento dei «clienti marginali» ed il fatto di stabilire se questi ultimi sarebbero disposti a sostituire vacanze a lungo raggio alle vacanze a corto raggio se il prezzo di queste ultime dovesse aumentare. La Commissione ammette che i prezzi medi non necessariamente riflettono i prezzi agli estremi, ma ritiene che quando, come nel caso in esame, le differenze sono talmente considerevoli, è improbabile che esista una gamma tale di vacanze a lungo raggio effettivamente paragonabili, a prezzi sufficientemente simili, che i loro prezzi possano vincolare quelli delle vacanze a corto raggio, in quanto le vacanze a lungo raggio di cui trattasi sarebbero considerate effettivi sostituti solo da una piccola frazione di clienti.

Si deve perciò esaminare se la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione sulla consistenza del margine, ossia sul numero di clienti pronti ad attivarsi, in caso di aumento dei prezzi delle vacanze a corto raggio acquistando vacanze a lungo raggio, rispetto all’insieme dei clienti dei tour operator che abitualmente acquistano vacanze a corto raggio.

A tale proposito si deve, in via preliminare, rilevare che è pacifico per le parti che i consumatori britannici di pacchetti vacanza all’estero sono in genere molto sensibili ai prezzi di tali prodotti.

La tesi della Commissione è esposta al punto 24 della Decisione, laddove essa ammette che «[i] prezzi di alcune vacanze in talune destinazioni a lungo raggio, in particolare in certi periodi dell’anno (ad esempio nei periodi in cui si prevedono condizioni meteorologiche sfavorevoli), corrispondono o si avvicinano ai più elevati della graduatoria prezzo/qualità dei viaggi a corto raggio (alta stagione estiva, migliore sistemazione alberghiera)». Essa ha poi tuttavia valutato che «[n]on si deve tuttavia ritenere che questa sovrapposizione estremamente limitata sia sufficiente a vincolare i prezzi in tutto il mercato a corto raggio poiché, a causa del prezzo o per altre ragioni, solo una parte molto ristretta di consumatori considererebbe tali voli a lungo raggio effettivi sostituti».

A sostegno di tale valutazione la Commissione ha evidenziato al punto 25 della Decisione che nessuna delle vacanze a lungo raggio menzionate dalla ricorrente nella risposta alla comunicazione degli addebiti (tabella 2.6) a sostegno della sua posizione relativa alla convergenza dei prezzi apparteneva alla stessa fascia di prezzo indicata precedentemente dall’impresa.

Risulta infatti dall’esame degli allegati 1 (a) e 2 alla lettera della ricorrente 29 giugno 1999 di risposta alle richieste di informazioni della Commissione del 15 e 21 giugno 1999 (documenti prodotti dalla Commissione nel contesto delle misure di organizzazione del procedimento, v. allegato 6 b/7 b alla prima produzione di documenti della Commissione), che giustamente la Commissione ha sostenuto che le differenze tra i prezzi medi sono significative, soprattutto se confrontate all’interno di una stessa stagione (estate o inverno). L’allegato 1 (a) mostra effettivamente che per le stagioni estive 1996, 1997 e 1998 i prezzi settimanali medi in sterline (GBP) per le vacanze a corto raggio erano, rispettivamente, di GBP 354, 378 e 369, mentre le cifre corrispondenti ai prezzi delle vacanze a lungo raggio erano, rispettivamente, di GBP 676, 757 e 781.

Inoltre l’esame di tali documenti conferma la fondatezza della valutazione della Commissione contenuta al punto 25 della Decisione. Infatti dall’allegato 2 alla lettera della ricorrente 29 giugno 1999 risulta che per le destinazioni a corto raggio la ricorrente aveva segnalato che, ad esempio, una vacanza tipica di una settimana in un hotel tre stelle, a mezza pensione, a Maiorca, a luglio o ad agosto 2000 costava GBP 485. Orbene tali cifre sono notevolmente inferiori alle cifre contenute nella tabella 2.6 di pagina 21 della risposta alla comunicazione degli addebiti di cui si fa cenno al punto 25 della Decisione. Solo i prezzi delle vacanze proposte per il mese di dicembre 1999 con destinazione la Giamaica (GBP 699), il Messico (GBP 649) e lo Sri-Lanka (GBP 699) si avvicinano agli importi medi delle destinazioni a corto raggio validi per il periodo estivo 2000.

Anche i documenti prodotti dalla ricorrente confortano la tesi della Commissione. Infatti, come è scritto al punto 26 della Decisione, risulta dall’annuncio pubblicitario dei pacchetti vacanza a lungo raggio offerte dalla BA Holidays, presentato in occasione dell’audizione dalla ricorrente (v. punto 26 della Decisione, nota a piè di pagina n. 23), che quattro destinazioni sono proposte a prezzi molto competitivi: le Barbados (GBP 399), Tobago (GBP 499), Granada (GBP 529) e Santa Lucia (GBP 799). Tuttavia, come sottolinea la Commissione, solo il pacchetto con destinazione Santa Lucia comprende i pasti, poiché gli altri pacchetti comprendono solo l’alloggio e il volo. Si tratta inoltre di prezzi di bassa stagione, validi per i mesi di settembre ed ottobre 1999.

E’ opportuno aggiungere che, nella sua risposta del 29 giugno 1999 alle domande della Commissione del 15 e 21 giugno 1999, la ricorrente ha fornito come esempio di prodotto tipico da essa proposto vacanze estive a Maiorca in un hotel tre stelle, il cui costo approssimativo è di GBP 485, oltre al supplemento di volo.

La ricorrente ha per giunta ammesso in occasione dell’udienza di pubblicare un catalogo per vacanze a corto raggio distinto da quello che essa pubblica per le vacanze a lungo raggio.

Di conseguenza la tesi della Commissione secondo la quale solo una piccola frazione dei clienti dei principali tour operator britannici ritiene che le vacanze a lungo raggio siano sostituibili in termini di qualità/prezzo («value for money») alle vacanze a corto raggio non si può considerare manifestamente errata.

Tale conclusione non può essere inficiata dagli altri argomenti fatti valere dalla ricorrente.

Quest’ultima fa valere che studi effettuati all’interno del settore interessato considerano le vacanze a lungo raggio come se facessero parte della tendenza maggioritaria. Essa cita, in particolare, la pubblicazione Holidays: The Booking procedure di Mintel, nella quale si osserva quanto segue: «Le vacanze a lungo raggio sono entrate nel mercato delle vacanze principali. Nei limiti in cui esso si fonda sul desiderio di viaggiare più lontano e di vedere il mondo fuori dall’Europa, il fattore prezzo sarebbe necessariamente divenuto un elemento chiave nella scelta del consumatore». La Commissione avrebbe inoltre dovuto prendere in considerazione le testimonianze dei tour operator terzi ottenute nel corso della sua inchiesta, le quali evidenziano parimenti l’importanza crescente della sostituzione delle vacanze a lungo raggio a quelle a corto raggio.

Tuttavia, nelle circostanze del caso in esame, per quanto riguarda la definizione del mercato, il fatto che la Commissione non abbia attribuito un’importanza decisiva né all’evoluzione dei gusti dei consumatori né all’importanza crescente della sostituzione di vacanze a lungo raggio, come la Florida e la Repubblica Dominicana, a vacanze a corto raggio né, infine, alla crescita del mercato delle vacanze a lungo raggio nel corso degli ultimi anni, non basta per concludere che la Commissione ha oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale nel ritenere che i pacchetti vacanza con destinazioni a corto raggio non rientrino nello stesso mercato del prodotto dei pacchetti vacanza con destinazioni a lungo raggio.

In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla sostituibilità sul versante dell’offerta ed all’interscambiabilità degli aerei usati per i voli a corto e a lungo raggio, non si può censurare la Commissione per aver ritenuto che la constatazione – secondo cui taluni aerei polivalenti, come il Boeing 757, possono essere usati entro certi limiti contemporaneamente per destinazioni a lungo raggio e per destinazioni a corto raggio – non sia abbastanza determinante, alla luce degli altri elementi accertati riguardanti la sostituibilità del prodotto dal punto di vista della domanda, per condurla ad accogliere una definizione più ampia del mercato. A tale riguardo ci si deve riferire, come la ricorrente stessa ha fatto, al punto 13 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5), ai sensi del quale:

«Dal punto di vista economico, e nella prospettiva della definizione del mercato rilevante, la sostituibilità sul versante della domanda costituisce il vincolo più immediato ed efficace che condiziona i fornitori di un determinato prodotto, specie in ordine alle loro decisioni in materia di prezzo».

La ricorrente non può infine far valere un vizio di motivazione per quanto riguarda la definizione del mercato di cui trattasi.

La Commissione ha dedicato una parte rilevante della Decisione (punti 5-28) alla spiegazione dei motivi per i quali essa ha ritenuto che il mercato di cui trattasi si limiti a quello delle vacanze a corto raggio. La Decisione fa così emergere, in modo chiaro e inequivoco, l’iter logico della Commissione per quanto riguarda la definizione del mercato di cui trattasi, così da consentire al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo ed agli interessati di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato per tutelare i propri diritti (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 15).

Ne consegue che il primo motivo dev’essere respinto perché infondato.

Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89, ad una violazione del principio della certezza del diritto e ad una violazione dell’art. 253 CE in quanto la Commissione avrebbe esaminato il caso in esame facendo riferimento ad una nozione di posizione dominante collettiva errata

La ricorrente censura la Commissione per aver applicato, ai fini della Decisione, una nozione di «posizione dominante collettiva» nuova ed errata, esposta integralmente ai punti 51-56 della Decisione, allontanandosi dalla sua prassi decisionale precedente, dalla giurisprudenza comunitaria e dai principi economici di buon senso, violando anche l’art. 2 del regolamento n. 4064/89. Così operando la Commissione avrebbe inoltre violato il principio della certezza del diritto e l’art. 253 CE in quanto la Decisione sarebbe viziata da una carenza di motivazione.

La Commissione nega di aver avuto un approccio nuovo e sostiene di aver applicato il criterio della posizione dominante collettiva che essa aveva già usato nei casi precedenti e che è stato approvato dal Tribunale nella sua sentenza 25 marzo 1999, causa T-102/96, Gencor/Commissione (Racc. pag. II-753).

Si deve evidenziare che i succitati punti della Decisione (51-56) sono contenuti nella Parte V A della Decisione, nella quale la Commissione illustra, unicamente a titolo introduttivo ed in modo sintetico, i motivi per i quali essa ha concluso che l’operazione di concentrazione notificata avrebbe comportato la creazione di una posizione dominante e nella quale essa fornisce una risposta generale alle osservazioni sollevate dalla ricorrente in sede di procedimento amministrativo su taluni elementi caratteristici di una situazione di posizione dominante collettiva.

In tale capitolo introduttivo dell’analisi giuridica della concertazione notificata la Commissione tratteggia le grandi linee delle sue valutazioni sugli effetti dell’operazione, le quali sono successivamente illustrate e sviluppate nei particolari ai punti 57-180 della Decisione.

Costituendo la Decisione un atto di applicazione dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89 ad un’operazione di concentrazione determinata, il Tribunale, nel controllo di legittimità di una tale Decisione, deve limitarsi alla presa di posizione della Commissione rispetto all’operazione notificata, ossia deve esaminare il modo in cui è stato applicato il diritto ai fatti, e pronunciarsi sulla fondatezza delle valutazioni della Commissione riguardanti gli effetti della concentrazione notificata sulla concorrenza. Nel caso in esame le valutazioni particolari riguardanti l’impatto dell’operazione sulla concorrenza che hanno condotto la Commissione a ritenere che la concentrazione andasse vietata sono illustrate e sviluppate ai punti 57-180 della Decisione e sono contestate dalla ricorrente nell’ambito del suo terzo motivo.

Si deve perciò anzitutto esaminare la fondatezza degli argomenti sollevati dalla ricorrente nell’ambito del terzo motivo e, così facendo, tener conto dei suoi argomenti riguardanti le valutazioni generali della Commissione contenute ai punti 51-56 della Decisione.

Sul terzo motivo, relativo, da un lato, ad una violazione dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89 in quanto la Commissione ha constatato che l’operazione di concentrazione notificata creerebbe una posizione dominante collettiva e, dall’altro, ad una violazione dell’art. 253 CE

Con tale motivo la ricorrente intende dimostrare che la Commissione ha commesso un errore di valutazione decidendo che l’operazione prospettata dovesse essere vietata. Essa sostiene che la Decisione non dimostra adeguatamente che il risultato dell’operazione sarebbe la creazione di una posizione dominante collettiva suscettibile di ostacolare la concorrenza in modo significativo nel mercato di cui trattasi. Vietando l’operazione la Commissione avrebbe così violato l’art. 2 del regolamento n. 4064/89.

A – Considerazioni generali

A termini dell’art. 2, n. 2, del regolamento n. 4064/89, le operazioni di concentrazione che non creano o non rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate compatibili con il mercato comune.

Ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento, le operazioni di concentrazione che creano o rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate incompatibili con il mercato comune.

Quando nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 4064/89 la Commissione esamina un’eventuale posizione dominante collettiva, essa deve determinare se la creazione o il rafforzamento di una tale posizione, atta ad ostacolare in modo significativo e duraturo la concorrenza effettiva esistente nel mercato, sarebbe la conseguenza diretta ed immediata della concentrazione (v., in tal senso, sentenza Gencor/Commissione, citata, punto 94). In mancanza di una modifica sostanziale della concorrenza presente, l’operazione dovrebbe essere autorizzata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 19 maggio 1994, causa T-2/93, Air France/Commissione, Racc. pag. II-323, punti 78 e 79, e Gencor/Commissione, citata, punti 170, 180 e 193).

Dalla giurisprudenza risulta che «[n]ei confronti di una prospettata posizione dominante collettiva, la Commissione è (…) tenuta a valutare se, in prospettiva, l’operazione di concentrazione sottoposta al suo vaglio dia origine a una situazione nella quale una concorrenza effettiva nel mercato rilevante venga ostacolata in modo significativo da parte delle imprese partecipanti alla concentrazione e da una o più imprese terze che insieme hanno, in particolare a causa dei fattori di correlazione tra esse esistenti, il potere di adottare sul mercato una medesima linea d’azione e di agire in gran parte indipendentemente dagli altri concorrenti, dalla loro clientela e, infine, dai consumatori» (sentenze Kali & Salz, citata, punto 221 e Gencort/Commissione, citata, punto 163).

Il Tribunale ha giudicato che «sul piano giuridico o economico, non esiste alcuna ragione per escludere dalla nozione di legame economico la relazione di interdipendenza esistente tra i membri di un oligopolio ristretto all’interno del quale questi ultimi, su un mercato di caratteristiche adeguate, in particolare in termini di concentrazione del mercato, di trasparenza e di omogeneità del prodotto, sono in grado di prevedere i loro reciproci comportamenti e sono pertanto fortemente incentivati ad allineare il loro comportamento sul mercato in modo da massimalizzare il loro profitto comune riducendo la produzione al fine di aumentare i prezzi. Infatti, in un siffatto contesto, ciascun operatore sa che un’azione fortemente concorrenziale da parte sua diretta ad accrescere la sua quota di mercato (per esempio, una riduzione di prezzo) provocherebbe un’azione identica da parte degli altri, di modo che egli non trarrebbe alcun vantaggio dalla sua iniziativa. Tutti gli operatori si troverebbero quindi a subire l’abbassamento del livello dei prezzi» (sentenza Gencort/Commissione, citata, punto 276).

Una situazione di posizione dominante collettiva che ostacola in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale dello stesso può quindi verificarsi a seguito di una concentrazione qualora, tenuto conto delle caratteristiche stesse del mercato di cui trattasi e della modifica che apporterebbe alla sua struttura la realizzazione dell’operazione, il risultato di quest’ultima fosse che, prendendo coscienza degli interessi comuni, ciascun membro dell’oligopolio dominante ritenesse possibile, economicamente razionale e quindi preferibile adottare in modo duraturo una stessa linea d’azione nel mercato allo scopo di vendere al di sopra dei prezzi concorrenziali, senza dover procedere allaconclusione di un accordo o ricorrere ad una pratica concertata ai sensi dell’art. 81 CE (v., in tal senso, sentenza Gencor/Commissione, citata, punto 277), e ciò senza che i concorrenti effettivi o potenziali, o anche i clienti ed i consumatori possano effettivamente reagire.

Come ha sostenuto la ricorrente, e come la Commissione ha ammesso nelle sue memorie, perché possa crearsi una situazione di posizione dominante collettiva così definita sono necessarie tre condizioni:

– in primo luogo, ciascun membro dell’oligopolio dominante deve poter conoscere il comportamento degli altri membri, al fine di verificare se essi adottano o meno la stessa linea di azione. Come la Commissione espressamente riconosce, non basta che ciascun membro dell’oligopolio dominante sia cosciente del fatto che tutti possono trarre profitto da un comportamento interdipendente nel mercato, ma deve anche disporre di un mezzo per sapere se gli altri operatori adottano la stessa strategia e se la mantengono. La trasparenza nel mercato dovrebbe perciò essere sufficiente per consentire a ciascun membro dell’oligopolio dominante di conoscere, in modo sufficientemente preciso ed immediato, l’evoluzione del comportamento nel mercato di ciascuno degli altri membri;

– in secondo luogo, è necessario che la situazione di coordinamento tacito possa conservarsi nel tempo, ossia che deve esistere un incentivo a non scostarsi dalla linea di condotta comune nel mercato. Come fa osservare la Commissione, solo se tutti i membri dell’oligopolio dominante tengono un comportamento parallelo essi possono approfittarne. Tale condizione integra quindi la nozione di ritorsioni in caso di comportamento che devia dalla linea di azione comune. Le parti condividono qui l’idea che perché una situazione di posizione dominante collettiva sia sostenibile, bisogna che ci siano fattori di dissuasione sufficienti ad assicurare con continuità un incentivo a non scostarsi dalla linea di condotta comune, il che vale a dire che bisogna che ciascun membro dell’oligopolio dominante sappia che un’azione fortemente concorrenziale da parte sua diretta ad accrescere la sua quota di mercato provocherebbe un’azione identica da parte degli altri, di modo che egli non trarrebbe alcun vantaggio dalla sua iniziativa (v., in tal senso, sentenza Gencor/Commissione, citata, punto 276);

– in terzo luogo, per dimostrare adeguatamente l’esistenza di una posizione dominante collettiva, la Commissione deve parimenti provare che la reazione prevedibile dei concorrenti effettivi e potenziali nonché dei consumatori non rimetterebbe in discussione i risultati attesi dalla comune linea d’azione.

L’analisi prospettica che la Commissione è chiamata a svolgere nell’ambito del controllo delle concentrazioni, per quanto riguarda una posizione dominante collettiva, richiede un attento esame in particolare delle circostanze che, a secondadi ciascun caso, si rivelano pertinenti per valutare gli effetti dell’operazione di concentrazione sul gioco della concorrenza nel mercato rilevante (sentenza Kali & Salz, citata, punto 222). Infatti, come la Commissione stessa ha evidenziato al punto 104 della sua decisione 20 maggio 1998 che dichiara una concentrazione compatibile con il mercato comune e con il funzionamento dell’accordo SEE (Caso IV/M.1016 – Price Waterhouse/Coopers & Lybrand) (GU 1999, L 50 pag. 27), dalla sentenza Kali & Salz risulta anche che, qualora la Commissione ritenga che un’operazione debba essere vietata perché essa determina la creazione di una situazione di posizione dominante collettiva, essa deve fornire elementi di prova particolarmente solidi. Tali prove devono riguardare in particolare gli elementi chiamati a svolgere un ruolo importante nella valutazione di un’eventuale creazione di una posizione dominante collettiva, come la mancanza di un’effettiva concorrenza tra gli operatori asseritamente membri dell’oligopolio dominante e la debolezza della pressione concorrenziale che possa eventualmente essere esercitata dagli altri operatori.

Si deve inoltre rilevare che le norme sostanziali del regolamento n. 4064/89, in particolare l’art. 2, attribuiscono alla Commissione un certo potere discrezionale, in particolare per quanto concerne le valutazioni di ordine economico e che, di conseguenza, il controllo da parte del giudice comunitario sull’esercizio di tale potere, che è essenziale per la determinazione delle norme in materia di concentrazioni, deve essere effettuato tenendo conto del margine discrezionale che è implicito nelle norme di carattere economico facenti parte del regime delle concentrazioni (sentenze Kali & Salz, citata, punti 223 e 224, e Gencor/Commissione, citata, punti 164 e 165).

E’ perciò alla luce di quanto precede che si deve esaminare la fondatezza delle censure fatte valere dalla ricorrente intese a dimostrare che la Commissione ha commesso un errore di valutazione nel ritenere che sussisterebbero le condizioni o gli elementi caratteristici di una posizione dominante collettiva se l’operazione notificata fosse autorizzata.

B – Decisione

La Decisione distingue (v. punti 72 e 75) due tipi di attori nel mercato di cui trattasi: i grandi tour operator, da un lato, e gli operatori secondari, o piccoli operatori, dall’altro.

– I grandi tour operator si caratterizzano per la loro dimensione relativamente grossa, in quanto la loro quota di mercato è superiore al 10% (secondo i dati della Commissione, la Thomson realizza il 27% delle vendite, la Airtours il 21%, la Thomas Cook il 20% e la First Choice l’11%, ossia insieme il 79%; secondo i dati della Airtours, la Thomson realizza il 30,7% delle vendite, la Thomas Cook il 20,4%, la Airtours il 19,4% e la First Choice il 15%, ossia insieme l’85,5%), e per il fatto di essere tutti integrati a monte (gestione di compagnie di voli charter) ed a valle (agenzie di viaggio);

– gli operatori secondari sono di dimensioni inferiori, nessuno detiene una quota di mercato superiore al 5% e in genere non dispongono di proprie compagnie di voli charter né di proprie agenzie di viaggio. All’infuori della Cosmos (che fa eccezione alla mancanza di integrazione verticale degli operatori secondari, in quanto essa è legata alla Monarch, una delle principali compagnie di voli charter del Regno Unito), la Manos e la Kosmar, che sono il quinto, sesto e settimo tour operator e realizzano rispettivamente il 2,9%, l’1,7% e l’1,7% delle vendite, esistono varie centinaia di piccoli operatori concorrenti, nessuno dei quali realizza più dell’1% delle vendite.

Dalla Decisione risulta (v. la sintesi della valutazione della Commissione ai punti 168-172 della Decisione) che la Commissione ha ritenuto che la realizzazione dell’operazione prospettata creerebbe una posizione dominante sul mercato britannico dei pacchetti vacanza all’estero a corto raggio, che avrebbe l’effetto di ostacolare la concorrenza in modo significativo nel mercato comune, ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento n. 4064/89 per i seguenti motivi:

– la realizzazione dell’operazione prospettata eliminerebbe la concorrenza tra i tre grandi operatori restanti a seguito della concentrazione (l’insieme Airtours/First Choice, Thomson e Thomas Cook); essi non sarebbero più incentivati a farsi concorrenza a causa delle caratteristiche strutturali e del modo di funzionamento del mercato, che dipenderebbe dalle decisioni prese in materia di capacità, e a causa dell’elevato livello di concentrazione (l’80% per gli ultimi tre grandi tour operator se l’operazione avesse luogo) (Decisione, punto 169);

– l’operazione rinforzerebbe il grado di trasparenza e di interdipendenza già esistente, di modo che gli ultimi tre grandi tour operator avrebbero tutto l’interesse ad adottare comportamenti paralleli per quanto riguarda la determinazione del numero dei pacchetti vacanza messo sul mercato, riducendo la capacità oltre quanto richiesto dall’evoluzione del mercato (Decisione, punto 170);

– l’esame della concorrenza nel passato rinforzerebbe tale conclusione, nei limiti in cui esso dimostrerebbe che il mercato di cui trattasi presentava già una certa tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva (Decisione, punti 128-138);

– esisterebbero fattori di dissuasione o possibilità di ritorsione legati al fatto che se uno dei tre grandi tour operator restanti decidesse di non ridurre la sua capacità, gli altri due rischierebbero di fare lo stesso, il che causerebbe una situazione di «eccesso di offerta» e gravi ripercussioni finanziarie per ciascuno di tali operatori (Decisione, punto 170);

– i piccoli operatori o i nuovi che fanno il loro ingresso nel mercato, ossia i concorrenti effettivi e potenziali, sarebbero ancor più marginalizzati dallarealizzazione dell’operazione, dato che perderebbero la First Choice come fornitore di posti volo e come potenziale canale di distribuzione; ad ogni buon conto tali operatori non disporrebbero della possibilità di compensare eventuali restrizioni della capacità attuate dai tre ultimi grandi tour operator (Decisione, punto 171).

Per quanto riguarda gli effetti dell’operazione sulla concorrenza effettiva, la Commissione ha valutato che il fatto di ridurre la capacità complessiva immessa nel mercato avrebbe l’effetto di chiudere lo stesso e di determinare un aumento dei prezzi e dei profitti dei membri dell’oligopolio dominante (v., in particolare, punti 56 e 168 in fondo della Decisione).

C – Sugli asseriti errori di valutazione commessi dalla Commissione

La ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, gli elementi considerati dalla stessa in decisione per connotare la situazione di posizione dominante collettiva non esistevano al momento della notifica e non si verificherebbero in caso di realizzazione dell’operazione.

Più precisamente, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che la Commissione non fornisce una dimostrazione giuridica sufficiente del fatto che, considerate le caratteristiche del mercato di cui trattasi, la realizzazione dell’operazione incentiverebbe gli ultimi tre grandi operatori a non farsi più concorrenza.

In secondo luogo essa fa valere che anche supponendo che possa esistere tale incentivo, la mancanza di fattori di dissuasione o di adeguate possibilità di ritorsione impedirebbe la creazione dell’asserito oligopolio dominante.

In terzo luogo, e ad ogni buon conto, i piccoli operatori e quelli che fanno il loro ingresso nel mercato, ossia i concorrenti effettivi e potenziali, contesterebbero le eventuali restrizioni di capacità attuate ed i consumatori reagirebbero di conseguenza, in modo che gli ultimi tre grandi tour operator non avrebbero, per effetto della concentrazione, il potere di agire insieme in misura rilevante a prescindere dagli altri concorrenti e dai consumatori.

La ricorrente sostiene infine che la Commissione ha commesso un errore di valutazione nel modo di valutare l’impatto dell’operazione sulla concorrenza all’interno del mercato di cui trattasi.

  1. Osservazioni preliminari

La ricorrente fa valere, in via preliminare, che la tendenza naturale degli operatori del mercato di cui trattasi di determinare prudentemente la loro capacità non ha assolutamente impedito loro di farsi concorrenza nel passato e che non vi sono motivi per ritenere che la realizzazione dell’operazione prospettata comporterebbela scomparsa di tale concorrenza a causa della creazione di una posizione dominante collettiva degli ultimi tre grandi operatori.

La Decisione è particolarmente ellittica per quanto riguarda la qualificazione della situazione concorrenziale esistente al momento della notifica. E’ tuttavia pacifico che la Commissione ha concluso che la realizzazione dell’operazione prospettata creerebbe, e non che essa rinforzerebbe, una posizione dominante nel mercato (Decisione, punto 194). La Commissione ha confermato nelle sue memorie che essa non asserisce che al momento della notifica esistesse una situazione di oligopolio dominante e che si tratta proprio di una creazione, e non di un rafforzamento, di una posizione dominante collettiva. Essa perciò non contesta che i principali tour operator non abbiano giudicato possibile e non abbiano considerato redditizio limitare la loro capacità prima della realizzazione dell’operazione prospettata, al fine di aumentare i propri prezzi e profitti.

Ne risulta che l’esame del Tribunale deve, nel caso in esame, prendere come punto di partenza una situazione in cui, secondo la Commissione stessa, i quattro grandi operatori non hanno il potere di adottare una stessa linea d’azione nel mercato e non vi si affacciano perciò come un’unica entità nei confronti dei loro concorrenti, dei loro partner commerciali e dei consumatori, e nel quale essi non fruiscono quindi dei poteri che sono propri di una posizione dominante collettiva.

Stando così le cose, spettava alla Commissione provare che, considerate le caratteristiche del mercato dell’organizzazione dei pacchetti vacanza a corto raggio per i britannici e tenuto conto dell’operazione notificata, la sua autorizzazione avrebbe comportato la creazione di una posizione dominante collettiva restrittiva della concorrenza, dato che la Airtours/First Choice, la Thomson e la Thomas Cook avrebbero il potere, che prima non avevano, di adottare una stessa linea d’azione nel mercato fissando la loro capacità al di qua del limite che sarebbe normale in un mercato concorrenziale, che già si caratterizza per una certa prudenza in materia di capacità.

E’ perciò alla luce delle considerazioni che precedono che si devono esaminare le censure e gli argomenti sollevati dalla ricorrente nel caso in esame.

  1. Sulla conclusione secondo cui la realizzazione dell’operazione di concentrazione incentiverebbe gli ultimi tre grandi operatori a non farsi più concorrenza

La ricorrente fa valere che la conclusione secondo la quale la realizzazione dell’operazione di concentrazione incentiverebbe gli ultimi tre grandi operatori a non farsi più concorrenza è erronea, poiché la Commissione, da un lato, non ha tenuto conto, come doveva, della concorrenza esistente tra i principali operatori al momento della notifica e, dall’altro, ha commesso errori nel valutare le caratteristiche del mercato considerate come indizi per stabilire che vi sarebbe stata creata una posizione dominante collettiva, ossia, in particolare, l’evoluzione passatae prevedibile della domanda, la sua volatilità ed il grado di trasparenza esistente nel mercato.

  1. a) sulla valutazione della concorrenza esistente tra i principali operatori

La ricorrente fa valere che l’esame della concorrenza esistente prima della notifica (detta «concorrenza passata») svolge un ruolo fondamentale nel caso in esame, in quanto i principali incentivi fatti valere dalla Commissione, ossia l’esistenza di asserite rigidità in materia di capacità, sono propri del funzionamento normale del mercato, riguardano l’insieme della professione e non sono influenzati dalla realizzazione dell’operazione prospettata. Essa sostiene che il mercato di cui trattasi ha funzionato, nel corso degli ultimi anni, in modo concorrenziale e contesta l’affermazione della Commissione secondo la quale esso presenterebbe già una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva. Essa critica in particolare il modo in cui la Commissione ha preso in considerazione l’asserita esistenza di una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva prima ancora che fossero esaminate la realizzazione dell’operazione prospettata e la volatilità delle quote storiche di mercato.

La Commissione fa valere che il modo in cui il mercato funzionava antecedentemente e l’esistenza di una concorrenza nel passato non sono elementi importanti, in quanto la Decisione si fonda sulla constatazione che l’operazione prospettata creerebbe una posizione dominante collettiva, ossia modificherebbe le condizioni del mercato in modo tale che gli incentivi ed i comportamenti esaminati nel passato non costituirebbero più punti di riferimento pertinenti per determinare la reazione degli operatori nella nuova situazione del mercato. Essa fa perciò valere che la questione essenziale è di stabilire se l’operazione prospettata modificherebbe le attuali condizioni del mercato in modo tale che i principali operatori non agirebbero più come in passato. In tal modo, non è perché il mercato era concorrenziale con quattro grandi operatori che esso continuerebbe ad esserlo se ce ne fossero solo tre. Ciononostante la Commissione contesta gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che vi è stata e continua ad esserci una concorrenza spinta tra i principali operatori.

Il Tribunale osserva tuttavia che, per quanto riguarda l’asserita posizione dominante collettiva, una delle questioni che la Commissione deve esaminare è di stabilire se l’operazione di concentrazione di cui è investita comporterebbe un ostacolo significativo all’effettiva concorrenza nel mercato di cui trattasi (sentenze Kali & Salz, citata, punto 221, e Gencor/Commissione, citata, punto 163). In mancanza di una modifica sostanziale nel livello di concorrenza preesistente, l’operazione dovrebbe essere autorizzata, poiché non ha effetti restrittivi della concorrenza (v. punto [58] qui sopra). Ne consegue che il grado di concorrenza esistente nel mercato di cui trattasi al momento della notifica dell’operazione è una circostanza determinante per caratterizzare l’eventuale creazione di una situazione di posizione dominante collettiva nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 4064/89.

Come ha sostenuto la ricorrente, l’analisi, nel caso in esame, della concorrenza esistente prima della notifica è tanto più importante in quanto l’oggetto del coordinamento tacito che dovrebbe intervenire a seguito della concentrazione, a parere della Commissione, sarebbe una restrizione della capacità immessa nel mercato dai tre operatori integrati restanti che va oltre la naturale prudenza nella programmazione della loro capacità, che essa stessa considera come propria al normale funzionamento del mercato.

  1. i) Sull’asserita esistenza di una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva prima della realizzazione dell’operazione prospettata

Si deve rilevare, anzitutto, che se la Commissione ha dedicato una parte della Decisione all’esame della «concorrenza in passato» (punti 128-138), l’attento esame dei punti di tale parte mostra che, in realtà, la Commissione non si pronuncia in essi sull’ampiezza della concorrenza esistente in tale mercato. Essa si limita ad illustrare (punti 128-138) una serie di circostanze o di elementi intervenuti in tale mercato nel corso degli anni che precedono la notifica, per concludere (Decisione, punto 138) che «vi sono riscontri oggettivi del fatto che esiste già ora una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva sul mercato in causa (specialmente per quanto riguarda la definizione della capacità)». Nessun accenno è però fatto in tali passaggi della Decisione ad un eventuale livello ridotto di concorrenza nel mercato prima della notifica.

– Sul fatto che i grandi operatori adottano un approccio cauto in materia di programmazione della capacità e tengono in particolare considerazione le stime dei principali concorrenti

Ai punti 135 e 136 della Decisione la Commissione spiega che i grandi operatori adottano un approccio cauto in materia di programmazione della capacità e tengono in particolare considerazione le stime dei principali concorrenti (la Decisione riporta, al punto 136, taluni propositi tenuti dai dirigenti dei grandi operatori britannici integrati che sarebbero dimostrativi di tale cautela in materia di programmazione). Al punto che precede (135), la Decisione riferisce un episodio, verificatosi nel corso dell’estate 1995, che, a parere della Commissione, illustra le conseguenze di un eccesso di offerta nel mercato: durante il periodo di programmazione 1994, i tour operator hanno sovrastimato la domanda per la stagione estiva 1995 e si sono ritrovati con una capacità invenduta che hanno dovuto liquidare praticando sconti notevoli, il che ha causato loro perdite considerevoli.

La ricorrente sostiene che i grandi operatori non possono essere censurati per il fatto di adottare un approccio cauto nel programmare la capacità, ponendo particolare attenzione nelle stime dei programmi degli altri principali operatori, poiché il giudice comunitario ha riconosciuto che l’esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti (sentenza della Corte 16 dicembre1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 173 e 174). Essa ritiene che tale cautela non sia incompatibile con una grande aggressività concorrenziale per conservare o aumentare le proprie quote di mercato a scapito dei suoi principali concorrenti. A tale proposito la ricorrente cita le dichiarazioni dei principali operatori che descrivono le loro ambizioni di crescita.

La Commissione fa valere che le intenzioni attribuite ai principali operatori dalla ricorrente riflettono la situazione precedente l’operazione prospettata e fanno perciò riferimento a circostanze diverse. Essa non sostiene che esistesse in precedenza una situazione di posizione dominante oligopolistica. Inoltre la «crescita aggressiva» cui talune dichiarazioni si riferirebbero sarebbe stata realizzata, in passato, e dovrebbe realizzarsi in futuro, tramite le acquisizioni. La Thomas Cook avrebbe infine indicato alla Commissione che la sua principale preoccupazione non erano più le dimensioni, ma la redditività (Decisione, punto 131).

Si deve ricordare che la Decisione riconosce a varie riprese che questa tendenza naturale alla cautela nella programmazione della capacità rappresenta una delle peculiarità del mercato di cui trattasi nel suo attuale stato, in cui non vi è una posizione dominante collettiva restrittiva della concorrenza, e che essa colpisce tutti gli operatori e non solo quelli grandi, anche se questi ultimi sono i più interessati (v. punti 60-66, 97 e 136 della Decisione). Così al punto 97 della Decisione la Commissione afferma che «[i]n particolare la volatilità della domanda fa sì che sia più razionale limitare la capacità programmata, per aumentarla semmai in un secondo tempo se ci si trova in presenza di una domanda particolarmente intensa [e che] [i]n questo modo i fornitori si tutelano contro una volatilità della domanda tendente al ribasso», ed al punto 136 che «[i] grandi operatori adottano un approccio cauto per quanto concerne la programmazione della capacità, prestando particolare attenzione alle previsioni relative alla programmazione degli altri operatori».

Stando così le cose, e dato che la Commissione non ha contestato il carattere concorrenziale del mercato di cui trattasi prima della notifica, in particolare al momento della crisi del 1995, l’episodio verificatosi in quell’anno, al quale la Decisione attribuisce una notevole importanza, non può rappresentare, di per sé, un indizio che in tale settore già esistesse una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva. Il fatto che, durante il periodo di programmazione 1994, gli operatori abbiano sbagliato i calcoli ed abbiano registrato perdite notevoli dopo aver sovrastimato la domanda per la stagione estiva 1995 può essere considerato solo un esempio dei rischi propri di questo mercato, il cui funzionamento molto particolare è spiegato ai punti 59-66 della Decisione.

Se pure è vero che dai propositi citati al punto 136 della Decisione risulta che i dirigenti dei grandi operatori sono coscienti dei rischi inerenti all’adozione di strategie espansioniste nel mercato di cui trattasi, in particolare grazie alle lezioni tratte dall’episodio del 1995 e per il fatto che la chiave della redditività risiedenell’adeguare la capacità alla domanda (v. punto 60 della Decisione), tali propositi non contengono il minimo indizio di mancanza di concorrenza tra i principali operatori.

Infine, contrariamente a quanto sostiene la Commissione (v. punti 137 e 138 della Decisione), il fatto che, in una certa misura (dal 30 al 40% del capitale), si ritrovino in Airtours, First Choice e Thomson gli stessi investitori istituzionali non può essere considerato come un elemento indicativo del fatto che in tale settore già esiste la tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva. E’ sufficiente a tale proposito constatare che, come la stessa Commissione riconosce nel controricorso (punto 73), nella Decisione non si afferma che il gruppo degli azionisti istituzionali rappresenti un insieme omogeneo che consenta di controllare tali società quotate in borsa o che fornisca un meccanismo di scambio di informazioni tra le tre imprese. La Commissione inoltre non può sostenere che tali azionisti rappresentino un elemento aggiuntivo favorevole ad una gestione cauta della capacità, senza aver esaminato in quale misura tali azionisti intervengano nella gestione delle società di cui trattasi. Infine, anche a presumere dimostrata una capacità di influenza sulla gestione delle imprese, poiché le preoccupazioni degli azionisti istituzionali comuni in materia di crescita e, quindi, di capacità, non fanno che tradurre una caratteristica propria del mercato di cui trattasi, la Commissione non sarebbe in grado di dimostrare che la presenza di tali investitori istituzionali nel capitale di tre dei quattro principali operatori costituisce un elemento indicante che già esiste una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva.

Risulta da quanto precede che, per non aver contestato il carattere concorrenziale di tale mercato, la Commissione non poteva considerare la cautela nella programmazione della capacità che, in condizioni normali, caratterizza il mercato, come un indizio della fondatezza della sua tesi secondo la quale in questo settore esisteva già una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva.

– Sulla valutazione delle integrazioni orizzontali e verticali che caratterizzano il mercato dopo la pubblicazione del rapporto della Monopolies and Mergers Commission

La ricorrente fa valere che la Monopolies and Mergers Commission del Regno Unito, una delle autorità della concorrenza del Regno Unito (in prosieguo: la «MMC» ha esaminato la concorrenza esistente nel 1997 nel mercato di cui trattasi ed ha redatto un rapporto intitolato Foreign package holidays: a report on the supply in the UK of tour operators’ services and travel agents’ services in relation to foreign package holidays (in prosieguo: il «rapporto della MMC»). Essa sostiene che la MMC in tale rapporto è giunta alla conclusione che la situazione in tale mercato era sufficientemente concorrenziale.

La Commissione sostiene che la situazione del mercato è notevolmente cambiata dopo la redazione del rapporto della MMC nel 1997, non solo a causa dell’aumento dell’integrazione verticale dei principali operatori, come asserisce laricorrente, ma anche a motivo dell’importante concentrazione orizzontale che si è prodotta.

Ai punti 128-134 della Decisione la Commissione prende in considerazione, come indizio di una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva, le integrazioni orizzontali e verticali che hanno caratterizzato il settore britannico dei pacchetti vacanza all’estero in questi ultimi anni e che hanno accelerato dopo la pubblicazione del rapporto della MMC nel dicembre 1997, in particolare a causa del numero di operatori di medie dimensioni rilevati dai quattro grandi operatori.

Il Tribunale rileva, tuttavia, che un attento esame di tali integrazioni mostra che le acquisizioni di tour operator, di compagnie aeree e di agenzie di viaggio da parte degli operatori principali, richiamate al punto 134 della Decisione, non comportano all’interno del mercato cambiamenti di importanza tale da inficiare, nel 1999, le conclusioni tratte dalla MMC, alla fine del 1997, sulla concorrenza in tale mercato, e che, perciò, tali acquisizioni non potevano essere considerate un indizio dell’esistenza di una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva.

Infatti, anzitutto, si deve constatare che, come ha rilevato la ricorrente, la MMC ha ritenuto nel suo rapporto pubblicato nel 1997 che il settore dei pacchetti vacanza all’estero fosse un settore dinamico, in cui la concorrenza era forte e in cui gli ostacoli all’ingresso nel mercato non erano rilevanti. Essa è giunta a tale conclusione dopo aver proceduto ad effettuare uno studio particolarmente dettagliato (più di 300 pagine) della situazione e del funzionamento del settore dei viaggi, realizzato nel corso di dodici mesi di ricerca in base ad un gran numero di dati e di pareri provenienti da tutte le parti presenti nel settore delle vacanze all’estero vendute nel Regno Unito. Al fine di predisporre il suo rapporto la MMC ha commissionato quattro indagini di mercato presso consulenti esterni ed il rapporto è stato redatto nel novembre 1997, ossia solo un anno e mezzo prima che la Commissione esaminasse tale mercato nell’ambito dell’operazione notificata.

Più precisamente, al punto 1.6 del suo rapporto, la MMC si è espressa nei seguenti termini:

«Il settore viaggi è lungi dall’essere rimasto statico nel corso degli ultimi dieci anni e il quadro continua a modificarsi, con una tendenza ad una integrazione verticale sempre maggiore. Di tutti i principali protagonisti descritti nella nostra indagine del 1986 sui pacchetti vacanza all’estero, solo la Thomson ha conservato una posizione preminente. Abbiamo raccolto un gran numero di prove che la concorrenza in tale settore è forte e concocordiamo in generale con tale tesi. Benché la concentrazione sia aumentata nel corso degli ultimi cinque anni, essa non si colloca ad un livello particolarmente elevato. I profitti considerati su base annua non sono eccessivi. Gli attori compaiono e scompaiono. Non ci sono ostacoli rilevanti all’ingresso nel mercato dei tour operator o nel mercato delle agenzie di viaggio».

La Commissione non ha messo in discussione tale analisi nella Decisione, mentre cita a più riprese le valutazioni fatte dalla MMC in tale rapporto a proposito di altre questioni (punti 9, 11, 47, 70, 76, 81, 114, 115, 123, 128, 129, 131, 133 e 134 della Decisione). Ne consegue che essa non contesta le conclusioni della MMC per quanto riguarda la connotazione di tale mercato, nel 1997, come mercato fortemente concorrenziale.

La Commissione fa tuttavia valere (Decisione, punto 123) che le condizioni della concorrenza in tale mercato non sono mutate in modo rilevante dal 1997, a seguito, in particolare, dell’aumento della concentrazione e della integrazione verticale verificatesi nello stesso, come illustrato al punto 134 della Decisione. A tale proposito la Commissione sostiene che l’eliminazione degli operatori di dimensioni medie rappresenta un cambiamento sostanziale nella struttura della concorrenza ed aumenta le possibilità di un comportamento parallelo dei principali operatori.

Si deve tuttavia osservare che le integrazioni orizzontali e verticali verificatesi nel settore britannico dei pacchetti vacanza all’estero dalla pubblicazione del rapporto della MMC sono meno importanti di quanto asserisce la Commissione.

Infatti, per quanto riguarda l’integrazione orizzontale, risulta dal fascicolo (pagina 33 bis della notifica dell’operazione alla Commissione, all’allegato 5 del ricorso, punto 4.18 del rapporto della MMC 1997 e punto 72 della Decisione) che l’evoluzione, tra il 1996 e il 1999, delle quote di mercato della Thomson, della Airtours e della First Choice, non consente di delineare un notevole rafforzamento delle loro quote nel mercato del corto raggio. Secondo il grafico che descrive l’evoluzione delle quote di mercato degli operatori (allegato 5 al ricorso, pagina 33 bis), verso tutte le destinazioni, le vendite di pacchetti vacanza all’estero della Thomson, che nel 1996 rappresentavano il 25% delle vendite di pacchetti vacanza all’estero, nel 1998 ne rappresentavano solo il 22%, mentre quelle della Airtours nel 1996 e nel 1998 rappresentavano il 16% e quelle della First Choice sono passate dal 10% del 1996 al 9% del 1998. I primi tre operatori attivi nel 1997 rappresentavano quindi il 51% delle vendite di pacchetti vacanza all’estero nel 1996 ed il 47% nel 1998. Tale valutazione è rinforzata dall’analisi dei dati relativi alle sole destinazioni a corto raggio. Risulta infatti dal punto 4.18 del rapporto della MMC che, nel 1997, la MMC aveva parimenti esaminato le quote di mercato degli operatori integrati secondo la definizione stretta del mercato del prodotto presa in considerazione nella Decisione, poiché l’interesse di analizzare il mercato anche in base ad una tale definizione era stato proposto all’epoca dalla Thomas Cook. Orbene, da un’analisi comparativa delle cifre delle quote di mercato nel 1996 (contenute nel punto 4.18 del rapporto della MMC) e nel 1998 (contenute nel considerando 72 della Decisione) risulta che la Thomson è passata dal 33% al 30% o 27%, a seconda della fonte, che la Airtours è passata dal 20% al 19% o 21%, a seconda della fonte, e che la First Choice è passata dal 12% al 15% o all’11%, a seconda della fonte. Solo la Thomas Cook ha conosciuto un notevole aumento delle quote di mercato, passando dal 6% al 20%.

Ne risulta che l’evento sostanziale della concentrazione verificatasi nel settore dei pacchetti vacanza all’estero dopo il 1997 è quello della Thomas Cook, che è passata in alcuni anni dallo status di piccolo operatore a quello di grande tour operator in seguito a svariate operazioni di crescita esterna (acquisizione nel giugno 1996 della Sunword, acquisizioni nel 1998 della Flying Colors, che rappresentava il 3% del settore dei pacchetti vacanza all’estero, e della Carlson/Inspirations, che rappresentava dall’1 al 3% del settore) (rapporto della MMC, tabella 4.1, pag. 76; Decisione, punti 131 e 134). Grazie a tale crescita la Thomas Cook è apparsa, nel 1998, come il quarto grande operatore, integrata verticalmente e, quindi, meglio piazzata per fare concorrenza agli altri operatori integrati. Tale circostanza non può essere interpretata come un fattore che dimostra la mancanza di concorrenza nel mercato.

Fatta eccezione per il caso della Thomas Cook, le acquisizioni di operatori ai quali si riferisce la Decisione al punto 134 riguardano essenzialmente l’acquisto di operatori di piccole dimensioni che non hanno fatto aumentare in modo rilevante la quota di mercato dei principali operatori nel settore dei pacchetti vacanza all’estero. Perciò l’eliminazione degli operatori di medie dimensioni che, a parere della Commissione, ha rappresentato un cambiamento sostanziale nella struttura della concorrenza aumentando le possibilità di un comportamento parallelo dei principali operatori, si riduce al fatto della comparsa di un nuovo operatore, la Thomas Cook, la cui quota di mercato è passata dal 6% al 20%.

Per quanto riguarda il rafforzamento del grado di integrazione verticale dei grandi operatori, che si sarebbe parimenti verificato a partire dal 1997, e che rappresenterebbe anch’esso, a parere della Commissione, un indizio della tendenza del settore alla costituzione di una posizione dominante collettiva (Decisione, punto 138), si deve rilevare che la Decisione è priva di coerenza a tale proposito, dato che si fonda, contemporaneamente, sull’idea che la politica di integrazione verticale è necessaria per far concorrenza ai grandi tour operator. Così, al punto 132 della Decisione, la Commissione osserva che la First Choice, nel 1998, ha adottato una politica di integrazione verticale nella distribuzione allo scopo di difendersi dalle pratiche commerciali degli altri grandi tour operator, di non dover più versare loro commissioni e di ottenere informazioni migliori sulle tendenze del mercato. In realtà tale bisogno di integrazione verticale attuato dagli operatori costituisce uno degli elementi chiave della conclusione della Commissione, la quale ha ritenuto che, nella fattispecie, si verificherebbe una posizione dominante collettiva in particolare per il fatto che la concentrazione eliminerebbe la First Choice come concorrente nei tre livelli che compongono la catena di distribuzione (punto 168 della Decisione).

Ne consegue che la Commissione ammette essa stessa nella Decisione che il rafforzamento del grado di integrazione verticale costituisce un elemento favorevole alla concorrenza, in quanto esso aumenta l’efficienza rispettiva e limita l’interdipendenza dei grandi operatori, i quali privilegiano i propri strumenti di distribuzione a quelli degli altri operatori principali. La constatazione di talefenomeno di integrazione verticale dopo la pubblicazione del rapporto della MMC nel 1997 non può quindi rappresentare contemporaneamente un indizio della tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva. Si deve inoltre rilevare che la MMC ha parimenti analizzato nel suo rapporto la crescente tendenza all’integrazione verticale ed ha stimato che essa costituisca un fenomeno che ha le stesse probabilità di stimolare la concorrenza che di frenarla (v. punto 2.193 del rapporto della MMC). La MMC in particolare ha concluso che nel 1997 gli effetti anticoncorrenziali dell’integrazione verticale erano deboli, tenuto conto del livello di concentrazione del settore.

Ne discende che la Commissione ha ritenuto a torto che le integrazioni orizzontali e verticali intervenute dopo la pubblicazione del rapporto della MMC nel 1997 imponessero di scartare le valutazioni della stessa sul livello di concorrenza che caratterizzava il mercato di cui trattasi.

Risulta da quanto precede che a torto la Commissione ha concluso al punto 138 della Decisione che gli elementi illustrati ai punti 128-137 della stessa «[indicano] che esiste già ora una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva sul mercato in causa (specialmente per quanto riguarda la definizione della capacità)».

  1. ii) Sulla valutazione della volatilità delle quote di mercato storiche

La ricorrente fa poi valere, come prova dell’esistenza di un mercato concorrenziale, il fatto che, in passato, le quote di mercato dei principali operatori sono state volatili, dinamiche e variabili.

Secondo la Commissione nessuna volatilità di questo tipo è stata osservata recentemente nel mercato di cui trattasi. Essa sottolinea che i cambiamenti delle quote di mercato dei grandi operatori ricordati dalla ricorrente risultano dalle acquisizioni da essi effettuate e non sono perciò la conseguenza delle loro prestazioni nel mercato. Orbene, se si prescinde da tali acquisizioni, le quote di mercato dei principali operatori non sarebbero affatto mutate nel corso degli ultimi anni, il che consentirebbe di pensare che la crescita organica è difficile (Decisione, punto 128 e nota a pie di pagina n. 86).

Si deve rilevare che, nel contesto della caratterizzazione di una posizione dominante collettiva, la stabilità delle quote di mercato storiche costituisce un elemento favorevole allo sviluppo di una tacita collusione, in quanto essa facilita la divisione del mercato al posto di una concorrenza accanita, dato che ciascun operatore fa riferimento alla quota di mercato di cui dispone storicamente per fissare la sua produzione in proporzione alla stessa.

Nel caso in esame la constatazione della Commissione secondo cui l’evoluzione delle quote di mercato della Thomson, della Airtours, della Thomas Cook e della First Choice è rimasta stabile nel corso degli ultimi cinque anni si fonda sulpostulato secondo cui la crescita esterna non dev’essere presa in considerazione. La Commissione ritiene che, qualora i mutamenti nella ripartizione delle quote di mercato risultino principalmente dall’acquisizione di concorrenti, i «contingenti» da attribuire possano venir determinati sommando le quote di mercato dell’acquirente e della società acquisita e che, pertanto, il problema degli operatori che cercano di allineare le loro quote di mercato sui massimi raggiunti nel passato non si pone.

Tuttavia l’esclusione della crescita esterna nella determinazione della volatilità delle quote di mercato non è giustificata dalle circostanze del caso in esame, in quanto il mercato di cui trattasi, le dimensioni ed il livello di integrazione verticale delle imprese costituiscono importanti fattori concorrenziali (v., in particolare, punti 73, 75, 77, 78, 99, 100, 114 e 115 della Decisione). Infatti, stando così le cose, le numerose acquisizioni effettuate in passato dai grandi operatori, sia prima che dopo la pubblicazione del rapporto della MMC, possono venir interpretate come il segno di una concorrenza notevole tra tali operatori, che moltiplicano le acquisizioni per evitare di essere distanziati dai loro concorrenti principali su punti essenziali per poter approfittare pienamente delle economie di scala.

Inoltre il postulato di non prendere in considerazione la crescita esterna è contraddetto nel caso in esame da varie osservazioni fatte dalla Commissione stessa nella Decisione, che lasciano intendere, contrariamente a quanto essa sostiene nelle sue comparse, che un’operazione di acquisizione effettuata da uno dei grandi operatori non comporta, agli occhi degli altri tour operator, la somma aritmetica delle quote di mercato dell’acquirente e della società acquisita, ma una reazione concorrenziale da parte loro.

La Decisione rileva così al punto 137 che: «[q]uando, nell’aprile di quest’anno, è stata resa pubblica l’offerta di acquisto lanciata da Airtours su First Choice, l’annuncio di Thomson della sua intenzione di difendere la propria quota di mercato ha immediatamente determinato, il giorno stesso dell’annuncio, una caduta del 9% del corso delle azioni di Thomson per timore che la società si sarebbe lanciata in una guerra dei prezzi e i dirigenti di Thomson sono stati costretti a compiere notevoli sforzi per convincere gli investitori istituzionali che l’annuncio era stato frainteso e che essi non avevano intenzione di immettere ulteriore capacità sul mercato, ma solo di recuperare la capacità che sarebbe stata liberata da Airtours/First Choice a seguito della concentrazione».

Parimenti la Decisione osserva al punto 145 che «è apparentemente opinione diffusa nel settore che tutte le concentrazioni determinino una temporanea perdita di quote di mercato per le parti in causa, in seguito alla defezione di taluni clienti e fornitori per via dell’eliminazione dei doppioni di offerte dai loro programmi». Tali anticipazioni sono confermate dall’esame dei documenti prodotti dalla ricorrente circa l’evoluzione delle quote di mercato storiche (allegato 6 alla replica, pagina 2, v. anche la tabella sull’evoluzione delle quote di mercato dei touroperator, pagina 8 del ricorso). In tal modo, a seguito dell’acquisizione nel 1989 della Horizon da parte della Thomson, la quota di mercato del nuovo gruppo avrebbe dovuto essere del 32% (25% per la Thomson e 7% per la Horizon) mentre essa è rapidamente ridiscesa sul 25% circa.

Orbene, si deve constatare che dall’analisi dei dati desumibili dagli atti risulta che, come la ricorrente ha sostenuto senza essere contestata dalla Commissione, le quote di mercato dei principali operatori per quanto riguarda i pacchetti vacanza all’estero, compresa la crescita esterna, variano notevolmente. La tabella delle quote di mercato dei tour operator presentata dalla ricorrente nel formulario di notifica (ripreso alla pagina 8 del ricorso) consente di constatarlo. Così, nel 1990, la quota di mercato della Thomson era del 21,81%, quella della First Choice del 5,82%, quella della Airtours del 4,27% e quella della Thomas Cook del 2,13%. Nel 1994 la quota di mercato della Thomson era del 23,13%, quella della Airtours del 15,52%, quella della First Choice del 5,88% e quella della Thomas Cook del 2,41%. In seguito, nel 1988, la quota di mercato della Thomson era del 19,28%, quella della Airtours del 14,26%, quella della First Choice del 7,47% e quella della Thomas Cook dell’11,38%.

Ne consegue che la Commissione ha ritenuto a torto che le quote di mercato risultanti dalle acquisizioni non andassero prese in considerazione stimando, di conseguenza, che l’evoluzione delle quote di mercato dei principali operatori fosse rimasta stabile nel corso degli ultimi anni.

Per quanto infine ancora riguarda la concorrenza esistente nel mercato di cui trattasi si deve aggiungere che la ricorrente ha affermato, senza essere contestata dalla Commissione, che le prestazioni dei principali tour operator sono suscettibili di essere diverse nella stessa stagione (con perdenti e vincenti) e possono, inoltre, variare da una stagione all’altra. Tale circostanza dev’essere interpretata come un indizio che il mercato è concorrenziale e depone, di conseguenza, contro l’esistenza di un’eventuale posizione dominante collettiva.

iii) Conclusione sulla valutazione della concorrenza esistente tra i principali tour operator

Da quanto precede risulta che la Commissione ha commesso errori di valutazione nella sua analisi della concorrenza esistente nel mercato di cui trattasi prima della notifica. Da un lato essa non fornisce una sufficiente dimostrazione giuridica della sua valutazione secondo cui in tale settore già esisteva una tendenza alla costituzione di una posizione dominante collettiva e, quindi, alla restrizione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda la fissazione della capacità. D’altra parte essa non ha tenuto conto, come doveva, del fatto che, in passato, le quote di mercato dei principali operatori sono state volatili e che tale volatilità è un indizio dell’esistenza di un mercato concorrenziale.

  1. b) Sulla valutazione dell’evoluzione passata e prevedibile della domanda, della sua volatilità e del livello di trasparenza esistente nel mercato

La Decisione illustra nella parte intitolata «Caratteristiche del mercato (posizione dominante oligopolistica)» (punti 87-127) una serie di caratteristiche che, secondo la Commissione, rendono il mercato di cui trattasi propizio alla comparsa di un oligopolio dominante. Si tratta, in particolare, dell’omogeneità del prodotto, della bassa crescita della domanda, della bassa sensibilità della domanda ai prezzi, della similitudine delle strutture di costo dei principali fornitori, dell’elevata trasparenza, dell’interdipendenza e dei legami commerciali tra i maggiori fornitori, dei consistenti ostacoli all’ingresso di nuovi operatori e del basso potere d’acquisto dei consumatori. Secondo la Decisione (punto 87), tali caratteristiche già esistono e continueranno ad esistere se l’operazione prospettata sarà realizzata.

La ricorrente contesta le valutazioni che hanno portato la Commissione a ritenere che tali caratteristiche già esistessero nel mercato di cui trattasi e che esse lo rendessero propizio alla comparsa di un oligopolio dominante in caso di realizzazione dell’operazione prospettata. Essa fa valere in particolare che il tasso di crescita della domanda ed il suo livello di volatilità nel mercato di cui trattasi nonché il livello di trasparenza esistente nel mercato costituiscono nel caso in esame elementi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, rendono più difficile la creazione di una posizione dominante collettiva.

  1. i) Sulle valutazioni relative alla debole crescita della domanda

La ricorrente fa valere, in sostanza, che la Commissione ha commesso un errore di valutazione ritenendo che la crescita della domanda sia complessivamente debole, mentre i dati comunicati nell’ambito del procedimento amministrativo ed il fatto che la crescita della domanda sia più rapida di quella del prodotto interno lordo dimostrano il contrario.

Ai punti 92 e 93 della Decisione la Commissione presenta le sue valutazioni sul livello di crescita della domanda nel mercato di cui trattasi.

Al punto 92 la Commissione afferma che: «[u]n recente studio condotto per uno dei principali tour operator, al quale è stato fatto riferimento nelle risposte alle richieste di informazioni della Commissione, (…) [ha] osservato che il tasso medio di crescita annuo globale (3-4% nel decennio considerato) era alquanto basso». Vi si dice anche che «[s]ulla base di diverse previsioni relative al settore, per i prossimi due anni ci si attende una crescita della domanda vicina allo zero, anche se con qualche prospettiva di ripresa per il futuro».

In seguito, al punto 93, la Commissione afferma, «sulla base dell’indagine condotta nel caso in questione» di essere giunta alla conclusione che «la crescita complessiva della domanda sul mercato dei pacchetti a corto raggio continuerà ad essere contenuta, come negli anni Novanta». Infine, concludendo, la Commissione «ritieneche la crescita del mercato non sarà probabilmente tale da stimolare la concorrenza nel prossimo futuro».

Il Tribunale constata che le valutazioni della Commissione si fondano tuttavia su una valutazione incompleta ed erronea dei dati che gli sono stati comunicati nell’ambito del procedimento amministrativo.

In primo luogo, si deve rilevare che in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento con la quale il Tribunale le ha chiesto la produzione dello studio cui essa si riferisce al punto 92 della Decisione, la Commissione ha precisato di non aver mai avuto a disposizione l’integralità di tale studio in sede di procedimento amministrativo e di poterne trasmettere al Tribunale solo un estratto, che era stato allegato da un tour operator ad una risposta ad una domanda di informazioni. Tale estratto si compone di un’unica pagina di un documento intitolato «Forecasting Holiday Demand» predisposto da Ogilvy & Mather in data sconosciuta.

Secondo tale estratto «[i] mercato britannico delle vacanze all’estero è aumentato massicciamente nel corso degli ultimi 20 anni. Secondo il British National Travel Survey (BNTS) i britannici hanno effettuato quasi 30 milioni di vacanze all’estero (di più di 4 notti), ossia più del triplo delle cifre del 1978. Nell’ultimo decennio il mercato è aumentato in media del 3,7% annuo». L’estratto precisa parimenti, per quanto riguarda la volatilità della domanda, che «[s]e la crescita di base del mercato è stata costante, il tasso di crescita annuo è lungi dall’essere rimasto costante. Tassi di crescita annui del 10% o più sono stati rapidamente seguiti da notevoli contrazioni»; che «non solo [l]a domanda di vacanze è più volatile del prodotto interno lordo e del livello delle spese a lungo termine dei consumatori, ma inoltre che essa non coincide del tutto con il ciclo economico (per esempio, il mercato è cresciuto di più del 10% durante la recessione del 1980 e 1981)»; o ancora che «la volatilità della domanda fa sì che la previsione di volumi di domanda sia altamente problematica».

Orbene, da una semplice analisi di tale documento risulta che la Commissione ne ha effettuato una lettura erronea. In tal modo, al punto 92 della Decisione, essa dichiara che «[è] stato inoltre osservato [it also noted] che il tasso medio di crescita annuo globale (…) era alquanto basso», mentre nessuna indicazione in tal senso è data nell’estratto comunicato al Tribunale. Al contrario la Commissione ha ignorato l’accento messo dall’autore dell’estratto sull’aumento massiccio delle vendite di vacanze all’estero nel corso degli ultimi 20 anni. Ne consegue che la Commissione ha interpretato tale documento senza rispettarne il tenore letterale e la sua portata finalistica, proprio mentre decideva di prenderlo in considerazione come un documento essenziale nella sua valutazione secondo cui il tasso di crescita di tale mercato è stato contenuto negli anni Novanta e che continuerà ad esserlo (Decisione, punto 93).

In secondo luogo da tali passaggi della Decisione (punti 92 e 93) risulta che la Commissione non ha tenuto conto dei tassi di crescita della domanda nel corsodegli ultimi due anni precedenti la notifica, il 1997 ed il 1998, che pure si sono dimostrati essere importanti punti di riferimento in quanto gli effetti dell’episodio del 1995 erano già stati assorbiti dal mercato. Orbene, dai dati contenuti nel volume 4 del rapporto 1998 del British National Travel Survey (del mese di febbraio 1999), trasmesso come allegato 9 del formulario di notifica della ricorrente, risulta che il settore delle vacanze all’estero ha conosciuto una forte crescita su tutto il decennio e, quindi, anche nel corso degli ultimi anni. Si desume infatti dal contenuto della pagina 113 ( e dalla tabella di pagina 112) che il numero di partenze per le vacanze all’estero è passato da 21 milioni nel 1989 a 29,25 milioni nel 1998 (vale a dire un aumento superiore al 39,2% per l’ultimo decennio). Dopo la crisi del 1995, a motivo della quale il numero di soggiorni all’estero è passato dai 26 milioni del 1995 ai 23,25 milioni del 1996 (vale a dire un decremento di quasi il 10,5%), il numero di soggiorni all’estero è passato da 23,25 milioni a 27,25 milioni nel 1997 (ossia un aumento superiore al 17,2%) e da 27,25 ai 29,25 milioni nel 1998 (ossia un aumento superiore al 7,3%). Per quanto riguarda quest’ultimo anno si dice espressamente che si tratta proprio di una vera crescita e non di uno scarto dovuto alla prassi abituale di arrotondare le cifre qualora i cambiamenti da un anno all’altro siano minimi. La circostanza che tali dati riguardino anche i pacchetti vacanza a lungo raggio non mette in discussione il loro valore probatorio della tendenza ad una crescita sostenuta, in quanto tale tipo di vacanza ha rappresentato negli ultimi anni solo un quinto del totale (v. pag. 116 del rapporto del British National Travel Survey).

La Commissione ha ignorato tali dati nelle sue stime del livello di crescita del mercato di cui trattasi; in compenso essa ha fatto riferimento alla tendenza per i prossimi due anni, evidenziando al punto 92 della Decisione che «[s]ulla base di diverse previsioni relative al settore, per i prossimi due anni ci si attende una crescita della domanda vicina allo zero, anche se con qualche prospettiva di ripresa per il futuro». Interrogata su questo punto in sede di udienza la Commissione ha risposto che tale valutazione si fondava su uno studio econometrico presentato in sede di procedimento amministrativo in risposta ad una domanda di informazioni. Si deve osservare che né gli autori di tale studio econometrico, né la sua natura, né il contesto nel quale esso è stato presentato sono stati citati nella Decisione. Si deve aggiungere infine che tale valutazione di un tasso di crescita prossimo allo zero è contraddetta al successivo punto della Decisione (punto 93) in cui la Commissione stessa «riconosce che il mercato dei pacchetti per vacanze all’estero a corto raggio continuerà probabilmente a registrare una crescita» e che «[è] anche possibile che il mercato cresca ad un ritmo leggermente maggiore rispetto alla crescita del PIL nel suo complesso per via dell’aumento dei periodi di ferie e della ricchezza generale».

Risulta da quanto precede che la Commissione ha dato un’interpretazione scorretta dei dati relativi alla crescita della domanda di cui essa disponeva, ignorando che tale mercato è stato caratterizzato da una netta tendenza ad una considerevole crescita durante tutto l’ultimo decennnio, nonostante la volatilità della domanda da un anno all’altro, e che la domanda è cresciuta ad un ritmo sostenuto in particolarenel corso degli ultimi anni. In un tale contesto di crescita, e non avendo presentato elementi più precisi per dimostrare che la tendenza alla crescita doveva invertirsi negli anni successivi, la Commissione non poteva ritenere che l’evoluzione del mercato fosse caratterizzata da una crescita debole costituente, nella fattispecie, un elemento atto a facilitare la creazione di una posizione dominante collettiva da parte dei tre ultimi grandi tour operator.

  1. ii) Sulle valutazioni circa la volatilità della domanda

La ricorrente sostiene che la volatilità della domanda rende più difficile la dimostrazione dell’esistenza di una posizione dominante collettiva in quanto essa immette «rumore» nel mercato rendendo più difficile la distinzione tra le variazioni della domanda occasionate dalla volatilità del mercato e gli aumenti di capacità provocati dagli scarti rispetto alla comune linea d’azione. Una tale impossibilità di distinguere i due tipi di eventi comporterebbe chiaramente che ogni tentativo di collusione sarebbe instabile.

La Commissione ammette nella Decisione che in tale mercato esiste una certa volatilità della domanda (Decisione, punti 92 e 95). Tuttavia essa fa valere (Decisione, punto 97) che nel caso in esame detta volatilità non osta alla creazione di una posizione dominante collettiva, ma, al contrario, «rende il mercato maggiormente soggetto alla creazione di una simile posizione dominante oligopolistica. Infatti, tale volatilità, unita al fatto che è più facile aumentare la capacità piuttosto che diminuirla, implica che criteri di razionalità inducono i maggiori operatori ad adottare un’impostazione prudente di attesa per quanto riguarda le decisioni in materia di capacità». Essa aggiunge che «[i]n particolare, la volatilità della domanda fa sì che sia più razionale limitare la capacità programmata, per aumentarla semmai in un secondo tempo se ci si trova in presenza di una domanda particolarmente intensa» e che «[i]n questo modo i fornitori si tutelano contro una volatilità della domanda tendente al ribasso».

Ad ogni buon conto ai punti 94-96 della Decisione la Commissione contesta gli argomenti sollevati dalla ricorrente in sede di procedimento amministrativo per quanto riguarda la volatilità della domanda e le sue cause, che sono connesse al prodotto interno lordo, all’evoluzione dei gusti dei clienti ed alla variabilità dei costi (incidenza delle compagnie aeree a basso costo). La Commissione sostiene anche (punto 95) che «tutti i tour operator risentono degli effetti del ciclo economico e devono prendere in considerazione la dinamica delle variabili macroeconomiche ai fini delle loro previsioni». Sarebbe pertanto probabile che tutti i tour operator effettuino la stessa analisi dell’andamento del mercato.

La Commissione riconosce (Decisione, punto 96 e note a pié di pagina nn. 73 e 74) che taluni shock esogeni, come gli attacchi terroristici contro turisti in Egitto o in Turchia creino scompiglio nella programmazione dei tour operator, ma rifiuta tuttavia di prenderli in considerazione come elementi atti a rendere più difficile la comparsa di una posizione dominante collettiva, poiché tali eventi, per loro naturaeccezionali, non sono propri del mercato dei pacchetti vacanza a corto raggio ma possono verificarsi in qualsivoglia mercato.

La Commissione riconosce infine che le osservazioni della ricorrente sulla difficoltà che tale volatilità comporta per la creazione di una posizione dominante collettiva conforme alla teoria economica, ma afferma che esse non sono pertinenti nel caso in esame. Secondo la Commissione, dato che è più facile aumentare la capacità che ridurla, gli operatori tenderanno ad essere cauti per tutelarsi contro ogni possibile volatilità. Inoltre sarebbe facile distinguere una riduzione della domanda rispetto ad un aumento della capacità di un altro operatore, poiché i comportamenti di quest’ultimo potrebbero essere osservati direttamente.

Si deve rilevare innanzi tutto che, come riconosce la Commissione, la teoria economica considera che la volatilità della domanda renda più difficile la creazione di una posizione dominante collettiva. Viceversa, una domanda stabile e che, perciò, presenta una debole volatilità, costituisce un elemento pertinente nella caratterizzazione di una posizione dominante collettiva, in quanto essa rende più agevolmente individuabili le deviazioni rispetto alla comune linea d’azione (ossia le truffe) consentendo di distinguere gli adeguamenti di capacità volti a rispondere alla crescita o alla flessione del mercato volatile.

Nella fattispecie la Commissione riconosce che il mercato di cui trattasi è caratterizzato da un certo livello di volatilità della domanda (Decisione, punti 92, 95 e 97). Si deve del resto rilevare che vari elementi del fascicolo mostrano che il livello di volatilità di tale mercato è notevole. Così, l’estratto dello studio citato al punto 92 della Decisione illustra che «non solo [l]a domanda di vacanze è più volatile del prodotto interno lordo e del livello delle spese a lungo termine dei consumatori, ma inoltre che essa non coincide del tutto con il ciclo economico (per esempio il mercato è cresciuto di oltre il 10% durante la recessione del 1980 e 1981)» o ancora che «la volatilità della domanda fa sì che la previsione di volumi di domanda sia più altamente problematica». Parimenti, la notevole volatilità del mercato è attestata dai dati estratti dal rapporto 1998 del British National Travel Survey. In tal modo, dopo la crisi del 1995, a motivo della quale il numero dei soggiorni all’estero è passato dai 26 milioni del 1995 ai 23,25 milioni del 1996 (vale a dire un decremento di quasi il 10,5%), il numero di soggiorni all’estero è passato da 23,25 milioni a 27,25 milioni nel 1997 (ossia un aumento superiore al 17,2%) e da 27,25 milioni a 29,25 milioni nel 1998 (ossia un aumento superiore al 7,3%).

La Commissione sostiene tuttavia che tale circostanza non sia pertinente nel caso in esame, posto che gli operatori tendono ad essere cauti per tutelarsi contro ogni possibile volatilità.

Orbene, la Commissione non può valersi del fatto che, per tutelarsi contro una volatilità della domanda tendente al ribasso, i tour operator programmino la capacità in modo prudente, preferendo aumentarla in un secondo tempo se la domanda si dimostra particolarmente forte (Decisione, punto 97), per negare lapertinenza nel caso in esame di un fattore importante per caratterizzare una posizione dominante oligopolistica qual è il livello di stabilità e prevedibilità del mercato di cui trattasi. Se infatti è pur vero che la cautela inerente al normale funzionamento del mercato conduce necessariamente a tener conto della necessità di anticipare al meglio l’evoluzione della domanda, il processo di programmazione permane difficile, poiché ogni operatore deve anticipare (almeno 18 mesi prima, considerate le peculiarità del mercato) l’evoluzione futura della domanda, che si caratterizza per la sua notevole volatilità e comporta perciò una scommessa sul futuro. Per il resto la prudenza degli operatori e la volatilità della domanda non sono state considerate dalla Commissione tali da creare un ostacolo al carattere concorrenziale del mercato prima della realizzazione dell’operazione. Perciò la prudenza non può essere interpretata, di per sé, come un elemento tendente a caratterizzare una posizione dominante collettiva invece che come un elemento caratteristico di un mercato concorrenziale del tipo di quello che esisteva al momento della notifica.

E’ infine opportuno rilevare che gli argomenti esposti dalla Commissione (Decisione, punti 94-96) relativi alle critiche della ricorrente, non possono essere presi in considerazione.

Per quanto riguarda la volatilità legata al ciclo economico, la Commissione non può limitarsi a ritenere, come ha fatto al punto 95 della Decisione, che è «probabile che tutti i tour operator giungano a conclusioni analoghe in merito all’andamento del mercato», senza addurre il minimo elemento a sostegno di tale affermazione, mentre la capacità è fissata inizialmente circa 18 mesi prima dell’inizio della stagione (v. punto 63 della Decisione). In quel momento l’evoluzione delle principali variabili macro economiche, quali la crescita del prodotto interno lordo, il tasso di cambio o la fiducia del consumatore non può essere prevista con precisione.

Per quanto riguarda la volatilità legata agli shock esogeni l’approccio della Commissione, secondo la quale i tour operator introdurrebbero i dati relativi alla volatilità del mercato nel calcolo della capacità (Decisione, punto 96 e note a pié di pagina nn. 73 e 74), equivale a fare ciò che essa critica, ossia trasformare tali shock esogeni in variabili endogene tramite il loro inserimento nella previsione della domanda. Orbene, non pare che gli operatori agiscano in tal modo. Ne sono testimoni gli insuccessi della Thomson nel maggio 1999, che avrebbe subito perdite notevoli a causa dell’impatto della guerra nel Kosovo e delle minacce terroristiche in Turchia sulle vendite di pacchetti vacanza nel Mediterraneo orientale mentre la Airtours, dal canto suo, non ne ha sofferto, come ha fatto valere la ricorrente senza essere contestata dalla Commissione.

Per quanto infine riguarda l’argomento della Commissione secondo cui, ad ogni buon conto, sarebbe facile distinguere una diminuzione della domanda rispetto all’aumento della capacità di un altro operatore, in quanto i comportamenti di quest’ultimo possono essere osservati direttamente, si deve respingerlo, poiché, perle ragioni esposte di seguito nell’esame della trasparenza del mercato, un tour operator integrato farà fatica ad interpretare correttamente le decisioni prese dagli altri tour operator in materia di capacità.

Risulta da quanto qui sopra esposto che la Commissione non ha dimostrato che la teoria economica non si applica nel caso in esame e che essa ha ritenuto a torto che la volatilità della domanda facilitasse la creazione di un oligopolio dominante da parte degli ultimi tre tour operator.

iii) Sulla valutazione del livello di trasparenza esistente nel mercato di cui trattasi

Al punto 102 della Decisione la Commissione osserva che, per quanto riguarda la trasparenza, «va operata una distinzione tra il periodo di programmazione e la stagione delle vendite, una volta che i cataloghi sono stati diffusi», e che, «per i quattro maggiori operatori integrati la trasparenza del mercato è [però] elevata in entrambi i periodi».

Ai punti 103, 104 e 105 essa sostiene che «[d]urante la fase di programmazione, vengono prese le decisioni fondamentali relative alla capacità per la stagione seguente» e che «[i]n realtà, per le ragioni esposte di seguito, le decisioni relative alla capacità dei quattro principali operatori integrati sono trasparenti per ciascuno di tali fornitori:

– nessuno dei principali tour operator presenta un programma completamente nuovo da una stagione all’altra. La programmazione di una stagione futura si basa piuttosto sulle vendite effettuate nella stagione precedente, aumentate o diminuite in funzione delle previsioni della domanda per la stagione seguente. Le variazioni rispetto alla stagione precedente sono pertanto marginali ed il programma di un tour operator non registra di norma cambiamenti radicali. Di conseguenza, semplicemente sulla base dell’esperienza passata, i tour operator sanno già in buona parte prima che abbia inizio la programmazione di una nuova stagione quali saranno le offerte degli altri quattro fornitori integrati per tale stagione» (Decisione, punto 104);

– ciascuno dei quattro maggiori operatori integrati dispone di talune informazioni circa i cambiamenti programmati dagli altri tre durante tale periodo, tenuto conto del fatto che essi usano gli stessi hotel e che ricorrono alle compagnie aeree degli altri grandi operatori per ottenere o fornire capacità o per accordarsi su scambi di posti o di slot (Decisione, punto 105);

– le decisioni di aumentare in modo considerevole la capacità non potrebbero essere dissimulate, poiché l’acquisto o il leasing di aerei aggiuntivi è necessariamente portata a conoscenza del pubblico (Decisione, punto 105).

Al punto 105 della Decisione la Commissione ritiene che «[p]er tutte le ragioni di cui sopra, ciascuno dei quattro maggiori operatori integrati sarebbe ad esempio aconoscenza dell’intenzione di uno degli altri operatori integrati di incrementare il numero di passeggeri trasportati e quindi il numero di vacanze che potrebbe offrire. Ognuno dei quattro operatori integrati ha dunque sicuramente la possibilità di conoscere il numero complessivo di vacanze offerte da ciascuno degli altri».

Al punto 113 della Decisione la Commissione ne trae la conclusione che, alla luce delle rigidità collegate alle decisioni relative alla capacità, l’elevato livello di trasparenza renderà «ancora più probabile una limitazione dell’offerta da parte dei maggiori fornitori ad un livello che lascerebbe insoddisfatta una percentuale della domanda maggiore di quanto avverrebbe in un sistema meno trasparente (nel quale vi sarebbe piuttosto – temporaneamente – un eccesso di offerta, che richiederebbe una riduzione dei prezzi per vendere l’intera quantità di prodotti) e consentirebbe agli operatori suddetti di innalzare i prezzi medi al di sopra del livello concorrenziale».

La ricorrente sostiene che il mercato di cui trattasi non è trasparente durante il periodo della programmazione. Essa fa valere, in sostanza, che le decisioni relative alla capacità complessiva rappresentano in effetti una ampia gamma di decisioni individuali relative ad ogni destinazione ed a ogni volo programmati e che le modifiche apportate alla capacità programmata rispetto alla capacità del passato sono significative e molto difficili da individuare.

Essa ritiene che il mercato di cui trattasi non sia trasparente neppure durante il periodo delle vendite. Essa sostiene, in sostanza, che la trasparenza della capacità non può essere ipotizzata senza tener conto della trasparenza dei prezzi, e che la Commissione non ha capito la natura delle informazioni disponibili sui sistemi informatici di prenotazione delle vacanze.

La Commissione riconosce che, durante il periodo di programmazione, le decisioni in materia di capacità non sono completamente trasparenti, pur ricordando le varie possibilità di ottenere le informazioni riportate nella Decisione (punti 104 e 105) per quanto riguarda i quattro grandi tour operator.

Per quanto riguarda la trasparenza dei prezzi durante la stagione delle vendite la Commissione sostiene che essa non ha alcuna importanza, poiché il fattore concorrenziale determinante nel mercato di cui trattasi non è il prezzo ma la capacità. Essa tuttavia aggiunge che durante tale stagione la trasparenza in materia di capacità complessiva è praticamente totale poiché ciascun operatore può calcolare le capacità dei suoi concorrenti sulla base delle offerte che essi presentano nei rispettivi cataloghi ed anche dei loro programmi precedenti.

Preliminarmente si deve ricordare che il fatto che un mercato sia sufficientemente trasparente per consentire a ciascun membro dell’oligopolio di conoscere i comportamenti degli altri facilita la creazione di una posizione dominante collettiva.

Si deve anzitutto osservare che, nel caso in esame, la tesi della Commissione consiste nel sostenere che oggetto del tacito coordinamento che caratterizza la posizione dominante collettiva non è il prezzo, ma la capacità offerta sul mercato, e che, come essa rileva al punto 103 della Decisione, le decisioni fondamentali relative alla capacità per la stagione seguente sono prese durante il periodo della programmazione. Al punto 63 della Decisione la Commissione riconosce essa stessa che «una volta iniziato il periodo delle prenotazioni (cioè più o meno dall’estate 1999 per le partenze dell’estate 2000) la possibilità di apportare modifiche è molto ridotta a causa della rigidità di molti impegni assunti con i fornitori e dei problemi legati alla modifica delle date, dei voli, degli alberghi ecc. dei clienti che hanno già prenotato». Essa osserva (punto 62 della Decisione) che la Airtours riconosce che durante questo periodo un aumento massimo della capacità del 10% è possibile.

Tale approccio è corroborato dalle affermazioni della Commissione, laddove, rispondendo (punto 108 della Decisione) all’argomentazione della ricorrente secondo la quale, posto che ciascuno dei grandi tour operator integrati deve gestire varie migliaia di prezzi diversi a causa delle numerose formule proposte, un coordinamento tacito di tutti questi prezzi sarebbe impossibile, essa fa notare di non ritenere che nel caso in esame sia necessario un coordinamento sul livello dei prezzi per creare una posizione dominante collettiva. Essa aggiunge:

«[D]urante la stagione delle vendite vi è uno scarso incentivo per qualunque operatore integrato a ridurre i prezzi al fine di conquistare quote di mercato, le quali dipendono dalla capacità offerta. Pertanto, gli operatori non hanno alcun bisogno di adottare tacitamente un comportamento collusivo in relazione a migliaia di prezzi. In effetti, questo punto è stato confermato dai consulenti economici di Airtours: Una volta determinata la capacità, il comportamento degli operatori in materia di prezzi non è direttamente pertinente ai fini della posizione dominante collettiva, vale a dire dell’esercizio congiunto del potere di mercato».

Ne consegue che nel caso in esame si deve anzitutto stabilire se ognuno dei grandi tour operator possa o meno conoscere, con un sufficiente grado di certezza, allorché, durante il periodo della programmazione, prende le proprie decisioni fondamentali in materia di capacità, quelle dei principali concorrenti. Solamente se la trasparenza è sufficiente egli sarà in grado di stimare la capacità complessiva decisa dagli altri membri dell’asserito oligopolio e potrà quindi sapere che, programmando la sua capacità in un determinato modo, esso adotta la loro stessa linea d’azione e sarà in tal modo incentivato a farlo. Il livello di trasparenza è parimenti importante per consentire, in seguito, a ciascun membro dell’oligopolio di individuare le variazioni effettuate dagli altri in materia di capacità, di distinguere le deviazioni rispetto alla linea comune di azione dai semplici aggiustamenti logici all’evoluzione volatile della domanda e, infine, di stabilire se si deve agire di conseguenza sanzionando le eventuali deviazioni.

Orbene, dalle risposte della ricorrente (punto B.1 ed allegati 5-8) ad una misura di organizzazione del procedimento adottata dal Tribunale risulta che ladeterminazione della capacità per ciascuna stagione non è un esercizio automatico di semplice riporto della capacità da un anno all’altro, facile da prevedere per gli altri tour operator, ma che, al contrario, essa comporta per ciascun grande operatore un compito molto complesso che solo entro certi limiti tiene conto dei dati storici e che ciascun operatore effettua fondandosi principalmente su una valutazione soggettiva, in base ad una moltitudine di variabili e fattori.

In particolare l’esame di tali dati mostra che il ciclo di programmazione non è un semplice concatenamento da un anno all’altro. Ad esempio, per la stagione estiva 1999 («anno N»), che va da maggio ad ottobre 1999, la programmazione della capacità inizia circa 18 mesi prima, in ottobre o novembre 1997 («anno N-2»). Durante la fase principale di programmazione, che sfocia nella prima pubblicazione del catalogo in aprile o maggio 1998 («anno N-1»), i tour operator hanno perciò a loro disposizione i dati relativi ai risultati della stagione estiva 1997 («anno N-2») e taluni dati relativi alla futura stagione estiva 1998 («anno N-1»). In tale contesto cronologico la programmazione della capacità complessiva è funzione di considerazioni generali e specifiche affinate nel corso degli anni. Le considerazioni generali («top-down considerations») tengono conto dei principali fattori che influenzano la domanda di vacanze, quali l’attività economica, i tassi di cambio, e la fiducia dei consumatori. La considerazioni specifiche («bottom-up considerations») si fondano sull’analisi particolareggiata delle offerte esistenti di prodotti in base, ad esempio, all’esame dei margini lordi e netti per volo o per singolo alloggio di questa o quella destinazione. A tale riguardo si esaminano ciascun volo (in funzione degli aeroporti di partenza e di arrivo e degli slot orari), la destinazione ed il prodotto disponibile, la richiesta da parte dei consumatori di particolari tipi di vacanze, al fine di predisporre l’offerta complessiva di pacchetti vacanza all’estero a corto raggio. Tale offerta è anche completata dalle offerte di prodotti nuovi creati dalla ricorrente.

La ricorrente ha precisato che, tenuto conto della natura deperibile dei prodotti interessati, essa tende a privilegiare, al momento della programmazione, l’analisi dei fattori macro economici o considerazioni specifiche relative al costo e al margine rispetto all’esame del livello della domanda passata, perché tali elementi sono più atti ad incidere sui redditi disponibili e sulla futura domanda rispetto alle prestazioni antecedenti (vendite realizzate e previste negli anni N-2 ed N-1), le quali sarebbero, comunque, parimenti prese in considerazione nella programmazione per la stagione estiva dell’anno N, in quanto esse mostrino i punti forti e quelli deboli dell’offerta esistente nonché gli aspetti di quest’offerta che possono essere migliorati.

In termini statistici la tabella trasmessa dalla ricorrente (allegato 7 della sua risposta) relativa al confronto tra le previsioni di vendita reali della sua principale filiale nel Regno Unito, la Airtours Holidays Ltd., nel corso del periodo 1996-2000, consente di constatare gli scarti tra la capacità prevista per l’anno in corso di programmazione (anno N), la capacità stimata per l’anno N-1 (la cui stagione delle vendite è già cominciata) e la capacità venduta nel corso dell’anno N-2 (poiché lastagione è già terminata). Tale tabella mostra che la capacità programmata per l’anno N dalla Airtours Holidays Ltd. presenta considerevoli differenze rispetto alla capacità stimata per l’anno N-1 (dal +7,5% al +11,2% a seconda dell’anno N previsto) o alla capacità venduta nel scorso dell’anno N-2 (dal +7,5% al +18,6% a seconda dell’anno N previsto). A titolo di raffronto, esse rappresentano un aumento della capacità da due a tre volte superiore alla crescita annua media della domanda complessiva nel mercato (tra il 3 ed il 4%) considerata dalla Commissione al punto 92 della Decisione.

Da quanto precede risulta che in sostanza l’iter di programmazione non consiste semplicemente a riportare la capacità stimata o venduta in passato, ma mira a cercare di anticipare l’evoluzione della domanda a livello sia macro economico sia micro economico.

Alle considerazione appena esposte si devono aggiungere le difficoltà pratiche, evidenziate dalla ricorrente, che fanno si che sarà molto complicato conoscere la capacità prevista da ciascuno degli altri grandi tour operator nel corso del periodo di programmazione, in quanto le loro decisioni relative alla capacità complessiva per una stagione determinata risultano dall’aggregato di numerose decisioni individuali prese per ciascuna destinazione e per ciascun volo e mutevoli da una stagione all’altra.

La ricorrente ha infatti fatto valere senza essere contestata dalla Commissione che essa serve circa 50 destinazioni in partenza da 21 aeroporti situati nel Regno Unito, ciò che rappresenta più di mille combinazioni e che essa le modifica notevolmente da una stagione all’altra. Per l’estate 1999 l’Airtours ha in tal modo aumentato del 19% la sua capacità su Fuerteventura, riducendo al contempo per tale destinazione la sua capacità in partenza da Manchester del 13%, mentre la capacità in partenza da Cardiff è stata aumentata del 42%. Parimenti la capacità della Airtours su Minorca è stata ridotta del 9%, con una riduzione per tale destinazione della capacità in partenza da Manchester del 33% ed un aumento della capacità in partenza dagli aeroporti scozzesi del 25%. A titolo di esempio, la categoria «tre stelle/pasti esclusi» che costituisce la gran maggioranza dei pacchetti vacanza a corto raggio secondo la Decisione (punto 90), contiene differenze a seconda dell’aeroporto e della data di partenza, della durata delle vacanze o ancora della destinazione. Si deve rilevare, a tale proposito, che l’argomento secondo cui il viaggio aereo rappresenta una costante per la quale esistono poche differenze (Decisione, punto 90) non rimette in discussione il fatto che le decisioni relative alla capacità aerea vengano prese aeroporto per aeroporto e volo per volo.

Così, contrariamente a quanto suggerisce la Commissione, le decisioni in materia di capacità non consistono semplicemente nell’aumentare o diminuire l’offerta complessiva di capacità senza tener conto delle differenze tra le varie categorie di pacchetti vacanza, che si differenziano per la destinazione, la data di partenza, l’aeroporto di partenza, il tipo di aereo, il tipo e la qualità dell’alloggio, la durata del soggiorno e, infine, per il prezzo. Per poter sviluppare tali pacchetti vacanza itour operator devono prendere in considerazione un insieme di variabili quali la disponibilità alberghiera nelle diverse destinazioni e le disponibilità di posti in aereo, nelle varie date e stagioni dell’anno. Come ha sostenuto la ricorrente, le decisioni sulla capacità devono essere perciò prese a livello «micro».

L’approccio complessivo adottato dalla Commissione (punti 88-91 della Decisione) che consiste nel dire che quanto importa è il numero totale di pacchetti vacanza proposti da ogni operatore, incontra così notevoli difficoltà sul piano pratico dato che, per conoscere la capacità complessiva, nei limiti in cui essa rappresenta un insieme eterogeneo di decisioni specifiche, è necessario poter identificare tali decisioni.

Ne consegue che, a prima vista, la complessità del procedimento di programmazione della capacità, di sviluppo del prodotto e della sua commercializzazione costituisce un ostacolo maggiore ad ogni tentativo di coordinamento tacito. Infatti, per quanto riguarda il mercato in cui la domanda è complessivamente crescente, ma volatile da un anno all’altro, un tour operator integrato avrà difficoltà ad interpretare correttamente le decisioni prese dagli altri operatori in materia di capacità riguardante le vacanze che si effettueranno un anno e mezzo dopo.

Tuttavia, malgrado il fatto che la decisione relativa alla capacità sia presa da ogni operatore in base ad un insieme eterogeneo di considerazioni, si deve ancora esaminare se, in pratica, al momento di determinare la sua capacità complessiva, ciascun membro dell’oligopolio possa conoscere «il livello globale della capacità (numero di vacanze) offerta dai singoli tour operator integrati».

La Commissione afferma al punto 105 della Decisione che «[o]gnuno dei quattro operatori integrati ha dunque sicuramente la possibilità di conoscere il numero complessivo di vacanze offerte da ciascuno degli altri [durante il periodo della programmazione]» e che le modifiche che sono apportate da ciascun grande operatore in tale fase possono essere individuate dagli altri grandi operatori attraverso i loro contatti con gli hotel o le loro discussioni riguardanti i bisogni e le disponibilità di posti in aereo al fine di ottenere o di fornire capacità o trattare scambi di posti o di slot.

La Commissione non riesce tuttavia a provare tali affermazioni.

In primo luogo la Decisione non consente di misurare la portata delle informazioni che un tour operator integrato è in grado di ottenere per il fatto che molti di loro possono essere in contatto con gli stessi hotel per trattare e prenotare i loro stock di posti letto. Anche supponendo che i grandi operatori britannici possano effettivamente offrire gli stessi hotel nei loro pacchetti vacanza, cionondimeno il settore del turismo alberghiero conta numerosissimi attori, sia sul piano dell’offerta che su quello della domanda. Esiste perciò una grande probabilità che uno deigrandi operatori sia presente in un hotel in cui non corre il rischio di trovare un concorrente. Tale probabilità è rinforzata dal fatto che gli albergatori preferiscono affittare le loro camere ad almeno due operatori, in genere di paesi diversi. Tale politica, accennata nella notifica, si spiega con la volontà dell’albergatore di proteggersi dal rischio connesso ad una diminuzione della domanda di vacanze offerte da uno di tali clienti o della domanda di uno di tali paesi.

Ne risulta che la possibilità che vari tour operator integrati siano in trattative con lo stesso hotel non contribuisce in modo significativo ad una maggiore trasparenza del mercato nel momento in cui sono prese le decisioni in materia di capacità.

In secondo luogo la Decisione non offre nessun particolare sulla portata e sull’importanza delle informazioni suscettibili di essere ottenute tramite discussioni tra grandi operatori in relazione ai bisogni ed alle disponibilità di posti in aereo al fine di ottenere o di fornire capacità o di trattare scambi di posti in aereo o di slot orari. Infatti, in mancanza di precisazioni su tale punto nella Decisione, non è assolutamente possibile trarre informazioni utili quanto all’aumento o alla conservazione della capacità tramite uno scambio di posti in aereo o di slot orari, in quanto tali scambi dovrebbero in linea di principio effettuarsi sulla base di un posto contro un altro o di uno slot contro un altro.

Si deve precisare a tale proposito che nell’ipotesi fatta dalla Commissione, ossia, quella di una situazione di considerevole riduzione della capacità al di sotto delle stime dell’evoluzione della domanda i tour operator integrati negozierebbero meno posti in aereo e meno notti in hotel. Orbene, è probabilmente molto più difficile in genere scoprire e interpretare le decisioni di riduzione dell’attività rispetto a quelle che la aumentano e, in un contesto di crescita della domanda, tali politiche di contenimento sarebbero particolarmente ardue da scoprire. La ricorrente ha inoltre evidenziato, senza essere contestata dalla Commissione, che le decisioni di aumentare considerevolmente la capacità ed i corrispondenti investimenti sono resi pubblici solo dopo che la capacità iniziale è stata definita, in modo che essi non consentono la precisa individuazione delle decisioni adottate nel corso del periodo di programmazione. Di conseguenza l’argomento della Commissione esposto al punto 105 della Decisione secondo cui l’acquisto o il leasing di aerei supplementari non potrebbe venir dissimulata poiché le suddette decisioni sono necessariamente portate a conoscenza del pubblico non può essere preso in considerazione per dimostrare l’esistenza della trasparenza del mercato per i quattro grandi tour operator nella fase della programmazione della capacità.

Si deve inoltre osservare che le decisioni relative all’impiego di flotte aeree intervengono tardivamente nel periodo di programmazione. Secondo i dati comunicati dalla Airtours nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti è infatti solo a contare dal dodicesimo mese che precede il lancio della stagione, ossia contemporaneamente alla pubblicazione del catalogo, che essa prende le prime decisioni relative all’impiego della sua capacità in posti in aereo. E’ solo nel corso dei mesi successivi che saranno prese le decisioni relative alla capacità acquisitapresso le compagnie aeree. Perciò le informazioni ottenute nell’ambito delle discussioni tra i grandi operatori saranno più tardive di quanto non lasci intendere la Decisione.

Si deve inoltre rilevare che l’Airtours non dipende in modo significativo dagli altri grandi tour operator per acquisire posti in aereo, stando ai dati comunicati nell’ambito della notifica. Sembra infatti che la Airtours non faccia che un minimo appello alle compagnie di voli charter dei suoi principali concorrenti. In tal modo, da un lato, i principali fornitori della Airtours Holidays di posti in aereo per l’estate 1998 erano: la Spanair (27,2% degli acquisti); la Monarch (22%); la Air Europa (21%); la Air 2000, la compagnia aerea della First Choice (9,4%); la Airworld (8,7%), compagnia aerea della Thomas Cook; la Air Malta (3,8%), e dodici altre compagnie aeree (7,9%). La Airtours quindi non utilizza, o utilizza molto poco, la Britannia, compagnia aerea della Thomson Holidays, di cui è noto che vola principalmente per la casa madre, e ricorre solo marginalmente alle principali compagnie aeree della First Choice e della Thomas Cook (rappresentando la Air 2000 e la Airworld il 18,1% del totale) (allegato 5 del ricorso, punti 6.94, 6.119 e 6.122, rapporto della MMC, tabella 3.6, pag. 66). D’altra parte i principali clienti della ricorrente di posti in aereo per l’estate 1998 erano: la First Choice (Unijet) (circa 68 000 posti); la Monarch (Cosmos) (circa 45 000 posti); la Jet Direct (circa 11 500 posti); la Air Travel Group (circa 10 500 posti); e la Manos (circa 10 500 posti); i posti restanti erano venduti a 20 altri operatori. Si può qui notare, ancora una volta, che la Airtours Holidays non è, o lo è molto poco, in rapporto con le compagnie aeree della Thomson (la Britannia) e della Thomas Cook (la Caledonian, la Airworld, la Flying Colours, la Peach) (allegato 5 del ricorso, punto 6.94 e rapporto della MMC, tabella 3.6, pag. 66).

Perciò, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la circostanza che i grandi tour operator siano in trattative tra loro per ottenere o per fornire capacità o trattare scambi di posti in aereo o di slot orari non assicura un livello di trasparenza sufficiente nel momento in cui sono prese le decisioni in materia di capacità.

Si desume da tutto quanto precede che la Commissione ha ritenuto a torto al punto 102 della Decisione che il mercato sia molto trasparente per ognuno dei quattro grandi tour operator integrati durante il periodo della programmazione. Risulta pertanto che essa ha erroneamente concluso che il livello di trasparenza esistente nel mercato di cui trattasi fosse una caratteristica che può portare alla creazione di una posizione dominante collettiva (Decisione, punto 87), senza che si dovesse esaminare la fondatezza di tali valutazioni sul livello di trasparenza durante la stagione delle vendite, nei limiti in cui le decisioni fondamentali in materia di capacità per la stagione successiva sono prese nel corso del periodo di programmazione e che in seguito le possibilità di incremento sono molto ridotte.

  1. iv) Conclusioni sulla valutazione dell’evoluzione passata e prevedibile della domanda, della sua volatilità e del livello di trasparenza esistente nel mercato

Da quanto precede risulta che la Commissione non ha esaminato in modo adeguato la concorrenza esistente tra i principali tour operator al momento della notifica e che essa ha commesso errori di valutazione riguardanti l’evoluzione e la prevedibilità della domanda, la sua volatilità nonché il livello di trasparenza esistente nel mercato, e che essa ha erroneamente ritenuto che tali caratteristiche fossero nel caso in esame atte a facilitare la creazione di una posizione dominante collettiva.

  1. c) Conclusione

Risulta da quanto precede che la Commissione ha commesso errori di valutazione nella sua conclusione secondo cui la realizzazione dell’operazione di concentrazione incentiverebbe i tre grandi tour operator restanti dopo l’operazione a non farsi più concorrenza.

  1. Sul carattere insufficiente dei fattori di dissuasione individuati dalla Commissione per assicurare la coesione interna dell’asserito oligopolio dominante

La ricorrente contesta alla Commissione di aver ignorato il fatto che anche supponendo che i tre ultimi grandi operatori possano essere incentivati a coordinare tacitamente le loro politiche in materia di capacità dopo la concentrazione a motivo delle caratteristiche del mercato di cui trattasi e dell’incidenza dell’operazione sullo stesso, non ci sarebbero meccanismi di ritorsione o di dissuasione sufficienti ad assicurare la coesione interna dell’asserito oligopolio dominante. In tal modo la mancanza di meccanismi di ritorsione effettivi nel mercato in causa rimetterebbe in discussione la sopravvivenza di una asserita situazione di oligopolio dominante, in quanto mancherebbe l’incentivo a lungo termine a non allontanarsi dalla linea di condotta comune. Essa sostiene che il meccanismo sanzionatorio dev’essere credibile e contesta, perciò, che la semplice minaccia di ritorsioni possa costituire uno strumento sufficiente di dissuasione, come pare suggerire la Commissione al punto 151 della Decisione.

La ricorrente ritiene che i mezzi asseritamente disponibili per esercitare ritorsioni nel corso della stessa stagione non siano credibili. Per quanto riguarda la possibilità di aggiungere una certa capacità nel corso del periodo che si conclude a febbraio, prima della stagione estiva, essa potrebbe essere aumentata solo del 10% e non più oltre. Orbene, in una settore caratterizzato da volatilità della domanda un aumento della capacità del 10% non sarebbe sufficiente a costituire una sanzione significativa. Inoltre il costo supplementare che rappresenterebbe l’attuazione di una capacità aggiuntiva a fini punitivi non sarebbe compensato dai vantaggi che ne trarrebbero le vittime della truffa con l’inflizione di una punizione. Ad ogni buon conto un aumento della capacità sarebbe estremamente difficile perché essa potrebbe essere contraria agli interessi di coloro che sono indotti ad infliggere la punizione in quanto, essendo probabilmente la capacità aggiunta all’ultimo minuto di qualità inferiore (orari di volo poco pratici, alloggi di cattiva qualità) essa sarebbe difficile da vendere. Essa contesta parimenti la possibilità di utilizzaresvendite o pratiche di «directional selling» contro un concorrente come arma disciplinare.

Infine, secondo la ricorrente, gli strumenti asseritamente disponibili per esercitare ritorsioni nel corso della stagione successiva non sarebbero efficaci. Infatti, tenuto conto del periodo di 18 mesi necessario per attivare grandi capacità ogni truffa scoperta nel corso di un periodo di vendita potrebbe venir punita con capacità aggiuntive significative solo due stagioni dopo. Il collegamento tra la violazione dell’accordo e la sanzione sarebbe in tal modo debole.

La Commissione fa notare, in primo luogo, per quanto riguarda i meccanismi di ritorsione previsti in Decisione, che essa non assimila l’oligopolio dominante ad un cartello e che perciò non ha mai pensato che un operatore effettui una semplice minaccia di ritorsioni.

Essa fa poi valere che la prospettiva di misure di ritorsione durante la stessa stagione può essere intesa come una minaccia reale ed efficace, nei limiti in cui gli operatori possono valutare le capacità immesse nel mercato dai loro concorrenti sin dalla pubblicazione della prima edizione dei cataloghi, ossia da dodici a quindici mesi prima della stagione turistica (v. punti 105-107 della Decisione). Una crescita del 10% della capacità dovrebbe esercitare sui prezzi una grande pressione verso il basso ed annullare in gran parte i guadagni fatti dall’operatore «non allineato».

Per quanto riguarda gli strumenti per esercitare le ritorsioni nel corso della stagione successiva, la Commissione, contrariamente alla ricorrente, ritiene che sia possibile aumentare notevolmente le capacità nel corso della stessa e considera sbagliato sostenere che un aumento notevole sia possibile solo dopo due stagioni.

Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui sarebbe irrazionale, da parte degli altri operatori, correre il rischio di una sovracapacità generale e secondo il quale, perciò, un operatore potrebbe «barare» impunemente, la Commissione fa valere che un tale ragionamento non è applicabile al caso in esame, poiché esso sottende che la sola reazione possibile da parte degli altri operatori sarebbe quella di lasciare quote di mercato al «baro».

La Commissione respinge infine l’argomento secondo cui la tattica di togliere un concorrente «non allineato» dai cataloghi e la prassi delle vendite selettive volte a sfavorire i suoi prodotti sarebbero inefficaci, dato che, anche stando alle cifre di vendita reciproca presentate dalla ricorrente (il 16% dei suoi prodotti sarebbe venduto tramite la Thomson e la Thomas Cook), una perdita potenziale che potesse raggiungere una tale percentuale di vendite rappresenterebbe una minaccia pesante in un’industria caratterizzata da volumi elevati e margini deboli.

Il tribunale osserva che la Commissione ha adottato una posizione un po’ ambigua nella Decisione, poiché essa ha evidenziato, anzitutto, che per il caso in esame l’esistenza di un «rigido meccanismo di ritorsione», che si fondasse sullacoercizione, non è una condizione necessaria perché si instauri una posizione dominante collettiva (Decisione, punto 55; v. anche punto 150) pur precisando al contempo che essa «non condivide l’affermazione [della Airtours] che in tale mercato non vi è spazio per le azioni di ritorsione» e che «[a]l contrario, lo spazio è molto ampio e ciò incoraggia l’adozione di comportamenti paralleli che danneggiano la concorrenza» (Decisione, punto 55; v. anche punto 151).

Si deve preliminarmente osservare che, come è già stato osservato (v. punti [61 e 62] qui sopra), nell’esame prospettico del mercato proprio a ogni valutazione di un’asserita posizione dominante collettiva, una tale posizione non dev’essere solo ipotizzata su un piano statico, in un certo momento, quello della realizzazione dell’operazione e delle modifiche apportate alla struttura concorrenziale, ma che essa dev’essere anche valutata in modo dinamico, in particolare per quanto riguarda la sua coerenza interna, la sua stabilità e la questione se il comportamento parallelo anticoncorrenziale che sarebbe atta a causare può conservarsi nel tempo.

Si deve così stabilire se l’interesse proprio a ciascuno dei principali tour operator (massimizzare il profitto facendo concorrenza all’insieme degli operatori) non sia atto a prevalere sull’interesse comune dei membri dell’asserito oligopolio dominante (ridurre la capacità per far salire i prezzi ed ottenere profitti superiori a quelli concorrenziali), il che si verificherebbe se la mancanza di fattori di dissuasione lo portasse a deviare dalla linea d’azione comune per riprendere, approfittando della mancanza di concorrenza che caratterizza quest’ultima, comportamenti concorrenziali e beneficiare dei vantaggi connessi agli stessi (v., in tal senso, sentenza Gencor/Commissione, citata, punto 227, per quanto riguarda la trasparenza del mercato, e punti 276 e 281 per quanto riguarda i nessi strutturali).

La possibilità di ritorsioni assicura in qualche modo la coesione dei membri dell’oligopolio nel tempo dissuadendo ciascuno di loro dal discostarsi dal comportamento comune.

Su tale sfondo la Commissione non deve necessariamente provare l’esistenza di un determinato «meccanismo di ritorsione», più o meno rigido, ma deve dimostrare, comunque, l’esistenza di fattori deterrenti sufficienti perché ciascuno dei membri dell’oligopolio dominante non abbia interesse a scostarsi dal comportamento comune a spese degli altri membri dell’oligopolio.

I fattori deterrenti individuati nel caso in esame nella Decisione sono i seguenti:

– la funzione deterrente svolta dalla semplice minaccia di un ritorno ad una situazione di offerta eccedentaria, poiché l’esperienza del 1995 illustra quel che potrebbe accadere nel caso scoppiasse una guerra delle capacità (Decisione punto 151; v. anche punto 170);

– la possibilità di aumentare la capacità durante la stagione delle vendite, almeno fino a febbraio, al massimo fino al 10% (Decisione, punto 152);

– la possibilità di aggiungere capacità supplementari tra due stagioni, quando il tour operator segnali che il suo comportamento è una misura di ritorsione contro una certa azione per sottolineare il legame tra violazione e sanzione (Decisione, punto 152);

– la possibilità di eliminare i prodotti del concorrente dai propri spazi espositivi o effettuare vendite privilegiate di propri prodotti a scapito del concorrente non allineato durante la stagione delle vendite per costringerlo a vendere una quota maggiore delle sue vacanze a prezzi scontati (Decisione, punto 152; v. anche punto 170).

Si deve osservare, anzitutto, che le caratteristiche del mercato ed il suo modo di funzionare fanno si che le misure di ritorsione intervengano con difficoltà in condizioni di rapidità e di efficacia in modo da apparire sufficientemente deterrenti.

In tal modo, in caso di scostamento, o, in altri termini, di truffa, vale a dire in una situazione in cui, per esempio, uno dei principali tour operator tentasse, durante il periodo della programmazione, di trarre profitto dalla limitazione complessiva della capacità risultante dal comportamento parallelo anticoncorrenziale, gli altri membri dell’oligopolio avrebbero difficoltà a scoprire tale scostamento a motivo della mancanza di sufficiente trasparenza, sulla quale il Tribunale si è già pronunciato. Infatti un eventuale scostamento è difficile da scoprire in fase di programmazione, considerate le difficoltà che un grande tour operator ha di anticipare con precisione le decisioni prese dai suoi principali concorrenti in materia di capacità.

In tale contesto i fattori deterrenti individuati dalla Commissione non pare possano intervenire.

Per quanto riguarda, in primo luogo, la mera minaccia di ritorno ad una situazione di offerta eccedentaria, si deve rilevare che la Commissione ha considerato erroneamente il suo carattere deterrente. La Commissione si riferisce alla crisi del 1995 per illustrare le conseguenze di un’offerta eccedentaria nel mercato. Orbene, si deve precisare che i fatti del 1995 si sono svolti in un contesto opposto a quello considerato nel caso in esame, nel quale tutti gli operatori – senza distinzione tra grandi e piccoli tour operator – nel corso del periodo di programmazione del 1994 hanno rinforzato la loro capacità per anticipare l’aumento della domanda complessiva che gli indicatori del settore e le due precedenti annate di crescita facevano supporre. In compenso, nel caso in esame, la Commissione ipotizza una situazione in cui i tre grandi tour operator, andando notevolmente oltre la loro abituale cautela, abbiano ridotto le loro capacità al di sotto delle previsioni della domanda e in cui vi sia stata truffa. E’ in tale situazione, nettamente distinta da quella di sovracapacità del 1995, che dev’essere esaminato il carattere deterrente di un eventuale ritorno ad una situazione di offerta eccedentaria. Orbene, un tale ritorno potrebbe verificarsi solo una stagione più tardi e solo se gli altri membri dell’oligopolio decidessero di aumentare la capacità oltre le stime di evoluzionedella domanda, ossia in modo molto considerevole rispetto al livello di sottocapacità che esisterebbe nel contesto del tacito coordinamento ipotizzato dalla Commissione.

In secondo luogo la possibilità di aumentare la capacità nel corso della stagione delle vendite non può costituire un fattore deterrente per le seguenti ragioni.

In primo luogo, come la Decisione stessa sottolinea, tale mercato si distingue per una naturale tendenza alla cautela in materia di decisioni relative alla capacità (v. punti 60-66, 97 e 136 della Decisione), tenuto conto del fatto che l’adeguamento della capacità alla domanda costituisce uno dei criteri cruciali di redditività, essendo i pacchetti vacanza beni deperibili (Decisione, punto 60).

In secondo luogo, in questo mercato la decisione di scostarsi dalla posizione comune aumentando la capacità in sede di stagione di vendita interverrebbe in una fase che la renderebbe difficile da scoprire in tempo utile. Inoltre quand’anche gli altri membri dell’oligopolio pervenissero a scoprire il comportamento non delineato, poiché la loro eventuale reazione consistente nell’aumentare la capacità a titolo di ritorsione non potrebbe verificarsi in modo sufficientemente rapido ed efficace, in quanto essa può intervenire nella stessa stagione – come implicitamente riconosciuto in Decisione – solo in modo molto limitato, con limiti sempre più stringenti man mano che avanza la stagione delle vendite (potendosi nell’ipotesi migliore aumentare la capacità solo del 10% fino al mese di febbraio per la successiva stagione estiva) (v. Decisione, punti 152 e 62).

Infine si può rilevare che, sapendo che gli autori delle ritorsioni rischiano di avere difficoltà nel vendere i pacchetti vacanza aggiunti all’ultimo momento a motivo della qualità inferiore di tali prodotti (orari dei voli poco pratici, alloggi di cattiva qualità), gli altri membri dell’oligopolio dominante si mostrerebbero esitanti a procedere a tali aumenti di capacità a titolo di ritorsione. La capacità creata in tal modo non sembrerebbe in grado di opporre un’efficace concorrenza a quella che sarebbe stata aggiunta dall’operatore non allineato sin dal periodo della programmazione, in quanto essa è al contempo tardiva e di qualità inferiore. L’operatore non allineato beneficerebbe così dei vantaggi connessi al fatto di aver agito per primo.

In terzo luogo e per quanto riguarda la possibilità di aumentare la capacità nel corso della stagione successiva o al fatto che sia possibile aumentare la capacità nell’intervallo tra due stagioni, (punto 152 della Decisione in fine), si deve rilevare che essa rischia di essere inefficace, in quanto misura di ritorsione, tenuto conto dell’evoluzione imprevedibile della domanda da un anno all’altro e del tempo necessario all’attuazione di una simile misura.

In quarto luogo un’azione di ritorsione degli altri membri dell’oligopolio a livello di distribuzione (tramite l’eliminazione dei prodotti del concorrente o tramite vendita privilegiata dei propri prodotti) riguarderebbe, nell’ipotesi in cui colpissela Airtours, solo il 16% circa delle vendite (di cui meno del 10% realizzate tramite la Lunn Poly (Thomson) e solo il 6% tramite la Thomas Cook). Come fa osservare la ricorrente, tali reazioni di fonti secondarie dell’offerta non rappresenterebbero contrappesi sufficientemente importanti. Per di più tali ritorsioni comporterebbero una perdita economica per gli autori delle stesse, che dovrebbero rinunciare alle commissioni versate dalla Airtours per le vendite effettuate nelle reti di agenzie di viaggio dei suoi principali concorrenti. Il carattere deterrente di una tale azione di ritorsione non è perciò così importante come lascia intendere la Decisione.

Risulta da quanto precede che la Commissione ha ritenuto erroneamente che gli elementi prodotti ai punti 151 e 152 della Decisione costituissero, alla luce di tale fattispecie, fattori deterrenti sufficienti a dissuadere uno dei membri dell’oligopolio dominante dallo scostarsi dalla comune linea d’azione.

  1. Sulla sottovalutazione della prevedibile reazione dei piccoli tour operator, dei potenziali concorrenti e dei consumatori, quale contrappeso sufficiente per impedire la stabilità dell’asserito oligopolio dominante

La ricorrente fa valere che la Commissione ha sottovalutato la reazione prevedibile dei piccoli tour operator (chiamati anche «tour operator autonomi» o «operatori marginali»), dei potenziali concorrenti (in particolare coloro che propongono pacchetti vacanza all’estero a lungo raggio) e dei consumatori in quanto contrappeso suscettibile di contrastare la creazione di una posizione dominante collettiva, che non è ipotizzabile se i grandi tour operator non dispongono, insieme, del potere di agire, in misura significativa, a prescindere dagli altri concorrenti effettivi e potenziali nonché dai consumatori.

La Commissione replica che per far fronte ad una restrizione concertata della capacità decisa dai membri dell’oligopolio sarebbe necessario che un gran numero di piccolissimi operatori aumentasse la propria capacità in proporzioni considerevoli, ciò che non sarebbe possibile considerata la loro attuale dimensione. Essa sottolinea parimenti che gli ostacoli all’ingresso nel mercato ed alla crescita oltre una certa dimensione impediscono agli operatori di più piccole dimensioni ed ai nuovi che fanno il loro ingresso nel mercato di sfidare con successo la potenza degli operatori integrati e la loro possibilità di fissare la capacità ad un livello inferiore a quello dell’equilibrio concorrenziale. In tal modo gli operatori secondari non sarebbero in grado di fornire capacità sufficienti a soddisfare un’eventuale domanda supplementare a causa dei notevoli ostacoli che incontrerebbero per svilupparsi.

Si deve preliminarmente ricordare che per fornire una prova giuridicamente sufficiente dell’esistenza di una posizione dominante collettiva nella causa in esame la Commissione doveva parimenti dimostrare che la reazione prevedibile dei concorrenti effettivi e potenziali nonché dei consumatori non rimetteva in discussione i risultati attesi dalla linea d’azione comune dei grandi operatori. Nel caso in esame ciò significa che la riduzione da parte dei grandi tour operator dellacapacità immessa nel mercato a fini anticoncorrenziali, ossia al di là di quanto richiesto per adeguarsi all’evoluzione anticipata della domanda non dev’essere controbilanciata da una reazione dei loro concorrenti effettivi, i piccoli tour operator, dei loro potenziali concorrenti, i tour operator presenti in altri paesi o nel mercato delle destinazioni a lungo raggio e dei loro clienti, i consumatori britannici, atta a ostacolare la sopravvivenza dell’oligopolio dominante.

  1. a) Sulla possibile reazione dei concorrenti effettivi: i piccoli tour operator
  2. i) osservazioni preliminari sulla questione della dimensione dei piccoli operatori

Ai punti 77 e 78 della Decisione la Commissione osserva che la possibilità per la «frangia» dei piccoli fornitori di opporre un’effettiva concorrenza ai quattro grandi tour operator è ulteriormente limitata a causa della mancanza di integrazione verticale e dalla loro dimensione ridotta, che ha in particolare l’effetto di non consentire loro le stesse economie di scala e di raggio d’azione dei grandi operatori.

Si deve anzitutto osservare a tale proposito che la Commissione (controricorso, punto 103) riconosce, come il perito della ricorrente, il professor Neven, ha spiegato nell’ambito del procedimento amministrativo, che il settore dei pacchetti vacanza è un settore in cui strategie commerciali alternative possono fornire risultati probanti ed in cui ci può essere solo poco spazio per operatori di medie dimensioni. A parere di quest’esperto, infatti, da un lato le imprese possono funzionare su piccola scala ed acquistare nel libero mercato la capacità (posti in aereo e letti d’hotel) di cui esse necessitano per offrire i pacchetti vacanza. D’altra parte le imprese possono in alternativa decidere di vendere un grande volume di pacchetti vacanza. Tali imprese valuteranno tuttavia rischioso acquistare grandi volumi di capacità, in particolare di posti in aereo, nel libero mercato, motivo per cui è loro necessario integrarsi verticalmente, almeno nel servizio di trasporto aereo. Tale strategia commerciale alternativa non conduce necessariamente a costi inferiori e ad un vantaggio concorrenziale sistematico rispetto alle piccole imprese. Essa è anche intrinsecamente più rischiosa della strategia che consiste nel restare piccoli e nell’acquistare la capacità nel libero mercato.

Orbene, si deve precisare che la questione non è di stabilire se un piccolo operatore possa raggiungere le dimensioni necessarie per poter far effettivamente concorrenza ai tour operator integrati contendendo il loro posto di operatori maggiori. Si tratta invece di stabilire se, nel contesto anticoncorrenziale ipotizzato dalla Commissione, le centinaia di piccoli operatori già attivi nel mercato, complessivamente considerati, possano reagire efficacemente ad una riduzione della capacità immessa nel mercato dai grandi operatori che resti al di sotto delle stime di evoluzione della domanda, aumentando la loro capacità per approfittare delle opportunità offerte da una tale situazione di sotto capacità complessiva e se possano contrastare in tal modo la creazione di una posizione dominante collettiva.

Stando così le cose, per dimostrare che i piccoli operatori non possono efficacemente contrastare la creazione di una posizione dominante collettiva, la Commissione non può limitarsi a rilevare il fatto, non contestato dalle parti, che nell’attuale contesto del mercato di cui trattasi, per far effettivamente concorrenza ai tour operator integrati, un operatore secondario deve raggiungere dimensioni minime che gli consentano di operare ad una scala sufficiente e deve perciò raggiungere un certo livello di integrazione verticale. Gli argomenti della Commissione volti a mettere in evidenza le difficoltà dei piccoli operatori a raggiungere le dimensioni minime per poter far effettivamente concorrenza ai quattro grandi operatori sono perciò inconferenti per quanto riguarda la valutazione delle possibilità che i piccoli operatori e i nuovi che entrano nel mercato hanno di aumentare la loro capacità al fine di approfittare dell’opportunità offerta dalla scarsità di prodotti che, secondo la Commissione, si verificherebbe in caso di autorizzazione dell’operazione.

Inoltre, come ha sottolineato la ricorrente, nonostante le numerose acquisizioni di piccoli operatori da parte dei grandi, verificatesi nell’ultimo decennio, i piccoli operatori continuano ad essere molto numerosi (varie centinaia) con una rigenerazione continua a causa dell’entrata nel mercato di nuovi attori e, in fin dei conti, rappresentano sempre una parte significativa del mercato.

E’ perciò alla luce di tali considerazioni che si deve stabilire se i piccoli operatori possano nel caso in esame porre in essere capacità aggiuntive sufficienti a contrastare un’eventuale limitazione della capacità immessa nel mercato dai grandi tour operator.

  1. ii) Sulla possibilità per i piccoli operatori di porre in essere capacità aggiuntive

In via preliminare va constatato che nel caso in esame i membri dell’asserito oligopolio dominante non controllano individualmente o collettivamente il mercato delle materie prime o dei servizi necessari per preparare e distribuire il prodotto di cui trattasi. A tale proposito, risulta dalla Decisione (punti 5-42) che, oltre al mercato dei pacchetti vacanza all’estero a corto raggio, la Commissione ha esaminato gli effetti della concentrazione a monte, nel mercato delle forniture di posti in aereo sui voli charter a corto raggio, e a valle, nel mercato delle agenzie di viaggio, senza tuttavia concludere che la realizzazione dell’operazione comporterebbe la creazione di una posizione dominante collettiva da parte dei tre ultimi concorrenti in tali mercati a monte ed a valle, né che l’impresa che ne risulta (Airtours/First Choice) godrebbe di una posizione dominante individuale.

Si deve in primo luogo osservare che la ricorrente ha fornito senza contestazioni da parte della Commissione svariati esempi di piccoli operatori che hanno posto in essere capacità aggiuntive in risposta a opportunità offerte da inattese evoluzioni del mercato. In tal modo, nel 1996 (a seguito delle difficoltà collegate alla crisi del 1995), i tre maggiori tour operator dell’epoca hanno ridotto o congelato la loro capacità, mentre vari piccoli operatori hanno effettuato un’espansioneconsiderevole, come la Virgin Holidays (+28%), la Kuoni Travel (+20%), la Director Holidays (+68%) o la Sun Express (+109%).

In secondo luogo la ricorrente ha rilevato senza contestazioni da parte della Commissione che i piccoli tour operator hanno la tendenza a fissare la loro capacità dopo che i grandi tour operator hanno preso le loro decisioni fondamentali in materia e che possono ancora, entro certi limiti e come tutti i tour operator, aumentare successivamente la loro capacità.

In terzo luogo risulta parimenti dal fascicolo che diversi piccoli tour operator hanno manifestato la loro intenzione di migliorare la propria quota di mercato, il che consente di desumere che essi sono, ad ogni buon conto, molto inclini a cogliere rapidamente le opportunità che deriverebbero dalle restrizioni della capacità da parte dei principali operatori, che siano estranee alla prevedibile evoluzione della domanda.

Al punto 85 della Decisione la Commissione risponde all’argomento sollevato dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, secondo il quale operatori secondari come la Cosmos e la Virgin Sun andavano considerati come possibili futuri grandi concorrenti, dato che avrebbero l’intenzione di ampliare le loro attività. La Commissione ha risposto osservando come «probabilmente nessuna delle due imprese sia in grado di contrastare gli operatori maggiori nell’immediato futuro», perché la Cosmos (Monarch), da un lato, è fortemente dipendente dai grandi operatori in quanto acquirenti di posti in aereo e non è integrata verticalmente con agenzie di viaggio, e perché, dall’altro, le attività della Virgin Sun sono attualmente molto ridotte e non dispone neppure lei di proprie agenzie di viaggio. Essa sottolinea infine che la Virgin Sun ha avuto notevoli difficoltà a concludere contratti alberghieri nei più importanti luoghi di soggiorno a corto raggio.

Orbene, tali considerazioni della Commissione non possono corroborare la sua tesi in quanto quel che importa è stabilire come i piccoli tour operator possano reagire in futuro nell’ipotesi di una riduzione al di sotto del livello di concorrenza della capacità immessa nel mercato dai tre ultimi grandi operatori. Al contrario, esse provano la chiara volontà di questi due operatori secondari di trarre profitto da tutte le opportunità offerte dal mercato.

In tal modo, da un lato, il fatto che la Cosmos (Monarch) tenda attualmente a privilegiare i grandi tour operator rispetto ai piccoli in termini di vendita di posti in aereo non può consentire alla Commissione di dimostrare che in caso di diminuzione della capacità al di sotto del livello di concorrenza tale operatore non privilegerebbe il proprio interesse a scapito di quello dei membri dell’asserito oligopolio dominante. Infine, il nuovo dirigente del tour operator Cosmos ha dichiarato di aver l’intenzione di far passare la quota di mercato di tale impresa dal 3,5 al 5% in due anni. A tale scopo la Cosmos dispone di licenze della ATOL per1,1 milioni di passeggeri (ATOL, Air Travel Organisers’ License, licenza rilasciata dalla Civil Aviation Authority).

D’altra parte, per le stesse ragioni, le difficoltà che la Virgin Sun avrebbe avuto a concludere contratti alberghieri per talune destinazioni a corto raggio sarebbero facilmente risolte se i grandi operatori diminuissero la loro richiesta di camere. Risulta da una lettera di data 16 agosto 1999 della Virgin Sun alla Commissione, allegata agli atti nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, che è facile ottenere letti in quantità e qualità sufficienti nella maggior parte delle destinazioni mediterranee salvo che in quelle più richieste, come le isole Baleari, dove i grandi tour operator concludono sempre più contratti di lunga durata con gli albergatori, rendendo difficile ai piccoli trovare i posti desiderati. Risulta tuttavia parimenti da tale lettera che tour operator come la Virgin Sun stanno attenti e cercano di cogliere tutte le opportunità che possano presentarsi su tali mercati più richiesti. Perciò, se i grandi tour operator non dovessero usare i letti pattuiti nel loro tentativo di ridurre la capacità, i piccoli tour operator sarebbero rapidamente in grado di contrattarli per ampliare la quantità di pacchetti vacanze immessi nel mercato. Si deve infine ricordare che la Virgin Sun è il tour operator che propone vacanze a corto raggio recentemente lanciato dal Virgin Travel Group, che offre dal maggio 1999 viaggi organizzati verso le destinazioni più richieste, ossia Corfù, la Costa Blanca, la Costa del Sol, Maiorca, Minorca, Ibiza, il Portogallo, Rodi, Gran Canaria, Tenerife e la Turchia, con voli in partenza dagli aeroporti di Londra Gatwick e di Manchester e che, secondo il presidente del Virgin Travel Group l’obbiettivo della Virgin Sun è di raggiungere la quota di mercato della Thomson nei prossimi dieci anni. Si deve osservare che il Virgin Travel Group dispone di licenze ATOL per 400 000 passeggeri.

Infine la British Airways Holidays (375 000 licenze ATOL nel 1999) e la Kuoni (230 000 vacanze organizzate vendute nel Regno Unito nel 1998), due concorrenti presenti nel mercato delle vacanze organizzate con destinazioni a corto raggio che dispongono di notevoli mezzi finanziari, sarebbero anch’esse suscettibili di un rapido aumento della loro capacità se i grandi tour operator tentassero di attuare una posizione dominante collettiva.

In quarto luogo si deve osservare che uno studio circa la presenza di una selezione di 59 piccoli tour operator su svariate destinazioni a corto raggio, di cui dodici tra le più richieste, servite dai grandi tour operator, trasmesso in sede di procedimento amministrativo, e non contestato dalla Commissione, dimostra che tutte queste destinazioni sono servite da almeno quattro piccoli tour operator, che le destinazioni più in voga, come Corfu, Rodi, Maiorca o la Spagna continentale sono servite da un gran numero di essi (da 20 a 30 piccoli tour operator) e che vari piccoli tour operator (come la Cosmos, la Manos o la Virgin Holidays) servono praticamente tutte le destinazioni (v. tabella 1 all’allegato 8 del ricorso, rapporto del prof. D. Neven, perito incaricato dalla ricorrente, intitolato «La concurrence sur le marché des vacances à forfait à l’étranger au Royaume-Uni, une analyse économique», luglio 1999). Tale studio mostra parimenti che i piccoli tour operatoroffrono prodotti simili (in termini di notti e servizi) e prezzi paragonabili, se non migliori, a quelli proposti dai grandi tour operator.

In quinto luogo, e contrariamente a quanto sostiene la Commissione al punto 83 della Decisione, risulta da tale studio che è pacifico per la Commissione che i piccoli tour operator riescono in genere ad ottenere condizioni analoghe a quelle dei grandi tour operator per l’alloggio nelle destinazioni a corto raggio. Tale studio esamina 20 hotel situati in destinazioni a corto raggio e in voga e confronta i prezzi ottenuti dalla Airtours con quelli ottenuti dalla Panorama e dalla Direct, due piccoli tour operator indipendenti in seguito acquisiti dalla Airtours; esso dimostra che tali prezzi sono simili e che, in certi casi, gli operatori più piccoli hanno ottenuto condizioni migliori rispetto alla Airtours quandanche quest’ultima prenotasse molte più notti rispetto a tali piccoli operatori.

Ne consegue che, nell’ipotesi considerata, i piccoli operatori tenterebbero di porre in essere capacità aggiuntive. Tuttavia l’analisi della possibilità che hanno di farlo richiede che si esamini più da vicino se essi dispongono di un soddisfacente accesso ai mercati dei posti in aereo e delle agenzie di viaggio.

iii) Sull’accesso dei piccoli tour operator ai posti in aereo

La Decisione spiega che i piccoli tour operator non dispongono di un accesso soddisfacente ai posti in aereo e che la realizzazione dell’operazione prevista aggraverebbe tale situazione (Decisione, punti 78, 79 e 83 in fine). Conseguenza delle loro ridotte dimensioni sarebbe che non possono ottenere le stesse economie di scala e di raggio d’azione dei grandi tour operator. In tal modo essi non potrebbero offrire a una compagnia di voli charter un numero di passeggeri tale da riempire completamente un aereo (con l’eccezione forse di alcune date in alta stagione), ciò che accrescerebbe i rischi per la compagnia aerea il cui volo deve operare con un carico inferiore a quello ottimale. Di conseguenza la compagnia aerea farebbe probabilmente pagare ai piccoli operatori un prezzo per posto più elevato di quello richiesto ai grandi, in considerazione di tale rischio (Decisione, punto 78). I tour operator più piccoli avrebbero fatto presente che già incontrerebbero difficoltà a reperire i posti volo alle date desiderate (soprattutto i fine settimana) e nei principali aeroporti turistici (Gatwick e Manchester). I tour operator (e le compagnie aeree) avrebbero osservato che devono offrire partenze da questi due aeroporti per poter servire le principali aree di concentrazione della clientela e fornire così un copertura a livello «nazionale» credibile. In caso contrario, avrebbero scarse probabilità di espandersi, restando confinati ad una condizione di piccoli operatori (Decisione, punto 79).

Al punto 80 della Decisione la Commissione aggiunge quanto segue: «[I] maggiori operatori deteng[o]no un considerevole potere di mercato per quanto riguarda la vendita dei posti agli operatori indipendenti. Ad esempio un tour operator ha riferito che Monarch, l’unico grande fornitore di posti al settore indipendente che rimarrebbe dopo la concentrazione, già tende a soddisfare prioritariamente lenecessità dei maggiori operatori (che nel loro insieme rappresentano più della metà delle sue vendite a terzi) prima di valutare quanto può offrire a quelli indipendenti, e si è addirittura rifiutato di discutere con l’operatore in questione il programma per l’anno successivo prima di conoscere il fabbisogno degli operatori maggiori».

Il Tribunale rileva, in primo luogo, che risulta dalla tabella 2 della Decisione (punto 159) che illustra le quote di mercato dei principali fornitori a terzi di posti in aereo (dati che comprendono tutte le vendite a terzi, comprese le vendite a o tra grandi tour operator nonché le vendite ai piccoli tour operator) che una volta realizzata l’operazione, la Airtours/First Choice sarebbe in grado di controllare meno di un quarto dell’offerta a terzi di posti in aereo e che insieme i tre grandi tour operator offrirebbero meno della metà, essendo precisato che la Thomson è presente in modo molto ridotto su tale mercato. Ne risulta che i bisogni essenziali di posti in aereo dei terzi sarebbero sempre soddisfatti da attori indipendenti dai grandi tour operator. Tale situazione offre determinate garanzie ai piccoli tour operator, poiché solo due dei tre grandi tour operator sono presenti in modo significativo su tale mercato e i terzi indipendenti rappresentano una fonte importante di posti in aereo.

Nessun elemento consente di concludere che questa situazione sarebbe sostanzialmente alterata dagli effetti della concentrazione, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la quale teme che una probabile razionalizzazione ancor più spinta dei posti in aereo da parte del nuovo ente creato dalla fusione, composto dalla ricorrente e dalla First Choice, acutizzi i problemi dei piccoli, riducendo il numero di posti disponibili. Come sostiene la ricorrente, la fusione non avrebbe conseguenze negative sulla disponibilità di posti in aereo per i terzi: se la Airtours e la First Choice occupassero più posti in aereo all’interno del gruppo risultante dalla concentrazione (il che escluderebbe i tour operator terzi, che attualmente volano con la Airtours International e la Air 2000) ci sarebbe una corrispondente liberazione di posti sulle linee aeree terze in precedenza prenotate dalla Airtours e dalla First Choice. Tale ragionamento era stato peraltro fatto dalla stessa Commissione nella sua decisione 8 marzo 1999 (caso IV/M.1341 – Westdeutsche Landesbank/Carlson/Thomas Cook) (GU C 102, pag. 9, punto 36), nella quale essa aveva asserito che «nei limiti in cui la Thomas Cook risultante dalla concentrazione potrebbe riorientare la sua strategia per sfruttare la capacità delle linee charter all’interno del gruppo (per esempio quelle disponibili sulla Caledonian) piuttosto che acquistare capacità da terzi, ciò libererebbe tale capacità presso i terzi e la renderebbe disponibile per i clienti che l’avessero fin lì acquistata dalla Flying Colours o dalla Caledonian». Orbene la Commissione non ha prodotto argomenti convincenti per dimostrare che la logica sottesa a tale ragionamento non sarebbe valida nel caso in esame.

Parimenti, per quanto riguarda le considerazioni esposte al punto 80 della Decisione, basti constatare che la ricorrente ha fatto valere senza contestazioni da parte della Commissione nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale che la Monarch ha reso testimonianza del fatto che essa non favorisce i grandi touroperator a scapito dei più piccoli e che essa ha riconosciuto, di fatto, che la fusione Thomas Cook/Carlson ha aumentato la sua dipendenza rispetto ai tour operator terzi che non dispongono di proprie linee charter, come sarebbe risultato dalla fusione Airtours/First Choice.

In secondo luogo il Tribunale rileva che, come ha fatto valere la ricorrente, la testimonianza di uno dei principali mediatori di posti in aereo, la Hunt & Palmer, la cui attività consiste nel far coincidere l’offerta e la domanda vendendo ai tour operator la capacità «residua» che i vettori aerei desiderano porre in commercio (allegato 39 del ricorso), mostra che i piccoli tour operator possono ottenere posti in aereo per una stagione (o per un periodo più corto) con una partenza nel fine settimana da quattro fonti: i vettori aerei stranieri, le compagnie aeree regolari, i vettori aerei a basso costo e le compagnie indipendenti di voli charter basate nel Regno Unito. Si deve precisare che esistono almeno 15 mediatori indipendenti nel Regno Unito e che la Commissione non ha contestato tale testimonianza.

Gli argomenti presentati dalla Commissione per escludere la validità di tali fonti di approvvigionamento non sono convincenti.

La prima fonte è quella dei vettori aerei stranieri basati presso l’aeroporto di destinazione (come la Spanair, la Air Europa o la Futura).

La Commissione ritiene che tali vettori non offrano una soluzione valida, in quanto hanno difficoltà ad ottenere slot orari sufficienti nelle ore opportune nei principali aeroporti britannici, in particolare a Gatwick. Inoltre, poiché la loro flotta non è stanziata negli aeroporti britannici, i loro aerei dovrebbero effettuare il volo di andata verso il Regno Unito al mattino e il volo di ritorno la sera, il che comporterebbe, per i clienti, voli di andata la sera tardi e voli di ritorno al mattino presto. Orbene, tali orari ridurrebbero notevolmente l’effettiva durata delle vacanze, il che non incontrerebbe il favore dei consumatori. Tuttavia tale argomento è contraddetto dalla testimonianza della Hunt & Palmer, secondo la quale si possono effettuare rotazioni in partenza da Gatwick.

Ad ogni buon conto, quel che interessa qui è di stabilire se, in tale contesto di sotto capacità di offerta di pacchetti vacanza, i piccoli tour operator possano ottenere posti in aereo aggiuntivi a condizioni ragionevoli e non di stabilire se possano disporre dei migliori aeroporti di partenza e dei migliori orari. A tale proposito si deve ricordare che la Commissione non ha ritenuto utile procedere a ulteriori suddivisioni dei mercati britannici delle vacanze organizzate con destinazioni a corto raggio e dell’offerta ai tour operator di posti su voli charter, in base al criterio, ad esempio, della regione o dell’aeroporto di partenza. Si deve al contrario osservare che la Commissione ha rilevato nella Decisione (punto 45) che vi è una relativa uniformità dei costi e dei prezzi che consente di ritenere che il grado di sovrapposizione tra i possibili mercati regionali o locali sia tale che ai fini del presente caso possano essere considerati un unico mercato nazionale sul lato della domanda (se si ragiona in termini di «catena di sostituzione»). La Commissione ègiunta a tale conclusione (punto 45) dopo aver richiamato il fatto che i consumatori preferiscono partire da un aeroporto più vicino al posto in cui vivono, dopo aver evidenziato che a causa delle tasse aeroportuali e di altri fattori connessi, i costi di utilizzo degli aeroporti regionali di piccole dimensioni sono spesso più cari rispetto a quelli dei principali aeroporti usati per le vacanze (Londra Gatwick e Manchester), e dopo aver ritenuto, tuttavia, che il supplemento da pagare (o lo sconto proposto) è in genere relativamente basso rispetto al costo totale delle vacanze, soprattutto se si considerano i costi supplementari del percorso stradale che si rende necessario per raggiungere un aeroporto più economico che si trova più lontano. Lo stesso dicasi sotto il profilo dell’offerta, nei limiti in cui la Commissione ritiene (Decisione, punto 45) che i tour operator commercializzino i loro prodotti a livello nazionale, senza che vi siano differenze di prezzo o altro, per i consumatori delle diverse regioni. Inoltre i tour operator e i vettori aerei possono generalmente trasferire con facilità gli aeromobili e i voli da un aeroporto all’altro, con l’eccezione di Gatwick, in cui la disponibilità è limitata (Decisione, punto 46).

Per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui gli aerei usati dai vettori aerei stranieri devono in genere effettuare il loro volo di andata verso il Regno Unito al mattino e il loro volo di ritorno alla sera, il che costituirebbe un handicap per il consumatore, si deve rilevare che tale argomento è errato in fatto, dal momento che la durata media del volo per una destinazione europea è di circa due ore. I vettori basati negli aeroporti di destinazione possono così effettuare varie rotazioni nello stesso giorno ed effettuare, ad esempio, al mattino un primo volo Spagna/Regno Unito ed un secondo volo Regno Unito/Spagna e, alla sera, un primo volo Spagna/Regno Unito ed un secondo volo Regno Unito/Spagna.

Si deve infine rilevare che la ricorrente ha fatto valere, in sede di procedimento amministrativo, senza contestazioni da parte della Commissione, che i vettori basati presso gli aeroporti di destinazione hanno fornito più di un milione di posti nel 1998 (l’ultimo anno per il quale vi erano dati disponibili all’epoca della Decisione) a turisti che avevano acquistato pacchetti vacanza e turisti che avevano acquistato il solo volo e che il numero dei posti offerti dai vettori basati nell’aeroporto di destinazione si è rapidamente accresciuto nel corso degli ultimi anni.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tali vettori potrebbero svolgere un ruolo importante se i piccoli tour operator, presentandosene l’occasione, tentassero di aumentare il numero di pacchetti vacanza.

La seconda fonte è quella delle compagnie aeree regolari (come la Debonair, la Flightline o la City Flyer) il cui livello di occupazione dei posti è basso nei fine settimana in mancanza di viaggiatori di affari.

La Commissione ritiene che i posti forniti dalle compagnie regolari resti un fattore marginale nel Regno Unito, dove la British Airways destina solo una bassapercentuale della sua capacità a tale tipo di voli. I motivi ne sarebbero i prezzi superiori, il fatto che le compagnie regolari non effettuano voli diretti per destinazioni turistiche, la mancanza di posti disponibili e la rigidità degli orari.

Tuttavia tali elementi non sono atti a rappresentare ostacoli significativi per i piccoli tour operator che intendono aumentare la loro capacità. Per quanto riguarda le diversità di prezzo, si deve rilevare che la quota rappresentata dai costi di trasporto aereo nei pacchetti vacanza resta marginale. Per esempio, il prezzo in agosto di un volo Liverpool-Malaga con la EasyJet era di GBP 108 e quello di un volo Stansted-Malaga con la Go era di GBP 140, mentre il prezzo dei pacchetti vacanza di 14 giorni in agosto a Marbella in Spagna era di GBP 1 598 per la Virgin Holidays, di GBP 1 698 per la Bath Travel e di GBP 1 738 per la Airtours (ricorso, allegato 8, tabella 2 e allegato 40). La quota del trasporto rappresenta quindi, in ciascuna ipotesi, meno del 10% del prezzo dei pacchetti vacanza. A tale proposito la ricorrente ha trasmesso una tabella (tabella 5 della perizia economica, allegato 8 al ricorso) in sede di procedimento amministrativo che confronta i prezzi di un volo aereo regolare ed i prezzi di un volo charter per varie destinazioni in date diverse. Tale tabella è stata predisposta partendo dai dati ottenuti presso la Panorama, un piccolo tour operator recentemente acquisito dalla Airtours. Si può ritenere che dati analoghi possano essere ottenuti presso altri piccoli tour operator. Risulta da tale perizia economica che la differenza di prezzo oscilla tra GBP 20 e 30, ciò che in definitiva ha una modestissima incidenza sul costo dei pacchetti vacanza e quindi sulla competitività dei piccoli tour operator che utilizzano voli regolari. A tale riguardo si deve osservare che la differenza di prezzo si spiega sostanzialmente con l’obbligo di pagare le tasse aeroportuali in caso di voli di linea.

Per quanto riguarda le condizioni suscettibili di venir proposte dalle compagnie aeree regolari, in particolare in termini di date e di slot orari, si deve osservare che due dei cinque esempi citati dalla ricorrente, sulla base di dati raccolti presso la Panorama per il periodo precedente la sua acquisizione, mostrano che è possibile ottenere partenze il sabato o la domenica. Parimenti, la dichiarazione della Hunt & Palmer mette in evidenza che tutto l’interesse del lavoro del mediatore di posti in aereo sta appunto nella sua capacità di trovare voli in partenza nei fine settimana. Inoltre la stessa Decisione (nota a pié di pagina n. 38) rileva che la British Airways propone determinati voli charter completi in partenza dagli aeroporti regionali britannici nei fine settimana usando aerei di cui essa in quel momento non ha bisogno per i suoi voli di linea. Per quanto poi riguarda gli aeroporti di partenza si deve rinviare a quanto precedentemente dichiarato a proposito dei vettori aerei stranieri. Per quanto infine riguarda la questione se il fatto di acquistare solo una parte dei posti di un aereo e non la loro totalità costituisca un notevole handicap, si deve rilevare che gli esempi di prezzi praticati dai mediatori comunicati dalla ricorrente dimostrano che la differenza di prezzo è minima (meno del 10%) e che il prezzo di un posto comprato acquistando solo una parte dei posti di un aereo può dimostrarsi meno caro del prezzo di un posto comprato acquistando tutti i posti di un aereo (vedi rapporto del professor Neven nell’allegato 8 del ricorso).

Per quanto riguarda il numero limitato di destinazioni servite dalle compagnie regolari si deve rilevare che al di fuori delle principali destinazioni turistiche situate in Spagna, le compagnie regolari citate dalla ricorrente servono parimenti il sud della Francia e l’Italia. Ad ogni buon conto i vettori aerei stranieri sembrano in grado di compensare, eventualmente, la mancanza di servizio sulle altre destinazioni delle compagnie regolari.

Da quanto precede si desume che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, le compagnie regolari possono venir usate dai piccoli tour operator per aumentare efficacemente la loro capacità in modo da contrastare le eventuali restrizioni imposte dai principali tour operator.

La terza fonte è quella dei vettori a basso costo (come la Ryanair o la Go), le cui capacità sono molto cresciute negli ultimi anni e che sono in grado di proporre servizi su misura. Orbene, è opportuno osservare che la ricorrente ha fornito una cartina riproducente le principali destinazioni servite da vettori a basso costo (ricorso, allegato 40), da cui risulta che le principali destinazioni sulla costa mediterranea spagnola sono servite da almeno una compagnia, o spesso da due, se non tre: Barcellona (dall’aeroporto di Luton dalla Debonair, dall’aeroporto di Liverpool dalla EasyJet, dall’aeroporto di Gatwick dalla AB Airlines); Palma (dall’aeroporto di Luton dalla EasyJet, dall’aeroporto di Stansted dalla Go); Ibiza (dall’aeroporto di Stansted dalla Go); Alicante (dall’aeroporto di Stansted dalla Go); e Malaga (dall’aeroporto di Liverpool dalla EasyJet, dall’aeroporto di Stansted dalla Go).

La quarta fonte è quella delle compagnie indipendenti di voli charter basate nel Regno Unito (come la Monarch, ma anche la European Air Charter, la British World o la Titan), che usano anch’esse piccoli aerei a basso costo di esercizio. Orbene, considerato che queste rappresentano più del 50% dell’offerta disponibile nel mercato per la fornitura a terzi di posti su voli charter (vedi tabella 2 della Decisione, punto 159), si deve concludere che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tali compagnie dispongono di capacità sufficiente a rappresentare una fonte di rifornimento credibile per i piccoli tour operator.

La Commissione non ha infine preso in considerazione il fatto che per i tour operator integrati è essenziale riempire al massimo gli aerei se vogliono assicurare la redditività della loro attività. Poiché le flotte rappresentano una quota molto rilevante dei loro costi fissi, le compagnie aeree dei grandi tour operator saranno tentate di proporre ai piccoli tour operator i posti che restano liberi nell’ipotesi fatta dala Commissione di una sensibile riduzione della capacità da parte dei grandi tour operator

Risulta da quanto precede che la Commissione ha ritenuto a torto che i piccoli tour operator non avrebbero un accesso ai posti in aereo a condizioni soddisfacenti per tentare di incrementare la loro capacità al fine di approfittare delle opportunitàcreate dalla scarsità di prodotti che si verificherebbe nel contesto anticoncorrenziale da lei ipotizzato in caso di autorizzazione dell’operazione.

  1. iv) Sull’accesso dei piccoli tour operator alla distribuzione

La Commissione richiama ai punti 81 e 82 della Decisione talune difficoltà cui i piccoli tour operator dovrebbero far fronte, come le condizioni discriminatorie che essi subiscono in seno alle agenzie dei grandi tour operator integrati per quanto riguarda l’importo della commissione, le vendite preferenziali dei prodotti di questi ultimi, la presentazione di opuscoli e le promozioni, che impedirebbe loro di effettuare una effettiva concorrenza nei confronti dei grandi tour operator.

La ricorrente critica la tesi della Commissione secondo cui l’integrazione verticale dei principali tour operator avrebbe ridotto l’accesso alla distribuzione, dato che, a suo parere, un’integrazione verticale produce un effetto inaccettabile di eliminazione solo se esiste nel mercato un potere orizzontale a livello di distribuzione, ciò che non si verificherebbe nel caso in esame.

La Commissione fa valere che i grandi tour operator controllano tutte le grandi catene nazionali di agenzie di viaggio e la maggior parte dei punti vendita. In tali agenzie gli altri operatori sarebbero sottoposti alla vendita preferenziale, vale a dire al trattamento di favore concesso ai prodotti della società madre, il che costituirebbe un ostacolo maggiore all’accesso al mercato ed alla crescita dei piccoli tour operator. Per quanto riguarda gli altri canali di distribuzione come la distribuzione tramite call center e internet, la Commissione sostiene che essi non rappresentano ancora validi sostituti alle agenzie di viaggio, come testimonierebbero gli sforzi dei principali operatori, tra cui la First Choice, per costituire o acquisire catene di agenzie di viaggio.

Si deve ricordare che qui non si tratta della questione relativa alla dimensione necessaria per contendere i primi posti ai grandi tour operator, ma di stabilire se, nel contesto anticoncorrenziale ipotizzato dalla Commissione, i piccoli tour operator che già esistono nel mercato potrebbero accedere in condizioni soddisfacenti al mercato della distribuzione e vendere ai consumatori quantità maggiori dei loro pacchetti vacanza. Orbene, da una semplice analisi della Decisione risulta che, come sostiene la ricorrente, è così.

Anzitutto si deve osservare, come ha fatto notare la Commissione al punto 32 della Decisione, che si ritiene improbabile che la concentrazione porti alla creazione o al rafforzamento di una posizione dominante nei servizi delle agenzie di viaggi nel loro complesso, a prescindere dal fatto che vengano incluse o meno le vendite dirette dei pacchetti da parte dei tour operator e/o le vendite a distanza (ad esempio per telefono), poiché la quota complessiva detenuta dalle parti nel mercato dei servizi di agenzia viaggi, calcolata sul numero di punti vendita, è bassa (circa il 15%).

Risulta poi dalla Decisione (punto 81) che quasi il 40% di tutti i pacchetti vacanza all’estero venduti tramite agenti di viaggio sono venduti tramite agenzie indipendenti. In secondo luogo la Commissione stessa riconosce (punto 31) che esistono altri metodi di distribuzione e che stanno sviluppandosi rapidamente, come la vendita diretta per telefono o via internet, che rappresentano già quasi il 20% delle vendite complessive di pacchetti vacanze, il che aumenta le possibilità dei piccoli tour operator di distribuire efficacemente i loro prodotti nel contesto di una situazione di offerta ridotta. A tale proposito è significativo che la Direct Holidays (un tour operator indipendente acquisito dalla Airtours) che vende tutte le sue vacanze con mezzi diretti, abbia conosciuto una crescita considerevole nel corso del periodo 1995-96 (periodo nel corso del quale i grandi tour operator hanno sperimentato difficoltà finanziarie) (ricorso, punto 9.18). Si deve aggiungere, a tale proposito, che la ricorrente ha evidenziato (ricorso, punto 9.19) senza essere contestata dalla Commissione, che, in sede di procedimento amministrativo, quest’ultima ha ricevuto le seguenti testimonianze di terzi relativamente alle vendite dirette come valido accesso al mercato (citate al punto 3.57 della risposta alla comunicazione degli addebiti, nell’allegato 7 del ricorso):

– la Thomas Cook ha osservato che: «[L]’attuale tendenza si allontana dalle modalità tradizionali di prenotazione delle vacanze tramite l’agente di viaggio in persona. Il rapporto British National Travel Survey mostra che le prenotazioni indirette sono aumentate dalla fine degli anni 80, passando dal 29% delle prenotazioni complessive del 1992 (…) al 34% del 1998»;

– la Thomson ha espresso il parere che «il numero di consumatori che prenotano le vacanze con modalità di acquisto dirette non tradizionali va crescendo, così come la percentuale di consumatori che considerano gli acquisti diretti come un’alternativa alla prenotazione tramite un agente di viaggi tradizionale stabilito in una via commerciale»;

– la Virgin Holidays ha affermato: «Come tour operator non abbiamo una rete distributiva. Cominciando dalle nostre proprie vendite abbiamo constatato un aumento accentuato del numero di vacanze comprate tramite call centres. Abbiamo anche constatato un aumento del numero di viaggi acquistati da agenzie di teletext».

Per quanto riguarda le difficoltà che dovrebbero affrontare i piccoli tour operator (richiamate ai punti 81 e 82 della Decisione) anche a supporre che siano dimostrate la realtà e la legittimità delle pratiche di cui trattasi, esse non limiterebbero in modo consistente la possibilità dei piccoli tour operator di approfittare delle opportunità offerte dalla situazione di sotto capacità ipotizzata dalla Commissione se si verificasse la concentrazione. Stando così le cose si può considerare che, tenuto conto delle attese dei consumatori e della necessità di massimizzare i profitti, le agenzie di viaggio non potrebbero astenersi dal proporre a condizioni ragionevoli i prodotti dei piccoli tour operator anche se le agenzie diviaggio dei tour operator integrati verticalmente proponessero anzitutto i prodotti del gruppo rispetto a quelli della concorrenza.

Nei limiti, comunque, in cui quasi il 40% dei pacchetti vacanze non è venduto nelle agenzie controllate dai grandi tour operator i piccoli tour operator dovrebbero avere accesso alla distribuzione a condizioni soddisfacenti per vendere la capacità che essi aggiungerebbero nell’ipotesi in cui i principali tour operator decidessero di limitare la capacità ad un livello inferiore a quello concorrenziale.

Ne discende che la Commissione ha ritenuto a torto che i piccoli tour operator non avrebbero accesso alla distribuzione dei loro prodotti presso i consumatori a condizioni soddisfacenti per aumentare in modo consistente la loro capacità al fine di approfittare delle opportunità offerte dalla scarsità di prodotti che si verificherebbe, a parere della Commissione, in caso di autorizzazione dell’operazione.

Da tutto quanto precede risulta che la Commissione ha sottostimato le possibilità che hanno i piccoli tour operator di aumentare la loro capacità per approfittare delle opportunità offerte da una situazione di sotto capacità complessiva causata dai grandi tour operator e, perciò, di contrastare la creazione di una posizione dominante collettiva a seguito della concentrazione notificata.

  1. b) Sulla possibile reazione dei potenziali concorrenti: gli altri tour operator

Si deve parimenti esaminare se, nell’ipotesi di una limitazione ad un livello anticoncorrenziale della capacità immessa nel mercato dai grandi tour operator, non ci sia la possibilità che i tour operator presenti negli altri paesi della Comunità o nel mercato britannico dei pacchetti vacanza all’estero a lungo raggio entrino nel mercato britannico dei pacchetti vacanza a corto raggio.

Vanno ricordati i termini usati nella relazione della MMC del 1997:

«[g]li attori compaiono e scompaiono. Non ci sono ostacoli rilevanti all’ingresso nel mercato dei tour operator o nel mercato delle agenzie di viaggio» [punto 1.6] e «(…) se il prezzo di un tipo di vacanza o delle vacanze in partenza da un aeroporto particolare o in particolari date nel corso dell’anno divenisse eccessivo, i tour operator si attiverebbero in ciascuno di tali settori e proporrebbero prezzi inferiori» (punto 4.15).

Orbene, si deve rilevare che, al punto 114 della Decisione, la Commissione ammette, da un lato, che una posizione dominante collettiva non è sostenibile a lungo termine se gli ostacoli all’ingresso nei settori di attività dei tour operator, di esercizio delle compagnie aeree di voli charter e delle agenzie di viaggi non sono significativi e, dall’altro, che il rapporto 1997 della MMC corrobora nel complesso il punto di vista della ricorrente circa la mancanza di ostacoli all’ingresso nel mercato di cui trattasi.

Al punto 115 della Decisione la Commissione rileva tuttavia che dopo la redazione del rapporto 1997 della MMC il settore si è notevolmente concentrato ed essa ritiene che ormai gli ostacoli all’ingresso in questo mercato siano notevoli (essi hanno «conseguenze più significative») e che lo sarebbero ancora di più se l’operazione ipotizzata si realizzasse. La Commissione sostiene poi:

«Per eliminare il rischio di creazione di una posizione dominante, non è chiaramente sufficiente che l’accesso al mercato sia semplicemente possibile. Tra le altre cose, esso deve essere sostenibile, il che in mercati come quello considerato, dove le dimensioni costituiscono un fattore importante, significa che il nuovo operatore deve essere in grado di avere o acquisire rapidamente dimensioni sufficienti per divenire un concorrente effettivo per i fornitori dominanti. E’ opinione della Commissione che nel caso in esame ciò sia alquanto improbabile».

E’ tuttavia opportuno ricordare che, come per i concorrenti effettivi, quel che qui importa, non è di stabilire se i concorrenti potenziali abbiano la possibilità di acquisire una dimensione sufficiente a concorrere sullo stesso piano dei grandi tour operator, ma semplicemente di stabilire se tali concorrenti abbiano la possibilità di trarre profitto dalle opportunità offerte dalla riduzione della capacità immessa nel mercato di cui trattasi dai grandi tour operator ad un livello inferiore a quello concorrenziale. In tale contesto la Commissione non può pretendere che, per il solo fatto che faticherebbero a svilupparsi oltre una certa dimensione, i tour operator che propongono altri prodotti (come i pacchetti vacanza all’estero a lungo raggio) o che operano in altri paesi (come la Germania o i Paesi Bassi) non possano concorrere efficacemente e rapidamente nel mercato britannico dei pacchetti vacanza all’estero a corto raggio nel caso in cui i grandi tour operator decidessero di ridurre la concorrenza in modo considerevole. A tale proposito si deve rilevare che altri tour operator importanti presenti in Europa, come la Neckermann e la TUI sono citati dalla ricorrente come concorrenti potenziali in grado di entrare rapidamente nel Regno Unito in caso di riduzione della capacità o di aumento dei prezzi.

Si deve peraltro osservare, a tale proposito, che la Decisione non esamina la situazione della concorrenza sotto il profilo dell’alloggio per le vacanze, mentre la fornitura della capacità di alloggio è molto importante per capire la dinamica del mercato di cui trattasi, in particolare per quanto riguarda, da un lato, la possibilità per i membri dell’asserito oligopolio dominante di agire indipendentemente dagli albergatori delle destinazioni a corto raggio e, dall’altro, e di conseguenza, la possibilità per i concorrenti effettivi e potenziali di reagire ad una eventuale diminuzione della capacità proposta dai grandi tour operator. Orbene, è poco probabile che i letti di hotel liberatisi a seguito delle restrizioni della capacità decise dai grandi tour operator non siano immediatamente prenotati da altri tour operator, la cui volontà di ottenere tali capacità di alloggio è dimostrata da vari documenti e testimonianze prodotti nell’ambito del procedimento amministrativo (v., per esempio, la lettera della Virgin Sun richiamata qui sopra al punto [224]).

Perciò ciascun grande tour operator dovrebbe tener conto dei rischi inerenti alla reazione degli albergatori ad una diminuzione sensibile delle prenotazioni di letti che non dipenda da una reale diminuzione della domanda ma da una decisione di restrizione a fini anticoncorrenziali. La disponibilità di letti a condizioni e in quantità soddisfacenti per le successive stagioni potrebbe essere compromessa per ciascun grande tour operator.

Risulta da quanto precede che, se la Commissione ha esaminato gli ostacoli a svilupparsi nel mercato oltre una certa dimensione, essa non ha tenuto conto, come doveva, del fatto che la mancanza di ostacoli all’ingresso nel mercato dovrebbe consentire ai potenziali concorrenti di accedere al mercato di cui trattasi per offrire i loro prodotti e, perciò, di intervenire efficacemente e rapidamente nel caso in cui si verificasse una situazione di sottocapacità a seguito di un allineamento delle politiche dei grandi tour operator in materia di capacità.

  1. c) Sulla possibile reazione dei consumatori

La prova che l’oligopolio che risulta dall’operazione avrebbe la possibilità di agire a prescindere dai consumatori esige che si determini quale sarebbe la reazione dei consumatori britannici e che si stabilisca se essi siano pronti a cercare altre alternative qualora i prezzi dei pacchetti vacanza a corto raggio dovessero aumentare sensibilmente o se vi fosse una scarsità di pacchetti vacanza con tali destinazioni.

Al punto 124 della Decisione la Commissione osserva che i consumatori non hanno nessun potere d’acquisto, e che, sommando ciò con altri fattori del mercato, essi hanno difficoltà a confrontare prodotti concorrenti sulla base della limitata informazione disponibile nei depliant dei tour operator, il che riduce la possibilità dei consumatori di correggere qualsivoglia aspetto anticoncorrenziale dell’offerta.

A parere della ricorrente vari studi di mercato mostrano che la maggior parte dei vacanzieri si reca in più di un’agenzia di viaggi prima scegliere la vacanza e che, per l’85% di essi, il prezzo è il fattore più importante al momento di prendere la decisione di acquistare. I consumatori individuali sarebbero perciò in grado di «votare con i piedi» e di cercare vacanze meno care incentivando in tal modo il tour operator a fissare prezzi in modo concorrenziale.

A parere della Commissione è falso sostenere che, nel mercato dei beni di consumo come quello dei pacchetti vacanza, i consumatori dispongano di un qualche significativo potere di acquisto compensativo.

Si deve tuttavia evidenziare che il fatto che i consumatori non rappresentino un potere di acquisto significativo a causa della loro dispersione non va confuso con la questione se possano reagire all’aumento dei prezzi che deriverebbe dalla limitazione della capacità immessa nel mercato dai grandi tour operator ad un livello anticoncorrenziale. Orbene, come sostiene la ricorrente, è pacifico che iconsumatori facciano dei confronti prima di acquistare le vacanze. La Commissione stessa d’altronde riconosce al punto 98 della Decisione che «i consumatori sono sensibili a variazioni di prezzo anche relativamente contenute tra vacanze dello stesso tipo».

In tale contesto la Commissione pare aver sotto stimato il ruolo che potrebbero svolgere i consumatori britannici, potendo questi ultimi cercare di spuntare prezzi migliori presso i piccoli tour operator.

Si deve inoltre rilevare che, nell’ambito del primo motivo, è stato rilevato che, se la Commissione si è decisa per una definizione stretta del mercato dei prodotti di cui trattasi nei limiti del suo potere discrezionale, essa non ha con ciò messo in dubbio il fatto che i pacchetti vacanza all’estero a lungo raggio incontrino sempre più il favore dei consumatori, né che gli studi di mercato fatti valere dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti (allegato 7 al ricorso: rapporto British National Travel Survey e Mintel Holidays: the booking procedure, 1997) evidenzino la tendenza dei britannici ad ampliare l’ambito geografico delle loro destinazioni turistiche, in particolare verso l’altra sponda atlantica. Tale circostanza corrobora la tesi della ricorrente secondo la quale è possibile che la domanda si rivolga in parte verso altri tipi di vacanza se i prezzi si avvicinano sufficientemente, nei limiti in cui gli studi di cui trattasi dimostrano chiaramente una tendenza all’evoluzione dei gusti dei consumatori, che non paiono affatto rinchiusi nell’idea di aver come uniche destinazioni le sole sponde mediterranee.

  1. d) Conclusione

Alla luce delle considerazioni che precedono si deve concludere che la Commissione non ha valutato correttamente la prevedibile reazione dei piccoli tour operator, dei concorrenti potenziali, dei consumatori e degli albergatori, e che essa ha sottovalutato tali reazioni come contrappeso atto a contrastare la creazione di una posizione dominante collettiva.

  1. Sulla valutazione dell’incidenza dell’operazione sulla concorrenza

La Commissione espone le sue valutazioni sull’incidenza dell’operazione notificata ai punti 139-147 della Decisione.

In primo luogo (punto 139) essa fa valere che il risultato dell’operazione sarebbe una concentrazione accresciuta nei limiti in cui la quota di mercato cumulata dei tre tour operator principali aumenterebbe sostanzialmente: l’83% secondo i calcoli della Commissione (l’85% secondo la Nielsen), a fronte dell’attuale 70% circa (per la Airtours, la Thomson e la Thomas Cook). Inoltre il quarto (la Cosmos) avrebbe meno del 5% mentre l’operatore che occupa oggi tale posto (la First Choice) ha l’11%. Tuttavia, dai punti 139-147 della Decisione risulta che la Commissione non ha considerato sufficiente a provare l’esistenza di una posizione dominantecollettiva il fatto che l’aggiunta di quote di mercato raggiunga una percentuale elevata (oltre l’80%).

In tal modo, in secondo luogo, la Commissione ha fatto valere (ai punti 140 e 141 della Decisione) che la concentrazione comporterebbe la scomparsa della First Choice come fornitore/distributore per le operazione secondarie, il che marginalizzerebbe ancor più i piccoli tour operator indipendenti e non integrati. Si deve tuttavia precisare che, per quanto riguarda l’esame della probabilità che si crei una posizione dominante collettiva, la valutazione del prevedibile impatto dell’operazione sugli altri concorrenti nel mercato equivale a stabilire se questi ultimi sarebbero o meno in grado di contrastare la stabilità dell’asserito oligopolio dominante. Orbene, si è giudicato che la Commissione non ha dimostrato che essi non potrebbero farlo.

In terzo luogo la Commissione sostiene (Decisione, punti 142-147) che l’operazione comporterebbe l’accrescimento della trasparenza del mercato e del livello di interdipendenza tra grandi tour operator. Al punto 143 della Decisione essa ritiene che il fatto che la concentrazione dimezzi il numero delle possibili relazioni concorrenziali tra grandi tour operator, facendole passare da sei a tre, rinforzerebbe notevolmente l’interdipendenza dei membri dell’oligopolio, ciò che li incentiverebbe a ridurre ancor più la capacità, perché per loro sarebbe ancora più evidente che competere per le quote di mercato determinerebbe solo una riduzione dei profitti a discapito di tutti. La marginalizzazione accresciuta dei tour operator secondari rinforzerebbe la probabilità di un tale scenario. Al punto 144 essa fa notare che tale diminuzione del numero di relazioni bilaterali concorrenziali e di cooperazione accrescerebbe la trasparenza del mercato, perché risulterebbe infatti molto più facile per uno dei grandi operatori individuare qualsivoglia tentativo volto a perturbare il mercato, ad esempio attraverso una lotta per le quote di mercato. L’accresciuta trasparenza, pertanto, aumenterebbe il rischio che da iniziative commerciali offensive derivi la formazione nel mercato di un eccesso di offerta che abbasserebbe i profitti e sarebbe quindi controproducente.

Di conseguenza, la Commissione è giunta alla conclusione (Decisione, punto 147) che la struttura del mercato risultante dall’operazione incentiverebbe logicamente gli oligopolisti a ridurre l’offerta.

Tuttavia è opportuno ricordare, per quanto riguarda il livello prevedibile di trasparenza del mercato dopo l’operazione che si è dichiarato che la Commissione ha ritenuto a torto che il grado di trasparenza esistente nel mercato fosse sufficiente a consentire a ciascun grande tour operator di conoscere i comportamenti degli altri, di scoprire gli eventuali scostamenti dalla linea d’azione comune o di interpretare le reazioni di ritorsione come tali. Orbene la Commissione non è riuscita a dimostrare che il passaggio da quattro grandi tour operator a tre comporterebbe una situazione diversa. Infatti se è certo che si verificherebbe un sicuro aumento della trasparenza del mercato a seguito della diminuzione da sei a tre del numero di relazioni concorrenziali bilaterali tra granditour operator, ciò non toglie che rimarrebbero immutate le difficoltà per ciascuno dei tre grandi tour operator restanti di prevedere in tempo utile le intenzioni rispettive di ognuno degli altri due e di interpretare i loro comportamenti devianti come tali.

Per quanto riguarda la valutazione secondo cui l’operazione rinforzerebbe notevolmente l’interdipendenza dei grandi tour operator, si deve constatare che la Commissione ha dato prova di incoerenza facendo valere, al contempo, da un lato, che in tale mercato è necessario integrarsi verticalmente per essere realmente competitivi e, dall’altro, che il fatto che ogni tour operator integrato venda agli altri posti su voli charter nel mercato a monte e venda pacchetti vacanza degli altri nel mercato a valle ha effetti anticoncorrenziali in quanto rinforza la loro interdipendenza. Orbene, in mancanza di prova contraria, si deve presumere, nella logica di funzionamento di tale mercato, che l’integrazione verticale rinforzi l’indipendenza di ciascun grande tour operator rispetto all’altro e diminuisca perciò la loro interdipendenza.

Del pari la Commissione non ha spiegato i motivi per i quali quelli che essa considera legami commerciali (acquistare posti in aereo presso gli altri e vendere i propri prodotti anche nelle agenzie degli altri) debbano interpretarsi solo in termini di legami economici forti che uniscono i grandi operatori (Decisione, punto 142) e non possono essere spiegati semplicemente con il fatto che è proficuo mantenere tali legami in un contesto concorrenziale, considerato il fatto che i grandi tour operator costituiscono gruppi economici ben radicati in vari mercati di tale settore, nella totalità dei quali essi hanno interesse a produrre redditi ed a trarre il massimo profitto.

Infatti la Decisione non è esplicita quanto ai legami economici forti che uniscono i grandi tour operator ed al modo in cui essi rinforzano l’interdipendenza dei tour operator integrati. Al punto 57 della Decisione la Commissione afferma che «il livello e la natura dell’integrazione verticale dei principali fornitori, gli ampi collegamenti commerciali e di altro genere che sussistono tra loro» compaiono tra le caratteristiche distintive, per quanto riguarda le condizioni della concorrenza, del mercato dei prodotti di cui trattasi. In seguito, al punto 71, la Decisione precisa un po’ più la natura dei legami di cui trattasi; essa sottolinea l’esistenza di un certo numero di legami commerciali tra le società integrate, dovuti in parte alla loro integrazione verticale, a valle, per l’utilizzo delle loro rispettive catene di agenzie viaggi, e , a monte, per il fatto che le società integrate condividono entro certi limiti la capacità per quanto riguarda i posti in aereo, sia attraverso acquisti diretti tra loro sia a mezzo scambi e accordi di gruppo che consentono loro di massimizzare l’utilizzo delle rispettive flotte. In seguito, ai punti 102-113, la Commissione espone una serie di considerazioni sotto il titolo «Trasparenza, interdipendenza e legami commerciali». Tali punti sono dedicati all’illustrazione del livello di trasparenza esistente nel mercato, a parere della Commissione, la quale, a tale proposito, afferma che l’integrazione verticale ed i legami commerciali che i principali fornitori mantengono tra loro li aiutano ad ottenere stime precise ed aggiornatedella loro quota di mercato e di quelle dei loro concorrenti. Tuttavia tali punti non illustrano i motivi per i quali i tour operator integrati sono indipendenti e quale sia l’incidenza dei legami commerciali risultanti dall’integrazione verticale e dalla modalità di funzionamento del mercato a tale proposito, a prescindere dal rafforzamento della trasparenza.

In seguito, al punto 142, nella valutazione dell’impatto dell’operazione, la Commissione afferma che esiste già oggi un certo grado di reciproca dipendenza tra i tour operator, legato all’incidenza sulle condizioni del mercato della quantità complessiva di capacità messa in commercio nel corso di una stagione. La Commissione aggiunge che «[i]n tal modo, si creano forti legami economici tra i principali operatori». Tuttavia il tipo di legami economici considerato in tale passaggio non è esplicitato e la Commissione non precisa quali siano i forti legami economici. Ad ogni buon conto essa non pare fare riferimento in questo passaggio ai legami commerciali che risultano dall’integrazione verticale (ossia dal fatto di acquistare posti in aereo degli altri e di vendere le vacanze degli altri).

Risulta da quanto precede che la Commissione non ha esaminato, nella situazione precedente la concentrazione, in che misura i legami commerciali risultanti dall’integrazione verticale e dal modo di funzionamento del mercato rinforzino l’interdipendenza dei tour operator integrati, salvo per segnalare che essi aumentano il livello di trasparenza esistente in tale mercato.

Orbene, in mancanza di un’analisi della Commissione che dimostri il contrario, si deve ritenere che, nelle condizioni del mercato di cui trattasi prima della concentrazione, il fatto che ogni tour operator integrato acquisti posti in aereo e venda i suoi prodotti nelle società di un concorrente non costituisce un indizio di interdipendenza più di quanto costituisca un indizio di indipendenza. Tale circostanza pare semplicemente far parte del normale funzionamento dell’economia, dove vengono prima di tutto gli affari e nella quale i tour operator integrati devono cercare di trarre il massimo profitto dalle capacità e dalle opportunità commerciali, in un settore che ha costi fissi molto elevati e margini di beneficio ridotti. Come fa notare la Commissione i tour operator integrati sono presenti in tre mercati e, perciò, in tre settori commerciali diversi: quello dei voli charter a corto raggio, quello dell’organizzazione di pacchetti vacanza con destinazioni a corto raggio e quello della vendita di viaggi nelle agenzie di viaggi. In effetti la First Choice esercita anche un quarto commercio, quello di mediatore di posti in aereo (v. punto 1 della Decisione). La logica economica del gruppo di imprese vuole che ciascuna impresa che forma il tour operator integrato cerchi di essere quanto più possibile efficiente.

Si deve rilevare a tale proposito che nella sua valutazione dell’impatto dell’operazione la Commissione non pare aver considerato quale sia l’incidenza della logica economica, ossia massimizzare gli introiti massimizzando complessivamente i profitti, a livello dell’insieme del gruppo. La Decisione tuttavia riconosce (punto 59) che i margini dei tour operator sono piuttosto bassi,nell’ordine del 7% in questi ultimi anni e che, in compenso, i tour operator integrati verticalmente percepiranno anche, di norma, introiti dalle attività delle loro compagnie aeree e delle loro agenzie di viaggi, settori nei quali, in particolare per quanto riguarda le compagnie aeree, i margini possono essere molto elevati. Essa riconosce parimenti che per questo motivo «i margini lordi del totale delle attività degli operatori integrati possono essere maggiori di quelli ottenuti dalle sole attività di tour operator».

Orbene, la logica economica che di norma privilegia l’ottenimento delle più grandi sinergie possibili, i tassi di rendimento dei vari settori commerciali del gruppo (charter, organizzazione di pacchetti vacanze e agenzie di viaggi) saranno tanto più elevati quanto più saranno pienamente ottimizzati i vantaggi di un’integrazione verticale.

Infine, anche se le sinergie che ci si attendono dalla concentrazione non superassero l’1% del totale dei costi dell’impresa risultante dalla fusione (Decisione, punto 146) non vi è nessun indizio che la Airtour abbia deciso di pagare il prezzo (di norma più caro in un’OPA ostile) delle azioni della First Choice contando di mettere a profitto tale gravoso investimento grazie ai benefici di una situazione di durevole posizione dominante collettiva.

Alla luce delle considerazioni che precedono e in mancanza di una valutazione più precisa circa la portata del rafforzamento della trasparenza nel mercato e dell’interdipendenza dei grandi tour operator che l’operazione dovrebbe determinare, si deve concludere che la Commissione non è riuscita a dimostrare che l’operazione avrebbe come conseguenza la modifica della struttura del mercato di cui trattasi in modo tale che i principali operatori non agirebbero più come in passato e che si creerebbe una situazione di posizione dominante collettiva.

  1. D) Conclusione generale

Alla luce di quanto precede si deve concludere che la Decisione, lungi dall’aver basato la sua analisi prospettica su elementi di prova solidi, è viziata da un insieme di errori di valutazione che riguardano elementi importanti per la valutazione dell’eventuale creazione di una posizione dominante collettiva. Ne consegue che la Commissione ha vietato l’operazione senza dimostrare che l’operazione di concentrazione genererebbe una posizione dominante collettiva dei tre grandi tour operator atta a costituire un ostacolo significativo ad un’effettiva concorrenza nel mercato di cui trattasi.

Stando così le cose, il terzo motivo dev’essere dichiarato fondato e, perciò, la Decisione dev’essere annullata, senza che sia necessario esaminare le altre censure e gli altri motivi fatti valere dalla ricorrente.

Sulle spese

A termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che la convenuta è rimasta soccombente e che la ricorrente ne ha chiesto la condanna alle spese, la convenuta dev’essere condannata a sopportare le proprie spese oltre a quelle della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

dichiara e statuisce:

1) La decisione della Commissione 22 settembre 1999, C(1999)3022 def., che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l’accordo SEE (procedimento IV/M.1524 – Airtours/First Choice), è annullata.

2) La Commissione sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dalla ricorrente.

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 giugno 2002.

Il cancelliere

Il presidente

  1. Jung
  2. Lindh

 

 

* Il testo della decisione è stato reso disponibile dallo stesso Tribunale di Primo Grado, dal sito ufficiale http://europa.eu.int/cj/it/